COMUNISMO O BERLUSCONISMO? - IL COMITANTO CENTRALE DEL PARTITO COMUNISTA APRE LE PORTE A LING WENGEN, L’UOMO PIÙ RICCO DELLA CINA (PATRIMONIO DI 9,3 MLD $) - È LA PRIMA VOLTA CHE UN IMPRENDITORE PRIVATO È ACCOLTO DALL’ÉLITE POLITICA - NEL RESTO DEL PAESE, LE DISUGUAGLIANZE SOCIALI AUMENTANO E SCOPPIANO RIVOLTE DEI CONTADINI SGOMBERATI DAI SIGNORI DEL CEMENTO - SUI MEDIA MONTA L’OSTILITÀ PER I RICCONI DI ‘SECONDA GENERAZIONE’ CHE VIVONO DI RENDITA E FANNO DISASTRI…

Ilaria Maria Sala per "la Stampa"

Mentre i senza terra continuano le rivolte a Lufen, nel Guangdong, in una delle migliaia di periodiche violente crisi che vedono contadini in assetto di guerra ribellarsi agli sgomberi voluti da promotori immobiliari che intendono edificare sulle loro terre, i nuovi ricchi cinesi danno la scalata anche al potere politico, monopolizzato dal Partito comunista.

Ieri, la stampa cinese dava notizia della possibilità che Liang Wengen, 57 anni, l'uomo più ricco della Cina (con una fortuna stimata a 9,3 miliardi di dollari), sia accolto fra i trecento membri del Comitato Permanente del Partito Comunista Cinese nel corso del Congresso che si terrà il prossimo anno.

Se questo avvenisse, come lascia pensare l'annuncio di ieri secondo cui la procedura per il suo ingresso nella «stanza dei bottoni» è già ben avviata, sarebbe la prima volta che un imprenditore privato è accolto nei ranghi dell'élite di Partito più esclusiva. Liang deve la sua fortuna alla sua azienda Sany, che produce macchinari per la costruzione immobiliare, uno dei settori che hanno maggiormente beneficiato del boom economico cinese degli ultimi anni.

Ma la Cina odierna è una società divisa, come mostrano le rivolte di Lufen, e il risentimento nei confronti dei nuovi ricchi non è un mistero per nessuno; in particolare non lo è per chi frequenta le chat room o i servizi di microblogging tipo Twitter cinesi. In questi giorni, una delle vicende che maggiormente infiammano i media cinesi riguarda il caso dei «Quattro playboy della capitale»: ricchissimi, dai 29 ai 36 anni, figli di imprenditori e imprenditrici e che dalla nascita a oggi hanno conosciuto solo un tenore di vita da nababbi, che si trovano ora a capo di importanti aziende create dai genitori, ma che si sono resi noti in particolare per le loro numerose fidanzate nel mondo della moda e dello spettacolo.

I quattro - Wang Yu, Wang Xiaofei, Wang Shuo e Wang Ke (hanno tutti lo stesso cognome pur non essendo parenti) - appartengono a quella «seconda generazione» di danarosi, detestata dall'opinione pubblica cinese ancor più che non la prima: se i loro genitori si sono arricchiti se non altro facendo qualcosa (pur prendendosi molte libertà con la legge) i loro rampolli sono semplicemente stati depositati nei privilegi dalla cicogna, e il loro stile di vita non ha fatto nulla per far perdonare loro questi natali fortunati.

I peggiori dei quattro, al momento, sono considerati Wang Ke (nella finanza) e Wang Shuo (nell'immobiliare). Lo scorso dicembre i due erano impegnati in un duello automobilistico per le vie di uno dei quartieri ricchi di Pechino, intorno a Wangfujin, dove giocavano a rincorrersi con le loro macchine di lusso senza troppo badare alla possibilità di investire dei passanti. Quando entrambi hanno sbandato, Wang Shuo ha fatto retromarcia andandosi a scontrare contro l'auto di Wang Ke, che si è incendiata.

Wang Shuo a questo punto avrebbe minacciato Wang Ke con una pistola, e avrebbe poi incaricato il servizio di sicurezza della sua azienda di andare a distruggere le immagini registrate dalle videocamere per la strada (onnipresenti nelle città cinesi). A rendere più piccante l'intero episodio è stato che l'Audi di Wang Ke aveva una targa militare, mentre l'auto di Wang Shuo ne aveva una governativa - entrambe targhe privilegiate, non accessibili alle masse.

Ma questa volta, nonostante il sangue blu dei rampolli coinvolti, è stato aperto un caso giudiziario. Una perquisizione a casa di Wang Shuo ha fatto rinvenire pistole e proiettili, e il dorato «gentiluomo» adesso dovrà comparire davanti al tribunale. Prima d'ora, Wang Shuo era arrivato sulle pagine dei giornali per un breve fidanzamento con l'attrice Zhou Xun, per la quale aveva speso una fortuna in fuochi d'artificio al di lei compleanno (anche se i fuochi d'artificio privati sono illegali in Cina).

Wang Yu, figlio dell'ex sindaco di Shanghai, e Wang Xiaofei, figlio dell'imprenditrice Zhang Lan, creatrice di catene di ristoranti di prestigio, a parte i loro amori pubblici e glamour sono meno scandalosi, ma il Web non li esonera: in uno dei Paesi a maggior inegualità al mondo, essere ricchi come lo sono loro, e per merito dei genitori e delle loro connessioni importanti, è visto con ovvio rancore.

Così, quando Wang Xiaofei è rimasto implicato nello scandalo dell'olio di scolo (olio tossico recuperato dalle immondizie, purificato e rivenduto ai ristoranti), il Web non ha esitato ad attaccarlo: dapprima, si è difeso negando, poi dicendo che l'olio di scolo riciclato era utilizzato solo per i pasti dei dipendenti, e non quelli dei clienti. E non sorprenderà che gli agguerriti netizen cinesi non l'hanno ancora perdonato, malgrado il suo favoloso matrimonio con Barbie Hsu, un'incantevole attrice taiwanese.

 

LIANG WENGEN FONDATORE DI SANY GROUPLIANG WENGEN WEN JIABAO MERKEL E RUETTGERSWang Ke, Wang Xiaofei, Wang Yu e Wang ShuoWEN JiabaoHu Jintao

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