LETTA CONTINUA? - IL PREMIER ESCLUDE APPOGGI ESTERNI E ACCORDI AL RIBASSO: IL BIS SOLO CON UNA SPACCATURA NEL PDL

Goffredo De Marchis per "La Repubblica"

Il Letta bis, per lo stesso premier, è un'ipotesi lontana e condizionata da molti paletti. Lo si capisce dalle parole pronunciate alla Camera per riferire degli esiti del G20: «Il riconoscimento positivo possiamo gettarlo via in un attimo: se buttiamo la fiducia e la stabilità che abbiamo raggiunto, torniamo in grandissima difficoltà». Letta parla dei costi di una crisi.

«Pesanti per lo Stato e per i cittadini. L'instabilità ci potrebbe sottrarre un miliardo, un miliardo e mezzo» solo per l'aumento dei tassi di interesse sul debito. Ma nei colloqui privati, il premier affronta anche le strade alternative, nel caso di uno strappo di Berlusconi. «Non accetterò accordi al ribasso o peggio ancora accordicchi. A me interessa la stabilità del Paese, non quella della mia poltrona».

Il premier sta esaminando gli scenari possibili. «Sarebbe inaccettabile una crisi pilotata con i ministri del Pdl che escono e poi rientrano. Nessuno la capirebbe e il governo ne uscirebbe più debole. Non è questa la via». Tantomeno un Letta bis non potrebbe nascere sulla base di un nuovo "contratto" con il Pdl che preveda l'appoggio esterno: niente ministri nella squadra ma un sostegno alla maggioranza
delle larghe intese. «Non avrebbe alcun senso e soprattutto alcun futuro. Non riusciremmo a combinare nulla. L'Italia ha bisogno di riforme ed è già molto difficile governare così. Figuriamoci con l'appoggio esterno».

L'idea che alcuni transfughi del Pdl e un pugno di grillini siano in grado di dare vita a un esecutivo ancora più provvisorio di quello attuale viene scartata dal premier. E dal Pd. Letta e il suo partito, in questo caso, parlano la stessa lingua. «Un altro governo potrebbe vedere la luce solo in presenza di un fatto politico - è il ragionamento comune -. Cioè se nel Pdl si crea uno smottamento, una spaccatura concreta e nasce una cosa diversa dalla creatura berlusconiana che è oggi.

Se l'operazione è fatta in grande con l'obiettivo di far nascere la costola del Ppe in Italia, allora...». Ma è uno scenario realistico? È immaginabile che in pochi giorni possano saldarsi Scelta civica, l'Udc di Casini e la scissione pidiellina in un fantomatico centro? I dubbi superano di gran lunga le certezze. Berlusconi resta il capo indiscusso del centrodestra, difficile pensare che si possa avviare una diversa stagione politica in quel campo senza di lui o sulla sua pelle di condannato.

Ecco perché il discorso di ieri alla Camera illumina la vera strada maestra perseguita da Letta e da Giorgio Napolitano, con il sostegno di Gugliemo Epifani: continuare la legislatura con il governo in carica, senza toccare alcuna casella. Salvare le larghe intese così come sono: l'unico modo per raggiungere i traguardi che Letta ha in mente. Ieri ne ha indicato uno fondamentale, ridurre il cuneo fiscale: «Con il piano d'azione l'Italia ha assunto impegni netti per tagliare il costo del lavoro. È il cuore della politica di crescita».

Ma la partita si gioca sul corto respiro, sul giorno per giorno, sugli umori del Cavaliere per la sua sorte nella giunta del Senato. Lo scontro "tecnico" del voto per la decadenza e del suoi tempi ha di nuovo allargato il solco tra i due principali alleati di governo. Ieri Luigi Zanda, con un certo allarme, ha fatto sapere a Largo del Nazareno e Palazzo Chigi che il Pd non può più accettare la tattica dilatoria del Pdl. Anche se fosse di uno o due giorni.

«Basta vedere la reazione della nostra gente - ha spiegato il capogruppo al Senato - dopo l'accelerazione di lunedì notte e quella successiva alla tregua e al rinvio che pure rientra nella normalità. È andata molto meglio lunedì. Non accettano l'idea che noi si faccia da sponda alle paturnie di Berlusconi. È vero che non dobbiamo forzare e non possiamo offrire pretesti. Ma è inaccettabile tirarla per le lunghe».

Letta da giorni è convinto che dilazionare il voto della giunta sia un falso problema: «Prima o poi la resa dei conti arriva». Nessun patema dunque a Palazzo Chigi per la scelta di domani sulla data del voto nella commissione. Non si andrà oltre lunedì o martedì e al premier va bene così. Anche se nel giro stretto dei collaboratori di Letta sanno che è cominciato il count down, che il voto, a meno di dimissioni di Berlusconi, sarà lo spartiacque della legislatura. Perché quel giorno Pd e Pdl, i due pilastri della maggioranza, voteranno in maniera opposta. E lo faranno sul destino del protagonista della Seconda repubblica.

 

Letta e Berlusconi ENRICO LETTA E SILVIO BERLUSCONIGRILLO ASSEMBLEA A MONTECITORIO Napolitano Maurizio Lupi ed Enrico Letta zanda e finocchiarosaccomanni, alfano e letta

Ultimi Dagoreport

giovambattista giovanbattista fazzolari vitti

FLASH – ROMA VINCE SEMPRE: IL SOTTOSEGRETARIO FAZZOLARI, DA SEMPRE RISERVATISSIMO E RESTÌO A FREQUENTARE I SALOTTI, ORA VIENE PIZZICATO DA DAGOSPIA NEL “SALOTTO” DI PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA, SPAPARANZATO AI TAVOLI DI “VITTI”, DOVE POLITICI, GIORNALISTI E POTENTONI AMANO ATTOVAGLIARSI (DENIS VERDINI FACEVA LE RIUNIONI LI' E CLAUDIO LOTITO AMA GOZZOVIGLIARE DA QUELLE PARTI, SPILUCCANDO NEI PIATTI ALTRUI) – ANCHE “FAZZO” È ENTRATO NELLA ROMANELLA POLITICA DE “FAMOSE DU’ SPAGHI”: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO CHIACCHIERA CON UN CANUTO SIGNORE DI CUI VORREMMO TANTO CONOSCERE L’IDENTITÀ. I DAGO-LETTORI POSSONO SBIZZARIRSI: HANNO QUALCHE SUGGERIMENTO PER NOI?

giampaolo rossi rai report sigfrido ranucci giovanbattista fazzolari francesco lollobrigida filini

DAGOREPORT – RAI DELLE MIE BRAME: CHIAMATO A RAPPORTO L'AD GIAMPAOLO ROSSI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DOVE SI E' TROVATO DAVANTI, COL DITO ACCUSATORIO, I PLENIPOTENZIARI RAI DEI TRE PARTITI DI MAGGIORANZA: GASPARRI (FI), MORELLI (LEGA) E FILINI (FDI) CHE, IN CORO, GLI HANNO COMANDATO DI TELE-RAFFORZARE LA LINEA DEL GOVERNO - IL PIÙ DURO È STATO IL SOTTOPANZA DI FAZZOLARI. FILINI SPRIZZAVA FIELE PER L’INCHIESTA DI “REPORT” SUI FINANZIAMENTI DI LOLLOBRIGIDA ALLA SAGRA DEL FUNGO PORCINO - ROSSI, DELLE LORO LAMENTELE, SE NE FOTTE: QUANDO VUOLE, IL FILOSOFO CHE SPIEGAVA TOLKIEN A GIORGIA NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO, PRENDE IL TELEFONINO E PARLA DIRETTAMENTE CON LA PREMIER MELONI... - VIDEO

giorgia meloni daria perrotta giancarlo giorgetti

FLASH – GIORGIA MELONI HA DETTO A BRUTTO MUSO AL RAGIONERE GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA: “QUESTO È UN ESECUTIVO POLITICO E NON TECNICO”. IL CENTRODESTRA HA GIÀ SILURATO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, HA LIQUIDATO L’EX RAGIONIERE BIAGIO MAZZOTTA E HA ACCOMPAGNATO ALL’USCITA IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE, MARCELLO SALA. ORA SE LA PRENDE ANCHE CON LA FEDELISSIMA DI GIANCARLO GIORGETTI, CHE NON È CERTO UNA PERICOLOSA COMUNISTA, NÉ UNA OSTILE “MANDARINA” IN QUOTA “DEEP STATE”. A DESTRA COSA PRETENDONO DA MEF E RAGIONERIA? CHE SIANO USI A OBBEDIR TACENDO? DAVANTI AI TRISTI NUMERI, NON CI SONO IDEOLOGIE O OPINIONI…

donald trump volodymyr zelensky donald trump nobel pace

DAGOREPORT – DONALD TRUMP È OSSESSIONATO DAL NOBEL PER LA PACE: LE BOMBE DI NETANYAHU SU GAZA E I MISSILI DI PUTIN SULL’UCRAINA SONO GLI UNICI OSTACOLI CHE HA DI FRONTE – CON “BIBI” È STATO CHIARO: LA PAZIENZA STA FINENDO, LA TREGUA NON SI PUÒ ROMPERE E NON CI SONO PIANI B, COME HA RICORDATO AL PREMIER ISRAELIANO MARCO RUBIO (IN GRANDE ASCESA ALLA CASA BIANCA A DANNO DI VANCE) – DOMANI L’ACCORDO CON XI JINPING SU DAZI, TIKTOK, SOIA E NVIDIA (E STI CAZZI DI TAIWAN). IL PRESIDENTE CINESE SI CONVINCERÀ ANCHE A FARE PRESSIONE SUL SUO BURATTINO PUTIN? SE NON LO FARÀ LUI, CI PENSERÀ L’ECONOMIA RUSSA AL COLLASSO…

sangiuliano gasdia venezi giuli

SULLA SPOLITICA CULTURALE DELLA “DESTRA MALDESTRA” – ALBERTO MATTIOLI: “CI RENDEMMO SUBITO CONTO CHE DA SANGIULIANO C’ERA NULLA DA ASPETTARSI, A PARTE QUALCHE RISATA: E COSÌ È STATO. GIULI AVEVA COMINCIATO BENE, MOSTRANDO UNA CERTA APERTURA E RIVENDICANDO UN PO’ DI AUTONOMIA, MA MI SEMBRA SIA STATO RAPIDAMENTE RICHIAMATO ALL’ORDINE - CHE LA DESTRA ABBIA PIÙ POLTRONE DA DISTRIBUIRE CHE SEDERI PRESENTABILI DA METTERCI SOPRA, È PERÒ UN FATTO, E PER LA VERITÀ NON LIMITATO AL MONDO CULTURALE - IL PROBLEMA NON È TANTO DI DESTRA O SINISTRA, MA DI COMPETENZA. CHE BEATRICE VENEZI NON ABBIA IL CURRICULUM PER POTER FARE IL DIRETTORE MUSICALE DELLA FENICE È PALESE A CHIUNQUE SIA ENTRATO IN QUALSIASI TEATRO D’OPERA - (PERCHE' SULL’ARENA DI VERONA SOVRINTENDE - BENISSIMO - CECILIA GASDIA, DONNA E DI DESTRA, SENZA CHE NESSUNO FACCIA UN PLISSÉ?)’’

alessandro giuli pietrangelo buttafuoco arianna giorgia meloni beatrice venezi nicola colabianchi nazzareno carusi tiziana rocca giulio base

''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO PER LE NOMINE CULTURALI’’ - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: “SONO TRA LE ANIME BELLE CHE QUANDO GIORGIA MELONI HA VINTO LE ELEZIONI HA SPERATO CHE, AL POSTO DEL PLURIDECENNALE AMICHETTISMO ROMANO DI SINISTRA SI AVVIASSE UN METODO, DICIAMO SUPER-PARTES, APERTO (MAGARI ANCHE SOLO PER MANCANZA DI CANDIDATI) E TESO A DELINEARE UNA CULTURA LIBERALE LEGATA AL PRIVATO O ALLE CONFINDUSTRIE DEL NORD… POVERO ILLUSO. IL SISTEMA È RIMASTO LO STESSO, APPLICATO CON FEROCE VERIFICA DELL’APPARTENENZA DEL CANDIDATO ALLA DESTRA, MEGLIO SE ROMANA DI COLLE OPPIO, PER GENEALOGIA O PER ADESIONE, MEGLIO SE CON UNA PRESENZA AD ATREJU E CON UN LIBRO DI TOLKIEN SUL COMODINO - LE NOMINE DI GIULI, BUTTAFUOCO, CRESPI, VENEZI, COLABIANCHI, BASE & ROCCA, IL PIANISTA NAZARENO CARUSI E VIA UNA INFINITÀ DI NOMI NEI CDA, NELLE COMMISSIONI (IN QUELLA PER SCEGLIERE I 14 NUOVI DIRETTORI DEI MUSEI C’È SIMONETTA BARTOLINI, NOTA PER AVER SCRITTO "NEL BOSCO DI TOLKIEN, LA FIABA L’EPICA E LA LINGUA")