john mccain

AMERICA FATTA A MAGLIE - DUE BOTTE PER TRUMP: IL TRADIMENTO DI MCCAIN (VERSO 7 ANNI DI LAVORO DEI REPUBBLICANI) E LE SANZIONI ALLA RUSSIA, PARAGONATA A IRAN E COREA DEL NORD: A CHI BRINDA IN EUROPA, SAPPIA CHE È UN DANNO AI NOSTRI INTERESSI ECONOMICI - INCASSA PERÒ 1,8 MILIARDI PER LA COSTRUZIONE DEL MURO COL MESSICO. E IL PRIMO DIVORZIO CAUSA TRUMP, IN FLORIDA...

 

 

Maria Giovanna Maglie per Dagospia

 

Prendiamola a ridere, siglato in Florida il primo divorzio causa Trump. Una coppia di Palm Beach, lei bella donna ex cheerleader dei Miami Dolphins, lui procuratore della contea di Palm Beach, Lynn e Dave Aronberg, hanno infatti annunciato il loro divorzio perché lei e’ non solo fervente repubblicana, cosa che il marito evidentemente sapeva prima del matrimonio due anni fa, ma fan del presidente, mentre lui è un democratico, e polemiche e divergenze sono diventate insormontabili.

 

MCCAINMCCAIN

Questo divorzio almeno viene annunciato come amichevole, a differenza di quello che il senatore John McCain, veterano del Senato ed eletto in Arizona, iscritto tra gli eroi del Vietnam, ha consumato ieri votando contro l'annullamento dell'Obamacare come in duello a distanza con l'odiato Trump, per poi tornare ad affrontare una cura incerta di un tumore al cervello dal quale è stato appena operato.

 

C'erano tutte le caratteristiche tanto di mezzogiorno-di-fuoco quanto del ritorno dell'eroe che fino all'ultimo combatte contro la malattia per affermare i suoi ideali. Solo che qui di ideale non c'è proprio niente, c'è’ una vendetta consumata da un uomo rabbioso contro la vita e il destino, che non ha mai superato lo scorno di un'avventura di candidatura presidenziale naufragata nel nulla, perché essere un eroe non basta, che ha vissuto l'elezione di Donald Trump come un affronto personale;

 

un uomo che ha spacciato infine per scelta in nome del Paese un voto da bullo che ha certamente affossato 7 anni di politica repubblicana contro la riforma sanitaria fallimentare di Barack Obama, soprattutto un voto contrario a quello che 2 anni fa lui per primo aveva espresso sempre al Senato. È un traditore, non di Trump, del partito nel quale milita da 50 anni e che gli ha dato un posto privilegiato al Senato.

 

mitch mcconnellmitch mcconnell

Per essere più precisi i senatori repubblicani che ieri hanno detto no al Obama repeal, nel 2015 avevano fatto l'esatto opposto, e solo un veto dell'allora presidente aveva impedito che la legge naufragasse. Ora blaterano di necessità di accordo con i democratici, allora non se ne preoccuparono, e tutti hanno fatto campagna elettorale nel 2016 contro la riforma fallita perché troppo costosa e impraticabile.

 

 Ora McCain parla di bipartisanship, a proposito di una legge che nel 2010 fu votata senza un solo voto repubblicano. Credibilità zero.

 Un Trump Furioso ha twittato: “3 repubblicani e 48 democratici hanno tradito il popolo americano”. Per capire fino in fondo la portata della scelta non annunciata, anzi espressa a sorpresa da McCain con tanto di plateale pollice verso, dovete sapere che senza il suo voto sarebbe stato 50/50 come previsto, perché il no di 2 senatori repubblicani, Suzanne Collins del Maine e Lisa Murkowski dell'Alaska, era scontato, e il vicepresidente Mike Pence era pronto ad aggiungere il suo voto per far passare la misura abrogativa della legge in alcune parti, non in tutte.

 

mitch mcconnellmitch mcconnell

La settimana della follia si riassume così. Mercoledì i dissidenti del partito di Trump hanno bocciato, insieme a tutti i democratici, la prima versione drastica che avrebbe abolito la riforma di Obama senza un rimpiazzo. Giovedì quella intermedia, per alcuni ancora troppo pesante. Adesso anche quella skinny, che  era l'ultimo disperato tentativo del capogruppo repubblicano, McConnell. Inevitabilmente ora si aprirà la resa dei conti nel partito, al quale il presidente aveva inviato continui segnali di richiamo all'unità e a fare quel che gli elettori hanno chiesto.

 

Invece è finita col coup de theatre del senatore malato al cervello, salutato dai fischi dei colleghi del suo partito e dagli applausi dei democratici. Più in generale, è finita con la vittoria di un round per la palude, quella che Trump si è ripromesso e ha promesso ai suoi elettori di prosciugare, ma che a Washington è virulenta, e in prima fila ci sono alcuni senatori repubblicani, come Lindsey Graham, apertamente in rotta col presidente.

 

donald  trump barack obamadonald trump barack obama

Prendete l'altra botta presa da Trump, e non ancora conclusa perché non ha ancora deciso se la controfirma o no, ovvero le sanzioni pesanti contro la Russia, che di fatto la appaiano all'Iran e alla Corea del Nord, 2 Nazioni in mano a dittature religiose e familistiche, che si esercitano in esperimenti nucleari e lanci di missili, proprio ieri l'Iran ne ha fatto uno di lancio, a dimostrazione che gli accordi siglati con Barack Obama erano fuffa. Di fatto, e questo è buono, gli accordi di Obama con Teheran sono annullati.

 

 

Lindsey Graham Lindsey Graham

La misura, approvata con 98 voti su 100 dal Senato giovedì, è già stata alla Camera e ora va direttamente alla Casa Bianca. Che cosa farà Trump? Non ci scordiamo che e’ minacciosamente in piedi una indagine con procuratore speciale su possibili collusioni fra la campagna presidenziale repubblicana e la Russia, per danneggiare Hillary Clinton e favorire lui; è proprio con questa motivazione, per evitare qualsiasi sospetto, che i repubblicani hanno votato con i democratici perché il presidente non possa mettere mano al progetto di sanzioni, al quale può naturalmente porre il veto.

 

Ma per override, superare e scavalcare un veto presidenziale, bastano due terzi del Senato è in questo caso ci sono abbondantemente, quindi rischia di aprirsi un braccio di ferro dagli esiti molto incerti.

 

“ Sono sanzioni completamente illegali dal punto di vista della legge internazionale e a un certo punto ci toccherà rispondere, è impossibile continuare a tollerare tanta mala fede verso il nostro Paese ancora a lungo”, ha dichiarato in visita in Finlandia Vladimir Putin, duro a parole, di fatto prendendo tempo per vedere come va a finire. Poi ha espulso un po' di diplomatici americani e ha chiuso l'accesso ad alcuni magazzini. Robetta per ora.

 

prima stretta mano Putin Trumpprima stretta mano Putin Trump

Resta il fatto che le sanzioni prevedono nuove restrizioni sui progetti di estrazione di petrolio e gas, che influenzeranno in particolare il progetto del gasdotto Nord Stream 2 che, entro la fine del 2019, dovrebbe raddoppiare la capacità di trasporto di gas naturale sotto il Mar Baltico dalla Russia alla Germania. Quindi danneggiano l'Europa o almeno la nazione forte dell'Europa.

 

La nuova legge stabilisce inoltre limitazioni alla possibilità di fare credito a società russe e alle aziende russe del settore energetico e militare. Di più, se il Presidente decide di alleggerire o eliminare alcune di queste sanzioni deve prima spedire un rapporto dettagliato al congresso che lo deve approvare. È una misura prevista nei poteri del legislativo, è anche una limitazione severa ai poteri dell'esecutivo.

 

A parziale consolazione, passato quasi sotto silenzio, la Camera ha approvato e ora va al Senato lo sforamento del budget di un miliardo e 800 milioni di dollari per la costruzione del muro di sicurezza e controllo ai confini col Messico. Per ora pagano i contribuenti americani, ma Trump ha già’ annunciato un metodo creativo di impianto di sfruttamento dell'energia solare per ripagare le spese.

Gasdotto nord stream  Gasdotto nord stream

 

Resta una situazione molto pesante, anche un po' assurda, se si pensa che il presidente non aveva nessuna intenzione di incominciare dalla riforma della sanità, ma avrebbe voluto mettere al primo posto dell'agenda di governo la riforma che taglia drasticamente le tasse, ovvero la misura più agognata dai cittadini e dalle imprese americane strangolate da Obama quasi italian style.

 

Gasdotto nord streamGasdotto nord stream

La riforma delle tasse non avrebbe rafforzato politicamente come poche cose. Invece i capigruppo di Camera e Senato lo hanno convinto del contrario e hanno cominciato il casino. Ora si tratta di capire se Trump fa il Trump o no, a cominciare da ripulire la Casa Bianca e alcuni ministeri nonché agenzie di servizi dagli spioni di professione.

 

 

Il New Yorker ha alzato un polverone in queste ore contro il neo direttore delle comunicazioni Anthony Scaramucci, che in una telefonata con un giornalista della rivista, Ryan Lizza, avrebbe pesantemente insultato accusandolo di essere un autore di leaks, il capo dello staff e notabile repubblicano,Reince Priebus, e lo avrebbe fatto usando termini pesanti come paranoide e schizofrenico e promettendo di farlo fuori assieme a tutti gli spioni.

 

 

Anthony ScaramucciAnthony Scaramucci

Ora tutti a scandalizzarsi per il metodo così poco presidenziale, così poco governativo, ma è proprio questo il punto. La vittoria di Donald Trump è stata un gigantesco vaffanculo al sistema espresso in forma di voto da una parte profonda dello Stato americano. Trump governa con quel consenso, non col consenso di Washington. Dall'establishment non può che aspettarsi guerra, e deve trovare il modo non solo di rivolgersi direttamente al popolo, come ha fatto anche nell'ultimo rally in Ohio, ma di osare azioni contro le regole costituite. Non è facile, è arrivato il momento.

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