PAROLA D’ORDINE: TAGLIARGLI IL COLLE! - LE MANOVRE DI RE GIORGIO HANNO COMPATTATO L’ASSE PRO-VOTO BANANA-GRILLO: ANCHE “FARSA ITALIA” VUOLE VOTARE L’IMPEACHMENT

Carmelo Lopapa per ‘La Repubblica'

«È arrivato a dire che la legge elettorale va discussa anzitutto nella maggioranza, ormai è tutto fuorché un presidente di garanzia» è tra i pochi commenti riferibili ai quali si è abbandonato Silvio Berlusconi dopo aver riletto le parole del capo dello Stato.

Tenutosi ben lontano dallo scambio di auguri al Colle (come del resto Grillo), chiuso nel salotto di Arcore prima di vedere la partita del Milan il leader di Forza Italia ha vissuto l'uscita di Napolitano come una sorta di attacco personale. Sufficiente a rovinargli il prepartita e perfino il compleanno del cane Dudù.

Ma soprattutto lo ha considerato l'atto finale che porterà il suo partito ad appoggiare la messa in stato d'accusa del presidente della Repubblica. «Vorrebbe impedirmi anche la difesa, secondo lui dovrei subire e basta?» ribatte alle accuse del Colle che lo diffida ad usare il termine "golpe". Per il Cavaliere - che ha evitato per ora commenti ufficiali - sono la conferma che è stato il Quirinale «il regista» delle operazioni con le quali «hanno tramato» per farlo fuori.

«Parla e agisce da capo del governo, piuttosto che da organo di garanzia super partes» spiega Berlusconi ai dirigenti del partito che lo hanno chiamato in massa. E da quella sequenza di telefonate è partito il fuoco di fila contro il Colle. Al Quirinale ci sono anche i capigruppo forzisti (Brunetta e Romani), il questore Gregorio Fontana e Laura Ravetto, oltre a Gianni Letta. Sono loro ad avvertire per primi l'inquilino di Villa San Martino.

Lo fanno al termine del discorso, se lo avessero fatto durante, il leader avrebbe ordinato loro di andare via anzitempo. Come rivela proprio Fontana: «Siamo rimasti solo per rispetto al luogo dove ci trovavamo», al luogo, dunque, non alla più alta carica dello Stato che a suo dire «non è più arbitro».

Berlusconi è fuori di sé. Quanto avvenuto diventa un motivo in più per battere ormai una linea oltranzista, se è il caso scavalcare a destra Beppe Grillo. A cominciare proprio dall'attacco alzo zero contro Napolitano. «A questo punto l'impeachment è quasi doveroso. Una strada per inevitabile e quando a gennaio lo presenteranno i grillini - è una delle considerazioni estreme - allora ci saremo anche noi».

Il super falco Augusto Minzolini lo scrive perfino in un tweet («Il suo interventismo continuo rende la richiesta di impeachment di Grillo sempre più convincente»). Il pensiero del capo non è distante, se anche la responsabile comunicazione Deborah Bergamini bolla come un «grave errore politico derubricare a semplice vicenda giudiziaria» la questione Berlusconi.

Insomma ormai non è solo Daniela Santanché ad alzare i toni («Discorso omertoso») ma anche figure moderate come la Gelmini o la Bernini vanno giù duro. Il fatto è che un Berlusconi ormai concentratissimo sul partito considera il Quirinale l'ostacolo più alto per raggiungere l'obiettivo del voto anticipato.

Ora che l'apertura della campagna elettorale è in cima ai pensieri, con quei sondaggi che premiano il rilancio di Forza Italia. Euromedia research della fidata Alessandra Ghisleri nell'ultimo rilevamento di ieri dava al partito il 21,4 e al centrodestra composito il 33,4, contro il 32 del centrosinistra.

Ma con un Pd in mano a Renzi che sarebbe passato in un mese dal 26 al 28. Il Cavaliere ritiene che a premiare sia proprio il partito di lotta e non più di governo. L'input è chiaro, non lasciare campo a Grillo. Ecco perché il Mattinale, redatto sotto la regia di Brunetta e destinato a fare da megafono ai diktat, ieri si è schierato in modo ancor più marcato dalla parte dei forconi: «Tocca a forza Italia difendere questa gente che è la nostra gente, offrire una casa politica e strumenti di sana protesta e proposta».

Berlusconi anche oggi si terrà distante da Roma e da un partito in cui la delusione per le mancate nomine è il sentimento preponderante. Una puntata è prevista solo domani per il brindisi di auguri e poi via, ritorno ad Arcore. Gli avvocati gli hanno spiegato che il Tribunale di Milano boccerà la sua richiesta di poter partecipare giovedì al vertice Ppe di Bruxelles. Pessimo segnale in vista della campagna per le europee che l'ex premier si prepara a cavalcare fin dalle prossime ore.

 

 

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