roberto gualtieri

MARIA ANTONIETTA GUALTIERI: ''LE BANCHE NON EROGANO PRESTITI? CAMBIATE BANCA'' - IL MINISTRO IN AUDIZIONE PARLA DEGLI ISTITUTI CHE NON DANNO FINANZIAMENTI. ''LA SACE CI METTE 48 ORE A DARE LA GARANZIA, QUINDI NON DIPENDE DAL SETTORE PUBBLICO''. IL PROBLEMA È CHE GLI IMPRENDITORI SONO AL VERDE E PURE QUELLI CHE HANNO RICEVUTO I SOLDI (VEDI FCA) NON FANNO RIPARTIRE LA PRODUZIONE

 

1. GUALTIERI: "RITARDI NEI PRESTITI? CAMBIATE BANCA"

conte gualtieri

(Adnkronos) - La banca ritarda con l'erogazione dei prestiti previsti dal dl liquidità? "Cambiate banca, andate da una più rapida. Se una banca non ti respinge" e fa l'operazione in "48 ore io andrei da quella, mi sembra la cosa più razionale da fare". Così il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri rispondendo alle domande durante l'audizione in commissione d'inchiesta sulle banche. ''Ci sono stati degli istituti (di credito ndr) più rapidi ed efficienti di altri'' nel rilascio dei prestiti a famiglie e imprese, ''così come numerosi casi di malfunzionamento e criticità, che vanno individuati, risolti e monitorati'' dice il ministro dell'Economia, evidenziando che sulle erogazioni dei prestiti da parte delle banche "ci sono margini di miglioramento" e che "l'assetto normativo di per sé non è un ostacolo" alle erogazioni, "le norme - insiste - consentono di erogare rapidamente".

 

 

2. IMPRESE AL VERDE. GUALTIERI INCOLPA LE BANCHE

Camilla Conti per “la Verità

 

Il bazooka di Giuseppe Conte per le imprese? Per ora spara a salve. Come confermano gli ultimi numeri forniti ieri in audizione alla Camera dal ministro dell' Economia, Roberto Gualtieri. Che per l' ennesima volta dà la colpa dei ritardi alle banche.

GUALTIERI PATUELLI PROFUMO VISCO

Partiamo dai numeri. Al 2 giugno sono state 476.000 le domande accolte dal Fondo centrale di garanzia, per un totale di 18 miliardi. Di queste, 439.738 riguardano i prestiti fino a 25.000 (per complessivi 9 miliardi) e solo 36.250 i prestiti sopra i 25.000 euro (per circa altri 9 miliardi). Su 400 miliardi di liquidità e al netto dell' operazione Fca, sono stati garantiti dal Fondo centrale e da Sace circa 20 miliardi, ovvero solo il 5 per cento.

 

Con uno scarto tra domande presentate e accolte del 50 per cento. «Abbiamo dato il tempo a tutti di assestarsi e abbiamo migliorato i provvedimenti, non ci sono più scuse per nessuno», alcune banche sono state «più rapide» a erogare subito i prestiti garantiti previste dalle misure del governo, mentre altre «hanno avuto malfunzionamenti» anche «colpevoli», ha attaccato col solito refrain il ministro. Vantandosi però subito dopo dei 260 miliardi di moratorie su mutui privati e imprese, quando in questo caso lo Stato non mette un soldo ma sono solo le banche che spostano le rate.

 

Unicredit ha erogato più di 1 miliardo a circa 47.000 aziende italiane che hanno presentato le richieste per un finanziamento fino a 25.000 euro. In due settimane, quindi, l' importo stanziato è stato raddoppiato. La banca ha infatti «accelerato il processo per i finanziamenti richiesti, anticipando l' erogazione in attesa di ricevere la garanzia da parte del Fondo centrale», si legge in una nota dell' istituto guidato da Jean Pierre Mustier. Mentre sul fronte delle Bcc dall' audizione di ieri emerge che su oltre 40.000 richieste arrivate al gruppo Iccrea e Cassa centrale, ne sono state approvate poco più di 4.000. Non è una sorpresa.

Gualtieri

 

Quando la banca deve approvare anche solo il 10% di rischio richiede un numeroso set di documenti, tra cui compaiono business plan e prospetti previsionali. Serve a proteggersi dai rischi di incauta concessione del credito in caso di futuro fallimento. Le big del sistema hanno già tutta la macchina operativa al lavoro sui prestiti, e nonostante smart working e filiali chiuse hanno potuto procedere più agilmente attraverso i servizi online. Ma per gli istituti di medie dimensioni, per non parlare delle banche più piccole come appunto quelle del credito cooperativo, si tratta di un lavoro mastodontico.

 

Quanto all' altro «panzer» del credito, ovvero Intesa Sanpaolo, l' ad Carlo Messina a un evento di Ey ha sottolineato che la banca avrebbe potuto dare credito a «10.000 o 20.000 aziende con 100.000 euro per ognuna», ma intanto con l' operazione del credito a Fca da oltre 6 miliardi garantito dallo Stato «sosteniamo tutta la filiera» dell' auto, con chiari vincoli di destinazione dei fondi.

 

Sempre ieri davanti alla commissione Industria del Senato ha parlato anche l' amministratore delegato di Sace, Pierfrancesco Latini. «Con riferimento alla procedura ordinaria, sono pervenute tre richieste per importo complessivo di circa 6,8 miliardi, che stanno seguendo il loro iter al fine del rilascio del decreto da parte del Mef» e «per quanto attiene le operazioni al momento allo studio delle banche ci risultano potenziali richieste per circa 18,5 miliardi a supporto di circa 250 clienti», inclusi i 6,8 miliardi. Latini ha poi fatto il punto sulla garanzia pubblica per il prestito di 6,3 miliardi chiesto da Fca a Intesa.

Roberto Gualtieri

 

«È in corso l' iter di approvazione», ma «possiamo dire che dall' esame dell' operazione emerge una piena conformità della struttura dell' operazione ai termini del decreto», ha detto Latini. Sottolineando che nel contratto per l' erogazione del prestito è specificato che «gli impegni che riguardano la non delocalizzazione e il mantenimento dei livelli occupazionali nello stesso periodo degli investimenti rimarranno anche post fusione» e saranno «costantemente monitorati, mentre in caso di inadempimento reiterato «si può arrivare fino all' accelerazione del rimborso dell' intero finanziamento».

 

Da parte di Fca c' è comunque «un ulteriore livello di impegni, aggiuntivi, che l' azienda ha direttamente concordato con il Mef e il Mise per investimenti pari a 5 miliardi» sul territorio italiano. «Impegni che rimangono anche post fusione con Psa e che verranno contrattualizzati nel contratto di finanziamento con Intesa», ha poi aggiunto l' ad di Sace. I tempi dell' industria non sono però quelli della burocrazia, soprattutto in piena emergenza post lockdown. Nel frattempo, però, Fca ha comunicato ai sindacati che la riapertura della fabbrica di Pomigliano (dove si producono le Fiat Panda), fissata per l' 8 giugno, sarà rimandata a data da destinarsi. Il motivo?

 

LOGO SACE SIMEST

Non ci sarebbero le condizioni per far ripartire tutti gli stabilimenti considerando che il mercato ha fatto segnare perdite del 90% tra marzo e aprile e del 50% nell' ultimo mese.

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...