MARONI VUOLE “COMPRARE” IL SILENZIO DI BOSSI CON UN MILIONE DI EURO

Giovanni Cerruti per La Stampa

Se n'è andato dopo un quarto d'ora, dicono di umor pessimo, e chissà se in quel momento ha pensato al suo glorioso manifesto degli anni ‘90: «Paga e tàs, somaro lombardo». Perchè per Umberto Bossi, ormai, va declinato in altro modo. Taci o paga, vecchio Capo brontolone.

Smettila di dare interviste, come l'ultima della serie, ieri mattina a "Il Fatto". Basta con gli attacchi a Bobo Maroni, il successore «che ha il culo grosso e occupa troppe poltrone». O con le sparate che demoliscono il progetto di Macroregione, tanto «in Piemonte l'esperienza di Cota è finita».

Era giorno di Consiglio Federale, ieri. Avevano annunciato un pomeriggio di meditazione sui voti persi in queste ultime amministrative. Tutti in via Bellerio per scoprire il virus, o la pozione magica. Invece niente, almeno secondo il comunicato ufficiale che sembra un bollettino della serie «Avanti così».

Ci sono i ballottaggi, aspettiamo i ballottaggi. «I risultati non sono così drammatici come leggo sui giornali», dice Maroni. Che si era pure esibito in uno spericolato Tweet: «La nuova battaglia della Lega per liberare il Nord è appena iniziata». E la vecchia?

«Ne vedremo delle belle», è la seconda frase del tweet di giovedì sera. E infatti, ecco il buongiorno con Bossi che si sfoga alla sua maniera, lamento&rancore fin al titolo: «Maroni l'ha distrutta, ora mi riprendo la Lega». Non succederà, è una storia finita quella tra il Fondatore e la segreteria della Lega.

Ma la paginata ha l'effetto di un calcione nelle parti basse. Maroni: «Chi non è d'accordo se ne vada». Flavio Tosi, segretario dei leghisti veneti: «Forse qualcuno parla a vanvera, e un bel tacer non fu mai scritto». E si capisce chi è il chi e il qualcuno.

Quando comincia il Consiglio Federale il comunicato finale è già scritto. E bisognerà aspettare la fine del pomeriggio per capire l'umor pessimo del Vecchio Brontolone. Su 25 righe le prime 15 sono dedicate ai soldi della Lega, al bilancio consuntivo

2012 «che registra un attivo patrimoniale di 40 milioni di euro». Seguono tre righe scritte che sembrano vaghe: «Entro la fine di giugno si procederà quindi ad un assestamento del bilancio previsionale 2013 per ridurre tutte le spese non direttamente collegate all'attività politica del movimento».

Già in allarme dopo una reprimenda di Maroni in corridoio («Ma cosa vai a dare interviste per attaccarmi?»), l'umore di Bossi si fa pessimo proprio quando gli dicono di questa frase. «Spese non direttamente collegate all'attività politica».

E' tutta per lui. E subito c'è chi scende dal Consiglio Federale per quantificare il mantenimento di Bossi&Famiglia in un milione di euro all'anno: 600 per lui, 300 per la scuola privata della moglie, altri 100 per segretarie e assistenti. Insomma, quest'ultima intervista può costare molto cara. A meno che non si rassegni. Bossi, tàs.

Probabile che Maroni metta anche questa spiegazione dell'«assestamento del suddetto bilancio» in conto ai gufi, uccellacci che di questi tempi cita spesso. «Alle ultime elezioni abbiamo perso quattro comuni ma ne abbiamo conquistati quattro nuovi, quindi questo è un segno di vitalità alla faccia dei gufi».

E rieccoli. E pazienza se a Treviso i leghisti e il candidato Giancarlo Gentilini sono costretti al disperato apparentamento con una lista civica per non andare incontro alla disfatta. E pazienza se in città come Ivrea la Lega avuto ben 197 voti. O che sia a rischio anche Brescia, già collegio elettorale di Renzo Bossi.

E dunque aspettare i ballottaggi, scommettere sulla "vitalità", prendere la mira per i gufi. E da ieri, e il comunicato lo conferma, nel mirino c'è anche il vecchio Bossi, che i voti in fuga continua a metterli in conto a Maroni: «Ha trasformato i nostri ideali in burocrazia, non puoi collegare un progetto politico solo alle poltrone».

Come se lui, Bossi che si sogna ancora segretario della Lega, non c'entrasse per niente. «Un allenatore non torna sulla panchina dopo essere andato via», gli manda a dire il lombardo Matteo Salvini. E' un sogno già finito. Che si accontenti del buon contratto. Non dia più interviste. Tàs.

 

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