antonio tajani matteo salvini giorgia meloni

MELONI FARA’ LA FINE DI RENZI? SUL PREMIERATO LA MAGGIORANZA SI SPACCA – SALVINI E CALDEROLI IN PRESSING SULL’AUTONOMIA, IL SENATORE DI FRATELLI D’ITALIA MARCELLO PERA, CANDIDATO DEL CENTRODESTRA AL QUIRINALE NEL 2022, STRONCA LA RIFORMA MELONIANA: “UN BEL PASTICCIO”. E POI C’E’ LA QUESTIONE DELLA LEGGE ELETTORALE AD ALIMENTARE ULTERIORI DIVISIONI TRA ALLEATI. LA LEGA DICHIARA “ASSOLUTA CONTRARIETÀ” AL DOPPIO TURNO - PS. LA MELONI APRE A MODIFICHE. ALLA SORA GIORGIA NON PIACE LA NORMA ANTI-RIBALTONE E SE LE CAMERE CI RIMETTONO MANO, LEI NON SARÀ CONTRARIA. ALLA FINE, A CHI PIACE ‘STA RIFORMA?

Giovanna Casadio per la Repubblica - Estratti

 

antonio tajani giorgia meloni matteo salvini

Sentiremo parlare a lungo di premierato: non passerà alle Camere liscio come il governo vuol fare credere. Modifiche e malumori agitano già la coalizione di destra: il premio di maggioranza al 55% inserito nella riforma solleva dubbi nella Lega e in FdI. Sono le prime crepe.

 

Matteo Salvini ha avvertito ieri - all’indomani del via libera in Consiglio dei ministri all’elezione diretta del premier - che la riforma costituzionale e l’autonomia differenziata tanto cara alla Lega, si tengono: il premierato «va di pari passo con quella riforma altrettanto importante, per noi più importante». A buon intenditore poche parole. A renderle ancora più chiare ci pensa il ministro dell’Autonomia, Roberto Calderoli, “padre” del federalismo à la carte, il quale ha ricordato: una riforma costituzionale è lenta, una legge ordinaria come l’autonomia è veloce. Quindi «tempi diversi, ma in parallelo...credo che l’una equilibri l’altra».

 

giorgia meloni matteo salvini.

 

In Parlamento si testerà la tenuta della coalizione di centrodestra sulle riforme che riscrivono l’assetto istituzionale: premierato, autonomia differenziata, legge elettorale. La ministra Elisabetta Casellati, che ha in mano il dossier, ha surfato tra meloniani e leghisti per raggiungere il risultato del disegno di legge in 5 articoli che consegna all’Italia l’inedito di un presidente del Consiglio “eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni”.

 

matteo salvini giorgia meloni

Senza limite di mandato e con un premio di maggioranza che gli garantisca il 55% dei seggi. Rassicura Casellati: «Al capo dello Stato restano le prerogative che ha. Chi critica questa riforma è perché non l’ha letta. Se non si può procedere a colpi di maggioranza, non si può farlo neppure a colpi di minoranza». Così come tranquillizza il ministro Luca Ciriani sulle ipotesi di dimissioni del presidente Mattarella: «Il suo ruolo non è in discussione, anzi».

 

Tuttavia è la premier a gettare il cuore oltre l’ostacolo e ad aprire a modifiche. A Meloni non piace la norma anti-ribaltone e se le Camere ci rimettono mano, lei non sarà contraria. Il compromesso raggiunto prevede che il premier eletto direttamente dal popolo sia sostituito se sfiduciato o abbia un impedimento: sarà il capo dello Stato a trovare il sostituto, tra i “parlamentari” della maggioranza e, comunque, per una sola volta. Ma per FdI è un rospo da ingoiare, perché vorrebbe il ritorno al voto se il premier eletto cade.

marcello pera

 

L’ex presidente di Palazzo Madama, oggi senatore di FdI, Marcello Pera, al Sole 24 ore esprime giudizi critici: «Se il primo ministro cessa, il Parlamento, che pure è eletto assieme a lui, ha il potere di sostituirlo. Perché l’uno cade e il suo gemello no? La formula del “simul stabunt simut cadent” è forse rigida ma ha una logica, quella del ribaltone rispetto alla volontà popolare non ce l’ha. Un bel pasticcio».

 

E poi c’è la questione del modello elettorale. Pera contesta il premio per garantire il 55% dei seggi a chi vince e si dice «turbato» dalla decisione di inserirlo in Costituzione: «Urta con i paletti fissati dalla Consulta». Sulla legge elettorale si affilano le spade. E la crepa tra gli alleati rischia di diventare voragine. Per evitare un premio di maggioranza spropositato, bisognerebbe fissare una soglia minima per ottenerlo (per ipotesi, il 40%). Ma servirebbe introdurre il ballottaggio. E invece dalla Lega Calderoli dichiara «assoluta contrarietà» al doppio turno.

 

matteo salvini roberto calderoli

I tempi per approvare la riforma comunque non saranno brevi, anche se FdI vorrebbe incassare il primo via libera entro le europee. E le opposizioni affilano le armi

 

meme giorgia meloni matteo salvinimeloni salvini

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