giorgia meloni olaf scholz

TRA MELONI E SCHOLZ UNA TREGUA A META’ – A GRANADA IL FACCIA A FACCIA DI 40 MINUTI TRA LA DUCETTA E IL CANCELLIERE, DOPO GLI SCAZZI SUI MIGRANTI – IL LEADER TEDESCO: “GARANTIREMO IN MODO PRATICO CHE NON LAVORIAMO GLI UNI CONTRO GLI ALTRI” – RESTA IL NODO DELLA TUNISIA: PER LA GERMANIA NON È UNO “STATO SICURO” DOVE RISPEDIRE I MIGRANTI IRREGOLARI. MA LA SORA GIORGIA NON PUO’ SCARICARE L'“AMICO” SAIED DOPO AVER SPONSORIZZATO IL MEMORANDUM – ALTRO PUNTO DI DIVISIONE: I FONDI EUROPEI...

 

Estratto dell'articolo di Ilario Lombardo per “La Stampa”

 

GIORGIA MELONI E OLAF SCHOLZ

Quando due leader arrivano a evocare il «pragmatismo» stanno di fatto ammettendo che restano delle distanze. La diplomazia dei piccoli passi ha fatto il suo dovere: Giorgia Meloni e Olaf Scholz si sono chiusi nella stessa stanza per mettere fine alle polemiche, alle liti e alle incomprensioni delle ultime settimane che avevano riacceso i bollori anti-tedeschi della destra italiana.

 

Quaranta minuti di confronto per certificare che c'è ancora tanto da lavorare. Ma che Italia e Germania lo faranno cercando una comprensione che Scholz definisce «molto pragmatica».

 

GIORGIA MELONI E OLAF SCHOLZ

Nel centro congressi di Granada, il Consiglio europeo informale che chiude due giorni intensi di vertici tra leader è finito con una frattura in Europa. Sui migranti l'Italia di Meloni ancora una volta ha voltato le spalle agli amici di Visegrad, all'ungherese Viktor Orban e al polacco Mateusz Morawiecki, che hanno nuovamente votato contro il nuovo Patto sull'asilo.

 

[…] «Penso – spiega Scholz - che saremo in grado di garantire in modo molto pratico che non lavoriamo gli uni contro gli altri, ma gli uni con gli altri». Il compromesso sulle Ong nel nuovo regolamento europeo è una base di partenza, ma non basta. Il nodo che non si riesce a sciogliere è la Tunisia. Le distanze sono a più livelli. In primis lo status di Paese sicuro. Per l'Italia lo è, per la Germania no. Il che significa che per i tedeschi i migranti a cui non viene riconosciuto il diritto d'asilo non possono essere rispediti in Tunisia.

MELONI VON DER LEYEN E RUTTE IN TUNISIA CON KAIS SAIED

 

Mentre è in corso il summit, da Berlino giunge la notizia di una dura replica del portavoce del governo tedesco. Nessun ripensamento della cancelleria, al momento nessuna revisione della lista dei Paesi sicuri. La Tunisia è fuori. Meloni, informata, prima minimizza, «Non è la posizione che ho sentito dal cancelliere», poi conferma che non c'è coesione nell'Ue: «È importante arrivare ad avere una lista europea dei paesi sicuri. Altrimenti la discrezionalità che ciascuno porta avanti può dare problemi sulla capacità dell'Unione di dialogare con queste nazioni».

 

Meloni insiste a guardare la parte piena del bicchiere. «Il cancelliere ha confermato il sostegno al Memorandum con la Tunisia. In tanti dicono che è un modello da replicare in altri Paesi del Nord Africa. E Scholz è consapevole che questo è l'unico lavoro che può dare dei risultati seri».

 

olaf scholz giorgia meloni

Quel Memorandum però resta ancora un proiezione al futuro di tanti buoni propositi. È vero che la Germania riconosce la bontà delle intenzioni come premessa dell'accordo, ma è più che altro un auspicio. E lo dimostra come Meloni risponde sul rispetto dei diritti umani che secondo Berlino ormai vengono sistematicamente calpestati dal presidente Kais Saied. Ne avete parlato con Scholz? «A me ha detto di andare avanti» liquida la faccenda la premier. Il degrado democratico, gli arresti di massa, le discriminazioni verso gli omosessuali e i migranti subsahariani, impediscono ai tedeschi di riconoscere Tunisi come Paese sicuro e di dire un sì convinto, senza condizioni, al Memorandum e alla strategia dell'Italia.

 

mark rutte ursula von der leyen kais saied giorgia meloni firma memorandum tunisia

Altro aspetto che conferma quanto sia cristallizzate le distanze: i soldi. Meloni e Scholz parlano anche di questo, delle risorse comuni europee e della riforma del Patto di stabilita sulla quale, di nuovo, Italia e Germania si trovano su posizioni lontane. Ma è quanto accade prima, durante le sessione dedicata alla revisione del bilancio dell'Unione, che dimostra la difficoltà sostanziale di una convergenza. La premier chiede più finanziamenti da dedicare all'immigrazione e al contrasto dei trafficanti (lei dirà ai giornalisti: «per l'Africa»), mentre secondo il cancelliere non ci potranno essere nuovi fondi se non per l'Ucraina. Soldi in più significherebbero più aiuti anche alla Tunisia, risorse che Saied non potrà continuare a respingere come «elemosina», come sta facendo in queste ore. E significherebbero più mezzi, più navi e operazioni condivise.

 

Ieri Meloni ha incassato una piccola apertura da Josep Borrell, Alto rappresentante dell'Ue per la politica estera, socialista spagnolo.

 

olaf scholz giorgia meloni

E significherebbero più mezzi, più navi e operazioni condivise. Ieri Meloni ha incassato una piccola apertura da Josep Borrell, Alto rappresentante dell'Ue per la politica estera, socialista spagnolo che ha riproposto di estendere la missione Irini anche alla Tunisia: «Forse ha le capacità. Di sicuro servono missioni, navali e sulla terra, per combattere i trafficanti». C'è solo un problema, non irrilevante. «Serve l'accordo della Tunisia, perché la missione dovrebbe avvenire nel territorio marino di Tunisi».

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