DITE AL MINISTRO CARROZZA CHE I BARONI NON LASCERANNO MAI SPAZIO AI GIOVANI NELLE UNIVERSITÀ: TOCCA PRIVARLI DEI PRIVILEGI E SCROSTARLI DALLE POLTRONE

Flavia Amabile per "la Stampa"

«A 70 anni i professori universitari, se fossero generosi e onesti, dovrebbero andare in pensione, e offrirsi di fare gratuitamente seminari, seguire laureandi, od offrire le proprie biblioteche all'università».

Frasi come queste Maria Chiara Carrozza ne ha pronunciate a centinaia molto prima di diventare ministra dell'Istruzione quando era il rettore più giovane d'Italia e lavorava nel Pd per costruire un movimento anti-baroni del partito. Nessuna meraviglia che continui a sostenerlo oggi che è a capo del ministero, come è accaduto nell'intervista a «Giovani Talenti» in onda oggi su Radio 24.

Il ministro è contraria ai baroni e alle persone attaccate alla poltrona di prof e al blocco del turnover negli atenei: «Abbiamo pensato di risparmiare, bloccando il turnover per anni, il che significa la morte nell'università e nella ricerca. Risparmiare sul turnover significa chiudere le porte a ciò che è fondamentale per l'università: il ricambio generazionale».

Il ministro sottolinea tre punti d'azione per contrastare la fuga dei cervelli, tra quelli avviati nei primi mesi di Governo: «Abbiamo portato il turnover al 50% il prossimo anno. In secondo luogo le poche risorse che abbiamo trovato per la ricerca le abbiamo messe tutte su un programma per giovani ricercatori. Infine, ci sforzeremo di premiare gli atenei che hanno giovani ricercatori come responsabili dei progetti ricerca».

Ma soprattutto la ministra ha una sua proposta per far rientrare cervelli o comunque attirare chi insegna all'estero, italiano o straniero. «Voglio far sì che per un'università costi meno chiamare una persona da fuori, favorendo così le carriere diagonali, rispetto a quelle interne. In secondo luogo voglio premiare chi è capace di attrarre studenti e professori stranieri in Italia. Siamo ai limiti della sopravvivenza, come sistema universitario».

A differenza del passato, promette, «garantiremo il consolidamento dei ricercatori in arrivo dall'estero all'interno del sistema universitario. Non si può fare l'attrazione con i contratti a termine; occorre rendere chi rientra professore, con una posizione decorosa e degna dello sforzo che ha fatto per tornare in Italia».

Applaude la Coldiretti perché il problema esiste, eccome. L'età media dei professori universitari è di 63 anni e un quarto di loro ha più di 60 anni, cifra enorme rispetto a quanto accade in altri Paesi: in Francia e Spagna la percentuale dei sessantenni è del 10%, in Gran Bretagna dell'8%, secondo un'analisi realizzata dai giovani della Coldiretti. E, quindi, conclude il delegato nazionale dei giovani Vittorio Sangiorgio, «con il record della disoccupazione giovanile la crisi si aggrava perché non si rinnova la classe dirigente italiana e vengono a mancare idee, energie e risorse nuove fondamentali per la crescita del Paese».

Si dice favorevole al ricambio nelle università anche Stefano Paleari, presidente della Crui, la Conferenza dei rettori. Ma solo fino ad un certo punto. «L'auspicio del ministro che l'università si apra ai più giovani è anche il mio», commenta. «Credo di interpretare le parole del ministro come l'auspicio che chi ha ancora un'esperienza la ponga al servizio della comunità se lo vuole, e che da un punto di vista squisitamente tecnico ci sia la possibilità, con l'uscita contrattuale per chi ha i requisiti per la pensione, di portare all'ingresso dei giovani».

Critiche invece dalle associazioni degli studenti: «Ben venga liberare l'università dalla gerontocrazia dei baroni, ma per farlo bisogna privarli realmente dei loro privilegi, a partire dall'introduzione del ruolo unico della docenza, e tornare a dare ossigeno e risorse) ai giovani ricercatori», commenta Gianluca Scuccimarra, coordinatore nazionale dell'Udu, l'Unione degli Universitari.

 

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