NEL PD SI FA LARGO IL PARTITO DI NAPOLITANO (PRO RENZI PREMIER)


Claudio Cerasa per "Il Foglio"

Ieri sera la direzione del Pd ha nuovamente incoraggiato Bersani ad andare dritto per la sua strada e a tentare in tutti i modi di trovare i numeri per convincere Napolitano a trasformare l'incarico in una nomina utile a formare un governo.

Sui numeri ancora non è chiaro quale siano le intenzioni del leader del centrosinistra e nonostante tra Pd e Pdl siano in corso trattative - come testimoniato da Enrico Letta che ieri ha ammesso che l'elezione del presidente della Repubblica "deve, ripeto deve, avvenire con un coinvolgimento molto largo" - almeno formalmente Bersani negherà di voler costruire un accordo con il Caimano e continuerà a portare avanti la linea di sempre: o si fa un governo con me oppure si torna al voto.

In altre parole, o i grillini si spaccano oppure si prendono la responsabilità di far cadere l'Italia nel baratro elettorale: altre vie non esistono, e un accordo con il Pdl non lo si fa nemmeno se ci squartano vivi. Questa dunque la linea di Bersani. Una linea che, come è evidente, contempla un solo colpo in canna e che esclude l'ipotesi che in caso di fallimento del segretario si possa dare al presidente della Repubblica la chance di giocarsi un secondo colpo e formare un nuovo governo.

Attorno a questo scenario negli ultimi giorni si è venuta a creare una violenta battaglia all'interno del Pd che ha avuto l'effetto di dividere il centrosinistra in due fronti che più distanti non potrebbero essere. Da una parte si trova Bersani. Dall'altra si trova il partito di Napolitano. Un partito che punta a spingere il Pd a un accordo col Pdl (con o senza Bersani) e che da qualche tempo vede come primo tesserato Matteo Renzi.

Per il momento i due partiti si annusano, si studiano e si osservano senza scontrarsi apertamente, perché tutti attendono di vedere che fine farà l'incarico di Bersani. Ma nell'attesa sui due fronti qualcuno ha cominciato a capire che i colpi finora sparati a salve potrebbero trasformarsi presto in proiettili letali per il corpo del Pd.

"E' inutile negarlo - dice al Foglio Roberto Reggi, braccio destro di Renzi alle primarie - nel Pd ci sono due partiti nel partito. Uno, in caso di fallimento di Bersani, vuole le elezioni. L'altro semplicemente no. Ecco. Noi siamo per il partito del semplicemente no".

Le convergenze parallele tra Napolitano e Renzi sono qualcosa in più di una suggestione legata alla sovrapponibilità delle due posizioni. Dal punto di vista politico la linea di Napolitano coincide con quella di Renzi nel senso che entrambi, a differenza del corpaccione rosso del Pd, considerano l'ipotesi "elezioni subito" una sciagura che il nostro paese non può permettersi di correre in un contesto come quello attuale (e lo spread ieri ha dato nuovi segnali destabilizzanti).

Una linea distante da quella finora seguita da Bersani. E anche per questo l'asse virtuale tra sindaco e presidente viene osservato con sospetto nel Pd, quasi come se il Colle e il sindaco si fossero messi in testa di fare fronte comune contro il partito del voto. "Credo - dice al Foglio il deputato renziano Matteo Richetti - che un sincero democratico in un momento come questo debba mettere prima gli interessi del paese rispetto a quelli del partito. E per questo, fermo restando che tutti ci auguriamo che il tentativo di Bersani vada a buon fine, sarebbe da irresponsabili non affidarsi a Napolitano".

"Personalmente - aggiunge Graziano Delrio, presidente dell'Anci, consigliere del Rottamatore - io sono pregiudizialmente favorevole alla linea di Napolitano. Nel senso che qualsiasi cosa deciderà di fare avrà ragione lui". Negli ultimi mesi, a guardar bene, le convergenze tra Renzi e Napolitano hanno avuto un riflesso anche dal punto di vista dei rapporti personali. Renzi, durante le primarie, non ha mancato di far sapere al Quirinale di considerare la linea del Colle un "faro" per il riformismo.

E nonostante le critiche riservate a Monti il sindaco ha ripetuto in varie occasioni di reputare Napolitano un Rottamatore ad honorem. La simpatia nei confronti di Renzi è ricambiata dal capo dello stato (alle primarie, tra l'altro, la moglie di Napolitano ha votato Renzi) ed è anche per questo che poche ore dopo i risultati delle elezioni del 25 febbraio una delle prime telefonate partite dal Colle è stata indirizzata al centralino di Palazzo Vecchio.

Napolitano in quei giorni chiese a Renzi la disponibilità a guidare un esecutivo qualora il tentativo di Bersani non fosse andato a buon fine; e la verità è che, pur essendo un'ipotesi complicata, il nome del sindaco non è stato sbianchettato dall'elenco dei papabili. "Qui - dice Reggi - non si tratta di voler fare inciuci con Berlusconi, si tratta di saper fare i calcoli.

I numeri dicono che se vuoi fare un governo, ti allei con chi quel governo può permetterti di farlo; e in questo senso Berlusconi di matematica ci capisce più di Fassina. Ecco. Bisogna essere saggi. E in un momento come questo sarebbe una pazzia non seguire la saggezza di Napolitano".

E se la saggezza di Napolitano dovesse trasformarsi in un'offerta a Renzi per guidare un governo del presidente? "Mi auguro - dice con un sorriso Reggi - che questo non accada. Ma se Napolitano dovesse chiamare è ovvio che in quel caso la risposta non potrebbe essere che una: ‘Sì'".

 

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