LA NORVEGIA È UN BELSITO - DEI 7 MLN € TRASFERITI ALL’ESTERO DAL TESORIERE DELLA LEGA, DUE POTREBBERO ESSERE NASCOSTI IN UNA BANCA DEL NORD EUROPA: I FONDI NERI “SCUDATI” E UTILIZZATI DA BONET, L’IMPRENDITORE AMMANICATO CON BELSITO E CON LA ‘NDRANGHETA, PER PAGARE LE MAZZETTE PER LE COMMISSIONI - QUESTA SAREBBE LA GRANDE CORRUZIONE? SOLDI PER PAGARE LE MULTE PER ECCESSO DI VELOCITÀ E PER IL TICKET ECOPASS DI MILANO DELLA FAMIGLIA BOSSI…

Giuseppe Guastella e Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

Parte dei fondi occulti della Lega potrebbe essere finita in Norvegia. La circostanza emerge dalle indagini svolte dai carabinieri del Noe, che hanno lavorato su delega della Procura di Napoli, e dovrà essere approfondita nei prossimi giorni. Dei sette milioni trasferiti all'estero tra dicembre e gennaio scorsi dal tesoriere Francesco Belsito con la complicità dell'imprenditore Stefano Bonet, poco più di 5 milioni erano stati depositati su un conto di una banca di Nicosia, a Cipro, mentre il resto potrebbe essere in un istituto di credito nel Nord Europa.

Sono migliaia i documenti, le ricevute, le fatture e gli scontrini che i magistrati dovranno esaminare a partire da oggi, per valutare le contestazioni di reato per gli esponenti della Lega che hanno beneficiato dei soldi del partito provenienti dai rimborsi elettorali, primi fra tutti Renzo Bossi e la vicepresidente del Senato Rosi Mauro. Il resto potrebbe arrivare dai computer e dall'altro materiale informatico sequestrato negli uffici e nelle abitazioni dello stesso Belsito. Perché la sensazione è che le «dazioni» ai familiari e ai fedelissimi del Senatur siano soltanto il primo tassello di una catena che può travolgere altri esponenti del Carroccio.

I magistrati milanesi molto probabilmente oggi decideranno di acquisire il video - pubblicato in esclusiva sul sito internet del settimanale Oggi - che mostra il «Trota» mentre, inconsapevole che una telecamera nascosta stia riprendendo la scena, accetta i soldi che gli vengono consegnati dall'autista Alessandro Marmello, il quale non è escluso che sarà chiamato a testimoniare per confermare quanto ha filmato e dichiarato al settimanale.

Marmello ha rivelato di aver dato a Renzo Bossi denaro in contante, proveniente dai fondi ricevuti dalla amministrazione della Lega «per l'uso e il mantenimento della macchina e le spese giornaliere», in cambio di scontrini per spese che il consigliere regionale lombardo del Carroccio aveva sostenuto a scopo personale. Anche altri testimoni potrebbero essere convocati nei prossimi giorni negli uffici giudiziari di Milano proprio per fornire ulteriori indizi sui comportamenti spregiudicati di esponenti leghisti.

LE «MAZZETTE» ALL'ESTERO
Il sospetto dei magistrati è che questa girandola di soldi possa nascondere anche il versamento di tangenti. Un filone che sarà esplorato partendo da un dato già acquisto dagli inquirenti napoletani Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio: la «mazzetta» da un milione e 250 mila euro che Bonet ha versato a Lorenzo Borgogni quando questi era il responsabile del settore relazioni istituzionali di Finmeccanica.

Lui stesso ha confessato di aver ottenuto la tangente con un'operazione di copertura finanziaria e di aver riportato il denaro in Italia grazie allo scudo fiscale. Un «sistema» che Bonet avrebbe utilizzato in molte altre occasioni, proprio grazie «ai poteri "relazionali" di tesoriere della Lega», come viene sottolineato nell'informativa finale degli investigatori dell'Arma.

Del resto, l'8 febbraio scorso è stato proprio Belsito, in una telefonata intercettata con la segretaria amministrativa Nadia Dagrada, a vantarsi «perché il 70 per cento del fatturato di Bonet lo faccio io», lasciando intendere di aver fatto pesare su numerose aziende pubbliche il peso del suo ruolo di tesoriere della Lega. Un ruolo che aveva sfruttato sia per pretendere una percentuale a titolo personale, sia per saldare i conti della famiglia Bossi e degli altri componenti il «cerchio magico».

Il conteggio effettuato sino ad ora parla di almeno tre milioni e mezzo di euro versati per il leader, i figli, la moglie, ma anche per soddisfare le richieste di Rosi Mauro e i desideri del suo fidanzato, il poliziotto in aspettativa che la parlamentare ha ingaggiato come assistente personale presso la presidenza del Senato. Si tratta di Pierangelo Moscogiuri, un trentacinquenne al quale saldava numerosi conti, compreso quello di un'università svizzera per fargli avere diploma e laurea. E che aveva la passione del canto e di Elvis Presley, tanto da esibirsi nei locali del Nord con il nome d'arte di Pier Mosca.

IL CARNET DI UMBERTO
Le verifiche sugli esborsi «privati» saranno condotte dalla Guardia di Finanza su delega del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e dei suoi sostituti Roberto Pellicano e Paolo Filippini. È il filone che potrebbe avere sviluppi clamorosi già nelle prossime ore. Gli inquirenti stanno infatti continuando a visionare il contenuto della cartellina «The Family» ritrovata nella cassaforte gestita da Belsito.

E hanno già trovato numerosi elementi per dimostrare le «dazioni» al leader del partito e alle persone a lui più vicine. Su uno dei carnet di assegni che Belsito aveva a disposizione per il conto aperto presso la Banca Aletti di Genova - dove confluivano i rimborsi elettorali - è scritto a penna «Umberto Bossi». E questo fa presumere che potesse essere dedicato esclusivamente alle spese del «capo».

Molto «interessanti» dal punto di vista investigativo vengono giudicati gli altri scontrini che Belsito custodiva sotto chiave e, almeno a sentire le sue telefonate, aveva intenzione di utilizzare come arma di ricatto proprio nei confronti di Bossi. Perché dimostrano che, oltre ai conti di medici e avvocati, alle scuole e alle ristrutturazioni, il partito pagava per i figli di Bossi persino le multe per eccesso di velocità o per il ticket di ingresso ai varchi dell'area Ecopass di Milano. L'ipotesi più probabile è che a fronte di questi costi possa scattare per chi ne ha beneficiato l'accusa di concorso in appropriazione indebita, ma i magistrati stanno valutando anche una possibile contestazione di ricettazione.

 

STEFANO BONETFrancesco BelsitoRENZO BOSSI - TROTA E ROSI MAUROi pm napoli woodcock piscitelli curcio Lorenzo Borgogni NADIA DAGRADA RESPONSABILE GADGET DELLA LEGA NORDIL PROCURATORE AGGIUNTO DI MILANO ALFREDO ROBLEDO PIER MOSCA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?