ORRORE A LONDRA – LO SCRITTORE HANIF KUREISHI: “SONO PAZZI PIENI DI RABBIA CHE TROVANO LA SCUSA NELL’ISLAM ESTREMO”

Maria Giulia Minetti per "La Stampa"

È stato il primo, nel 1989, a raccontare l'esplosione dell'ira musulmana a Bradford, i roghi dove i fedeli bruciavano «I versi satanici» di Salman Rushdie, lo scrittore «blasfemo». E poi in «The Black Album», 1995, in «Mio figlio è un fanatico», 1997, in tanti interventi e commenti Hanif Kureishi, romanziere, saggista, drammaturgo anglo-pachistano ha continuato a esplorare il nuovo fenomeno della rabbia islamica in terra britannica, le sette estremiste, le parole d'ordine incendiarie, l'invocazione della Jihad.

Ma all'indomani dell'assassinio di Woolwich, davanti al soldato Lee Rugby massacrato come al mattatoio, di fronte alle mani insanguinate e alla mannaia di Michael Adebolajo, Kureishi sembra quasi prendere le distanze, «scorporare», per così dire, l'episodio da una storia più ampia.

Che cosa l'ha colpita di più, in quest'assassinio?
«La brutalità spaventosa. Non è il classico attentato terrorista dove si butta la bomba e si scappa, o ci si "immola". L'impressione che ho avuto è di trovarmi di fronte a un pazzo, un vero pazzo».

Pare che Michael Adebolajo fosse collegato a un'organizzazione islamica estremista.
«Se vuoi uccidere, una giustificazione politica è un'ottima scusa. Voglio dire: chi è preda del desiderio di violenza va a cercarsi le ragioni per esercitarla, e in certa politica le trova in abbondanza».

L'assassino - il «terrorista» come l'ha definito Cameron - con ancora in mano la mannaia e le mani grondanti sangue ha detto che la sua azione era una risposta alle «nostre» violenze sui musulmani: «Occhio per occhio, dente per dente».
«Sì, i massacri in Palestina, in Afghanistan, in Iraq... Certo, sono lì per essere "vendicati". È ovvio che suscitino una risposta, e che la risposta sia spesso terrorista.

Ma un conto è un'azione mirata, un terrorismo organizzato, un altro l'esplosione di una furia assassina illogica, forsennata. A chi giova?»

Per lei, insomma, questo episodio è isolato, orrendo ma indicativo solo di una paranoia individuale...
«Dico che un'ideologia della violenza e del sacrificio, l'ideologia del terrorismo jihadista, è una calamita per chi cerca sfogo alla propria natura aggressiva. Si sa che i militanti jihadisti passano molto tempo guardando video di massacri, squartamenti, azioni sanguinose...»

Una droga, un eccitante?
«È un serpente che si mangia la coda. Il terrorismo è un mezzo per combattere, ma la violenza terrorista diventa un fine per molti "combattenti"»

Dunque molti episodi - anche questo, secondo lei - non testimoniano la diffusione della Jihad, la sua penetrazione, ma il fascino che esercita su menti malate. Che poi esplodono in modo eclatante...

«Pensi agli ultimi atti terroristici, quello di Boston e questo di Londra. Cos'hanno in comune? La "conversione" degli attentatori. Giovani, fino a una certa età indifferenti alla religione, di colpo diventato devotissimi, intransigenti; scoprono l'ingiustizia contro i musulmani, la perversione degli occidentali, e il desiderio e la possibilità di punirli esemplarmente. In pratica: scoprono la possibilità di dare sfogo alle loro pulsioni violente».

Lei dice: c'è una bella differenza tra azioni individuali come queste ultime di Boston e Londra e azioni complesse come quella contro le Twin Towers, per esempio.
«L'ideologia dietro a entrambe è di spaventosa violenza. Ma dietro le Twin Towers c'è una pianificazione razionale, qui c'è solo una follia individuale che s'aggrappa a una giustificazione ideologica».

A Boston un ceceno, a Londra un «nigeriano». Conta, nel percorso che porta all'esplosione violenta, l'eventuale emarginazione, il sentirsi «diversi» e respinti?
«Conta soggettivamente, forse. Ma nella realtà le cose stanno altrimenti. C'è un sacco di gente straniera, di cultura diversa, immigrata, che avverte la propria situazione in modo completamente diverso. Il punto è un altro. È la sponda che le ideologie estremiste offrono a tante menti deragliate. E il mondo è pieno di ideologie estremiste, purtroppo».

 

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