roberto gualtieri

TUTTI CONTRO GUALTIERI - VOLANO PAROLE GROSSE TRA I DELEGATI DI PD E M5S E IL MINISTRO DELL’ECONOMIA, ACCUSATO DI VOLER DECIDERE DA SOLO LA TORNATA DI NOMINE DI MOLTE SOCIETÀ CONTROLLATE DAL TESORO - SI TRATTA DI UNA DECINA DI GRUPPI “PESANTI” CHE DIPENDONO DA FERROVIE, OLTRE A CONSIP, POLIGRAFICO DELLO STATO, GSE E GME - LA FURIA DEI CINQUESTELLE PER I CONTINUI “NO” DI GUALTIERI…

Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

 

roberto gualtieri

Nessuno lo nega più, un vero e proprio "caso Gualtieri" è esploso nel governo. E la situazione è a un millimetro dal punto di non ritorno. La tensione cova da tempo, ma tutto è esploso giovedì sera, nel corso di interminabili ore di scontro a Palazzo Chigi. Prima, durante e dopo il vertice con Giuseppe Conte, infatti, i capidelegazione giallo-rossi e gli emissari dei leader di maggioranza mettono con le spalle al muro il responsabile dell'Economia. L'accusa è di voler decidere in solitaria la tornata di nomine di molte società controllate dal Tesoro, o in cui il ministero è azionista di peso.

 

Gualtieri Conte

Si tratta di una decina di società pesanti che dipendono da Ferrovie, oltre a Consip, Poligrafico dello Stato, Gse e Gme. Volano parole grosse, a margine della riunione di governo. Accusano il ministro dem di rispondere con i veti alle richieste dei partiti. «Non pensare di poter fare tutto da solo!».

 

Pretendono un tavolo per decidere assieme i nomi. E stavolta non c'è solo Giuseppe Conte a premere, né soltanto il Movimento. I più infuriati di tutti sono i vertici del Pd. Ma riavvolgiamo il nastro. Il primo scontro si consuma qualche settimana fa, in sordina. Il premier ipotizza un nome, il ministro lo boccia: «Non penso che sia la figura migliore per quell'incarico».

 

conte gualtieri

Sembra solo un'impuntatura. Poi tocca agli ambasciatori del Pd e del Movimento bussare alla porta del responsabile del Tesoro: stessa risposta. Nel frattempo, le assemblee di alcune società, convocate per rinnovare i vertici in scadenza o già scaduti, sono costrette a rinviare le riunioni. Fino a ieri, quando l'avvocato e il responsabile del Tesoro duellano duramente sulla portata del prossimo scostamento di bilancio - il premier vuole andare oltre i venti miliardi, Gualtieri preferirebbe restare di poco sopra ai dieci - poi si ripetono sul nodo delle nomine.

 

«Non puoi fare da solo sostiene Conte, facendosi interprete delle preoccupazioni degli alleati - ci sono equilibri di maggioranza da rispettare». Eppure, Gualtieri si mostra ancora una volta inamovibile. Nel frattempo, l'ipotesi di un dpcm che attribuirebbe al Mef e al dipartimento del Tesoro poteri maggiori proprio sulle controllate dello Stato scatena altri veleni e altre tensioni. Ma di quali nomine si discute? Si tratta di centinaia di posti e decine di società.

luigi di maio vito crimi

 

C'è Consip - fondamentale perché centrale operativa degli acquisti pubblici - e oltre dieci controllate di Fs (di cui il Mef è azionista): tra loro Rfi, Trenitalia, Italferr, Busitalia, Mercitalia. E ancora, il Poligrafico e Zecca dello Stato, la Newco di Alitalia, Gestore dei servizi energetici (Gse) e Gestore dei mercati energetici (Gme), oltre all'Agcom e alla Privacy. Il Pd, beffato sul traguardo per Enav e Terna nell'ultima tornata di nomine, è sul piede di guerra.

 

Ma anche il Movimento chiede un tavolo, si scaglia contro i veti del Tesoro e invia a trattare Gianluca Rizzo, deputato assai vicino a Luigi Di Maio e Vito Crimi. Ma il nodo resta sempre lo stesso: Gualtieri non molla. È una mina piazzata sotto Palazzo Chigi. E si aggiunge a un altro duello durissimo che si sta consumando in queste ore attorno all'ipotesi di revoca delle concessioni autostradali. Nel vertice di giovedì sera, i dem avevano chiesto di arrivare a una decisione entro 24 ore. Il summit fissato per ieri pomeriggio, però, è stato disertato da Di Maio. La ragione?

 

salvini giorgetti

Conte non è disposto - non ancora, quantomeno - a forzare la mano ed estromettere del tutto i Benetton, può al limite favorire il loro passaggio in minoranza. Il punto è però che ogni soluzione di compromesso mette a repentaglio la tenuta dell'M5S. Per questo, il premier ha proposto informalmente un nuovo rinvio alla seconda metà di luglio. Pensa di poter gestire meglio le fibrillazioni dopo che il Consiglio europeo avrà approvato il Recovery Fund, blindando politicamente Palazzo Chigi.

 

Per l'avvocato, d'altra parte, si tratta di una strategia obbligata per evitare nuovi addii dei 5S al Senato. Due senatrici, Tiziana Drago e Marinella Pacifico, sono a un passo dalla Lega, mentre un terzo - Mattia Crucioli - è pronto a passare al Misto. «Nei prossimi giorni - gongola non a caso Matteo Salvini - ci saranno diversi ingressi dai cinquestelle». Se i giallo-rossi perdono sette senatori, non c'è più una maggioranza.  

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...