BERTONISMO SENZA LIMITISMO - PER BLINDARE ALCUNI CENTRI DI POTERE PRIMA DEL CONCLAVE, BERTONE BRIGA PER EPURARE I NEMICI E PIAZZARE I SUOI - LA NOMINA DI GIUSEPPE VERSALDI ALL’IDI E LA SOSTITUZIONE DALLA COMMISSIONE CARDINALIZIA SULLO IOR DEL ‘NEMICO’ NICORA CON IL FEDELISSIMO CALCAGNO, FA CAPIRE CHE IL SEGRETARIO DI STATO, INCETRIOLATO DALLE DIMISSIONI A SORPRESA DI RATZINGER, NON VUOLE MOLLARE IL POTERE…

Massimo Franco per il "Corriere della Sera"

C'è una frenesia decisionale inedita, nell'interregno fra la rinuncia al papato di Benedetto XVI e l'inizio della nuova era. Il pontefice sembra indotto dal tempo che corre via e dai collaboratori in scadenza a chiudere in fretta i problemi più spinosi lasciati aperti per mesi, mentre si consumava il dramma epocale delle sue dimissioni. Di colpo, quello che prima appariva impossibile o secondario, si sblocca e diventa fattibile.

Sotto gli occhi un po' sconcertati di alcuni degli stessi cardinali in arrivo per il Conclave, programmato per il 15 marzo, in pochi giorni è stato nominato il presidente dello Ior; cambiata per un quinquennio la Commissione cardinalizia di vigilanza della banca vaticana; e nominato il «delegato pontificio» all'Istituto dermatologico italiano (Idi), da mesi in sofferenza per una gestione fallimentare.

La scelta di intervenire per salvare l'Idi, in particolare, viene considerata una mossa positiva. Si tratta di un centro di eccellenza lasciato andare alla deriva, con i dipendenti per mesi senza stipendio, da parte della Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione. La scelta del cardinale Giuseppe Versaldi, fedelissimo del segretario di Stato, Tarcisio Bertone, garantisce un interessamento diretto e di peso.

La decisione è stata presa da Benedetto XVI e formalizzata ieri, ma nonostante questo le reazioni soddisfatte si mescolano a quelle guardinghe. Pesa l'ombra del tentativo di salvataggio dell'ospedale San Raffaele, che gli uomini di Bertone non riuscirono a portare a termine; e che si è risolto con conflitti dentro i vertici vaticani tali da destabilizzare lo Ior nel maggio del 2012.

La prospettiva di assistere a una variante di quell'operazione, tesa a dare forma a un grande «polo sanitario» sotto il controllo delle persone più vicine al segretario di Stato, ha creato qualche ritardo nella comunicazione della notizia. L'ipotesi che il Vaticano si impegnasse finanziariamente sarebbe stata oggetto di discussione. Ma nel comunicato della sala stampa di ieri si precisa che Versaldi agirà «escludendo una partecipazione della Santa Sede in tali opere».

Oltre tutto, rimane aperto un fronte giudiziario che costituisce un'incognita. E il cardinale spedito a risanare l'Idi è lo stesso che mesi fa, secondo una ricostruzione apparsa sul Foglio del 20 ottobre scorso, creò qualche sconcerto osservando, a proposito di finanze vaticane: «Nei casi di cattiva amministrazione dei beni ecclesiali, come terapia deve valere nella Chiesa la medicina evangelica della correzione fraterna. Prima della denuncia all'autorità deve valere il confronto personale..».

Sono soprattutto il metodo e la tempistica, tuttavia, a provocare mugugni diffusi, probabilmente destinati a diventare qualcosa di diverso al momento del Conclave. Il decisionismo delle ultime ore fa storcere il naso a quanti ritengono che nel vuoto di potere apertosi con l'annuncio dell'11 febbraio, sarebbe stato meglio aspettare l'insediamento del nuovo Papa. Si parla di perplessità manifestate da cardinali sudamericani e dell'Oceania, oltre che italiani. E il richiamo dell'episcopato statunitense a evitare un Conclave frettoloso viene indicato come il segno di un altolà a qualunque accelerazione impropria.

Il fatto che dalla commissione cardinalizia dello Ior sia uscito il cardinale Attilio Nicora, considerato in rapporti non buoni con Bertone, e sostituito con Domenico Calcagno, bertoniano di stretta osservanza, ha suscitato i primi sospetti. Adesso, la scelta di Versaldi minaccia di rafforzarli; e di offrire magari strumentalmente armi agli avversari del «primo ministro» vaticano.

I critici di Bertone denunciano una «strategia del fatto compiuto», per mettere alcuni centri di potere al riparo da qualunque cambiamento prima dell'arrivo del successore di Benedetto XVI. D'altronde, l'accusa a Bertone di avere il monopolio del controllo delle finanze vaticane non è di oggi. Risale allo scorso anno, quando fece nominare Calcagno all'Apsa, l'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica; Versaldi alla prefettura degli affari economici; e un terzo fedelissimo, Giuseppe Bertello, a capo del Governatorato.

Ufficialmente fu proprio la designazione di Bertello, ex nunzio in Italia, a provocare la reazione furiosa di monsignor Carlo Maria Viganò, allora segretario del Governatorato e sicuro di essere promosso. Le sue lettere di fuoco spedite al Papa per denunciare la corruzione nell'amministrazione delle finanze vaticane sono state una stella fissa nella ricostruzione delle faide fra monsignori e cardinali che si sono consumate negli ultimi due anni.

Quando esattamente un anno fa, il 18 febbraio del 2012 il Concistoro nominò una serie di «berretti rossi», fra i quali quelli appena citati, si parlò di una vittoria della Curia e di un rafforzamento della pattuglia bertoniana e del «partito italiano» in vista di un futuro Conclave. In realtà, presto apparve una vittoria numerica, più che di peso. E comunque fu bilanciata mesi dopo da un successivo Concistoro nel quale non un solo italiano fu promosso cardinale.

Nel frattempo si è ugualmente consolidata la fama di un Segretario di Stato dato in disgrazia dagli avversari, che hanno continuato ripetutamente a chiedere al Papa di sostituirlo; e che invece è riemerso sempre come un collaboratore del quale Benedetto XVI non sembra in grado di fare a meno. «Ogni volta che sono a tu per tu», racconta un alto prelato, stupito e insieme infastidito, «Bertone riesce a ottenere quello che vuole».

Le decisioni degli ultimi giorni confermano questa vulgata, e preparano forse altre sorprese. Anche se pochi sono disposti a scommettere che la strategia dei fatti compiuti possa reggere all'impatto con l'elezione di un nuovo pontefice. Per paradosso, la rapidità decisionale di questi giorni potrebbe gettare sulle istituzioni interessate un'ombra di provvisorietà della quale la Santa Sede pagherebbe le conseguenze; ed essere usata come un'arma dai cardinali elettori per contrastare alcuni «papabili».

Non si può dire che siano scenari molto spirituali. Rischiano di offrire un'immagine distorta e riduttiva del futuro Conclave. Ma le dimissioni di Benedetto XVI cambiano lo sfondo anche da questo punto di vista. Costringono a guardare in faccia una realtà meno edificante e pia di quella che i vertici ecclesiastici hanno offerto in passato, e tentano di accreditare anche adesso. Ieri, nella folla di porporati che si accalcavano nel Palazzo apostolico vaticano per seguire gli esercizi spirituali guidati dal cardinale Gianfranco Ravasi, biblista raffinato, questi veleni arrivavano attutiti.

Si parlava sotto voce di «papabili», si scrutavano i possibili candidati che a loro volta si schermivano: come d'obbligo. Eppure, dietro questi fruscii si stanno saldando gli ultimi conti. Si scavano trincee per prepararsi a difendere posizioni di rendita davanti a qualunque insidia dovesse provenire dal successore di Benedetto XVI e da nuovi collaboratori decisi a sapere e ad andare fino in fondo.

 

CARDINALE TARCISIO BERTONE SAN RAFFAELE OSPEDALE SAN RAFFAELE CARDINALE GIUSEPPE VERSALDI jpegGIUSEPPE BERTELLOCARLO MARIA VIGANO jpegpapa ratzinger benedetto

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni elly schlein

DAGOREPORT - COME DESTABILIZZARE IL NEMICO PIÙ INTIMO? SEGUITE IL METODO MELONI: AD OGNI INTRALCIO CHE SI INVENTA QUEL GUASTAFESTE DI SALVINI, LA MINACCIA DELLA DUCETTA È SEMPRE LA STESSA: ANDIAMO AL VOTO ANTICIPATO E VEDIAMO QUANTO VALE NELLE URNE ‘STO CARROCCIO - QUESTO RITORNELLO MELONIANO DI ANTICIPARE DI UN ANNO LE POLITICHE 2027, PERCHÉ NON LO FA SUO ANCHE ELLY SCHLEIN? ANZICHÉ STAR LÌ A PIAGNUCOLARE DI “SALARIO MINIMO”, DI “POLITICA INDUSTRIALE CHE NON C’È” E DI “CETO MEDIO IMPOVERITO”, SE L’ITALIA VA A PUTTANE, METTA L'ARMATA BRANCA-MELONI IN DIFFICOLTÀ: SI TOLGA L’ESKIMO DA GRUPPETTARA E LANCI LEI A GRAN VOCE UNA BELLA CAMPAGNA FATTA DI SLOGAN E FRASI AD EFFETTO PER CHIEDERE LO SFRATTO DEL GOVERNO, LANCEREBBE COSI' UN GUANTO DI SFIDA ALL’ARROGANZA DELLA DUCETTA, METTENDOLA IN DIFFICOLTÀ E NELLO STESSO TEMPO RIUSCIREBBE A TRASMETTERE AL POPOLO DISUNITO DELL’OPPOSIZIONE UN SENTIMENTO FORTE, AFFINCHE' IL SOGNO DI MANDARE A CASA GIORGIA MELONI POSSA DIVENTARE REALTÀ - SE OGGI, LA STORIA DEI NUOVI MOSTRI POLITICI SI FONDA SULL’IMMAGINARIO, COSA ASPETTA ELLY SCHLEIN A CAMBIARE MUSICA?

orazio schillaci marcello gemmato paolo bellavite ed eugenio serravalle

DAGOREPORT – I DUE NO-VAX NOMINATI NEL COMITATO TECNICO SUI VACCINI SPACCANO FRATELLI D'ITALIA: MONTA IL PRESSING PER FAR DIMETTERE EUGENIO SERRAVALLE E PAOLO BELLAVITE DALL’ORGANISMO – IN MOLTI RITENGONO CHE IL RESPONSABILE POLITICO DELL’IMPROVVIDA DECISIONE SIA MARCELLO GEMMATO, FARMACISTA E POTENTE SOTTOSEGRETARIO ALLA SALUTE MELONIANO – IL MINISTRO ORAZIO SCHILLACI È FRUSTRATO DAI CONTINUI BLITZ POLITICI CHE LO PONGONO DI FRONTE A DECISIONI GIÀ PRESE: NON CONTA NULLA E TUTTI PRENDONO DECISIONI SULLA SUA TESTA. ORA SAREBBE INTENZIONATO A REVOCARE L’INTERO GRUPPO DI LAVORO SE I NO-VAX NON SLOGGIANO. ENTRO 48 ORE…

trump zelensky putin donald volodymyr vladimir

DAGOREPORT – ARMATI DI RIGHELLO, GLI SHERPA DI PUTIN E TRUMP SONO AL LAVORO PER TROVARE L’ACCORDO SULLA SPARTIZIONE DELL’UCRAINA: IL 15 AGOSTO IN ALASKA L’OBIETTIVO DEL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA È CONVINCERE PUTIN AD “ACCONTENTARSI”, OLTRE DELLA CRIMEA, DEL DONBASS, RITIRANDOSI PERO' DALLE REGIONI UCRAINE OCCUPATE DALL'ESERCITO RUSSO: KHERSON E ZAPORIZHZHIA (CON LA SUA CENTRALE NUCLEARE) - TRUMP POTREBBE AGGIUNGERE LO STOP ALLE SANZIONI E CHISSÀ CHE ALTRO – PRIMA DI UN INCONTRO PUTIN- ZELENSKY, TRUMP PORTERA' I TERMINI DELLA PACE ALL'ATTENZIONE DEGLI ALLEATI EUROPEI DI KIEV - PER GARANTIRE L'EX COMICO CHE MOSCA NON SGARRERA', MACRON, MERZ E COMPAGNI PROPORRANNO L'INGRESSO DELL'UCRAINA NELL'UNIONE EUROPEA (CHE FA SEMPRE PARTE DELLA NATO) - PER L’ADESIONE UE SERVE L’OK DEI FILO-PUTINIANI ORBAN E FICO (CI PENSERÀ LO ZAR A CONVINCERLI) - UNA VOLTA FIRMATA, DOPO 6 MESI DEVONO ESSERE APERTE LE URNE IN UCRAINA - LA GAFFE: "VENERDI' VEDRO' PUTIN IN RUSSIA...": TRUMP SULLA VIA SENILE DI BIDEN? OPPURE....

antonio decaro michele emiliano roberto fico giuseppe conte elly schlein vincenzo de luca

DAGOREPORT - SCHLEIN E CONTE FANNO CAMPOLARGO (MA SOLO PER LE REGIONALI, PER ORA): DOPO GIANI IN TOSCANA E RICCI NELLE MARCHE, E' FATTA ANCHE PER I 5STELLE ROBERTO FICO IN CAMPANIA E PASQUALE TRIDICO IN CALABRIA (DOVE NON CI SONO CHANCE DI VITTORIA) - L'ULTIMO OSTACOLO RESTA VINCENZO DE LUCA, CHE CHIEDE DI NOMINARE IL FIGLIO, PIERO, SEGRETARIO DEL PD REGIONALE. MA ELLY NON VUOLE FARE LA FIGURA DA PERACOTTARA: FU LEI A COMMISSARIARE IL PARTITO, COME ATTO OSTILE NEI CONFRONTI DEL "CACICCO" DE LUCA, E A FAR FUORI SUO FIGLIO DA VICECAPOGRUPPO ALLA CAMERA - IN PUGLIA, QUEL CROSTONE DI EMILIANO È INDIGESTO A ANTONIO DECARO PER LA VECCHIA STORIELLA DELL'INCONTRO CON LA SORELLA DEL BOSS CAPRIATI, "PADRINO" DI BARI VECCHIA, RACCONTATA DAL GOVERNATORE URBI ET ORBI - VIDEO!

matteo salvini luca zaia alberto stefani luca de carlo

DAGOREPORT - VIA COL VENETO: LISTA ZAIA? E GIORGIA MELONI S'INCAZZA! - SE IMPORRA' IL SUO CANDIDATO, IL FRATELLONE D'ITALIA LUCA DE CARLO, SI RITROVERÀ UN LISTONE "DOGE" CHE PORTEREBBE VIA UN FIUME DI VOTI (E AVREBBE LA MAGGIORANZA DEI SEGGI, COMMISSARIANDO DI FATTO IL GOVERNATORE MELONIANO) - MATTEO SALVINI SPINGE FORTE SUL GIOVANE ALBERTO STEFANI, MA LA DUCETTA NON MOLLA L'OSSO DI CONQUISTARE LA RICCA REGIONE VENETA - IN BARBA AL SUO GROSSO BOTTINO DI CONSENSI, LA FIAMMA NON HA IN TASCA ALCUNA REGIONE DEL NORD (IN LOMBARDIA NON TOCCA PALLA: E' ROBA DI LA RUSSA...)