LA ‘CUPERLO DISSOLVI’ DEI SINISTRATI – RENZI OFFRE LA PRESIDENZA DEL PARTITO AL CANDIDATO DI D’ALEMA MA GLI EX DS DICONO NO – ORFINI AVVERTE: ‘SE SI SCHIANTA RENZI, CI SCHIANTIAMO TUTTI’

Carlo Bertini per "La Stampa"

Lo strappo si consuma nell'arco di poche ore: Matteo Renzi piomba nella capitale intorno all'una, e dopo un'ora passata con Cuperlo e un'altra ad aspettare una risposta che è un «no», fa il suo ingresso nel salone al terzo piano del Nazareno.

In quel lasso di tempo, quello che poteva essere un accordo tra vincitori e vinti per sanare le frattura, pur nella dovuta distinzione di ruoli, si trasforma in un «non possumus». Il candidato della «sinistra» è infatti costretto a rifiutare, causa divisioni nel suo campo, non solo due o tre posti in segreteria, ma anche la carica di presidente dell'assemblea federale del Pd offertagli da Renzi.

Una carica che ora resta a disposizione degli ex Ds e che verrà decisa di qui a domenica prossima quando il vincitore sarà proclamato segretario proprio dall'assemblea nazionale riunita a Milano. Evento cui Renzi intende dare un'impronta «decisiva», visto che chiamerà alla conta i mille e passa delegati sulle priorità dell'agenda del Pd. Tanto per far capire che aria tira ad un organismo in cui avrà la maggioranza dei due terzi insieme a Franceschini, ma il potere garantito da oltre il 50% di suoi delegati duri e puri.

E anche in Direzione il potere assoluto è in mano sua: poiché i due terzi dei centoquaranta nominati saranno renziani doc e lui potrà dettare legge sulle liste di ogni tornata elettorale che vanno votate dal «parlamentino». Lo scettro ambito da ogni leader. Da oggi il fidato Luca Lotti si accollerà tutte le grane nazionali e periferiche del partito e Lorenzo Guerini si sobbarcherà il negoziato «alla tedesca» sul governo trattando con i vari partiti, Alfano in testa.

Ma se con suprema perfidia Renzi ha infilato in segreteria alcuni bersaniani pentiti, se Civati ha accettato di esser rappresentato nella plancia di comando, la truppa dei cuperliani è rimasta ostaggio delle lacerazioni tra ex diessini, spiazzata dall'accelerazione del rottamatore. Che fino a ieri sera non aveva aperto la «pratica» della segreteria con i suoi sfidanti.

Solo all'ora di pranzo Renzi illustra le sue intenzioni inclusive per la segreteria a Gianni Cuperlo, che non si mostra pregiudizialmente contrario, ma sa bene quali siano gli umori dissonanti dei suoi, dopo averli ascoltati in un summit convocato alla Camera prima di salire al Nazareno.

Il neo-segretario ha lasciato aperte due o tre caselle: vorrebbe far entrare uno dei leader dei «giovani turchi» che sostengono Cuperlo, cioè Matteo Orfini, confermare responsabile giustizia il dalemiano Danilo Leva, o includere la giovane avellinese Valentina Paris.

Cuperlo nicchia, poi esce dal Nazareno, torna alla Camera e dopo un'ora richiama dicendo a Renzi, «ti chiedo di non mettere nessuno dei nostri». Una scelta che ipoteca qualunque condivisione dei tornanti più impervi e che dimostra come Cuperlo voglia tenersi le mani libere senza alcuna assunzione di corresponsabilità.

Del resto, già la mattina i suoi colonnelli si erano spaccati in pezzi, l'aria dopo la batosta non era delle migliori. «La minoranza fa la minoranza, non c'è bisogno di stare in segreteria per collaborare. Dopo che abbiamo perso in quel modo ieri sera, non c'è motivo il giorno dopo di prendere incarichi di responsabilità, lasciamoli gestire a loro», era la posizione dei bersaniani messa in chiaro da Nico Stumpo.

I dalemiani divisi tra favorevoli e contrari, i «turchi» invece disponibili. «Noi non siamo per lo sfascio, ora che Renzi ha vinto se si schianta lui ci schiantiamo tutti», fa notare Orfini, «dopodiché è ovvio che noi restiamo contrari al presidenzialismo e comunque ci faremo sentire».

 

 

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