benjamin netanyahu erdogan trump

SALUTAME AI FRATELLI MUSULMANI: LA PACE A GAZA È L’ULTIMO CAPOLAVORO (CON GIRAVOLTA) DI ERDOGAN – IL SULTANO, GRANDE PROTETTORE DEI CAPI DI HAMAS, GRAZIE ALLA SUA ABILITÀ DIPLOMATICA E ALL’OTTIMO RAPPORTO CON TRUMP, ESCE DA GRANDE VINCITORE NELLO SCACCHIERE MEDIORIENTALE. E ORA PUÒ CONTINUARE A ESPANDERE LA PROPRIA INFLUENZA, DALLA LIBIA ALLA SIRIA (E SI PRENDE L – LA GUERRA AI FRATELLI MUSULMANI, IL RAPPORTO TESO CON L’EGITTO, IL POTERE DEL CAPO DEGLI 007 TURCHI, IBRAHIM KALIN E LE MOSSE DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, HAKAN FIDAN, CHE ASPIRA A SUCCEDERE A ERDOGAN - L’OMBRA TURCA FA PIACERE UN PO’ A TUTTI: OSCURA L’IRAN, L’EX PADRONE DI GAZA, PRIMA BOMBARDATO E ORA SFRATTATO…

DONALD TRUMP RECEP TAYYIP ERDOGAN

TRUMP RINGRAZIA ERDOGAN, 'È STATO GRANDIOSO CON HAMAS'

(ANSA) -  Donald Trump ha ringraziato i leader di Qatar, Egitto e Turchia per il ruolo nell'accordo di pace elogiando in particolare presidente turco Recep Tayyip Erdogan che, "è stato personalmente coinvolto nei rapporti con Hamas, è stato grandioso".

 

LE CARTE DELLA TURCHIA

Estratto dell'articolo di Stefano Mazzola per "il Foglio"

 

[…] La leadership turca continua a espandere la propria influenza nella regione, facendo leva su due elementi: abilità diplomatica e potenza militare. Gaza rappresenta infatti solo uno dei dossier attraverso cui Ankara punta a consolidare il proprio prestigio internazionale e a proiettare influenza lungo tutto il Mediterraneo, dalla Libia alla Siria.

 

RECEP TAYYIP ERDOGAN ALLA MANIFESTAZIONE PRO PALESTINA

Il successo diplomatico di Sharm el Sheikh ne conferma inoltre il ruolo di potenza in ascesa, capace di mantenere una politica estera autonoma ma non necessariamente in contrasto con gli interessi occidentali, Italia compresa.

 

[…] Washington ha capito che Ankara è un alleato che non può perdere. Le tensioni con Israele restano però un elemento strutturale del quadro regionale e rischiano di condizionare i rapporti con gli Stati Uniti, ma qui Israele gode di un vantaggio strategico.

 

Erdogan ha saputo sfruttare l’operazione Flotilla per rafforzare il proprio soft power, accogliendo i flotilleros a Istanbul e favorendone il rimpatrio.

 

Se il dossier Gaza dovesse chiudersi, la vera partita si sposterebbe in Siria, dove la definizione delle rispettive sfere d’influenza determinerà gli equilibri regionali dei prossimi anni. Israele teme l’espansione dell’influenza turca a ridosso del Golan, mentre la Turchia non intende lasciare campo libero allo stato ebraico nel plasmare l’assetto del medio oriente.

 

JARED KUSHNER E STEVE WITKOFF AL CAIRO DA AL SISI

ERDOGAN, GLI ARABI: COSÌ HAMAS HA DETTO SÌ

Estratto dell’articolo di Francesco Battistini per il “Corriere della Sera”

 

[…] chi è stato il vero costruttore arabo di questa pace? L’Egitto ci ha messo i tavoli del casinò di Sharm, su cui puntare le fiches negoziali.

 

E fiutando il successo, mercoledì, il feldmaresciallo Abdel Fattah al Sisi è andato in tv ad anticiparsi il merito di «trattative incoraggianti». Non è bastato questo, a permettergli di sbancare: è dal 2019 che Al Sisi non viene più invitato alla Casa Bianca e anche il viaggio di quest’anno è stato cancellato, dopo che il presidente egiziano ha definito il progetto blairiano della Gaza Riviera «una minaccia alla sicurezza nazionale».

 

Gli 007 egiziani han dovuto fronteggiare anche le diffidenze israeliane: il feldmaresciallo e Netanyahu hanno rapporti gelidi e su alcuni punti, lo sfollamento dei gazawi o la presenza militare israeliana al confine, al Cairo sono irremovibili.

 

donald trump incontra Recep Tayyip Erdogan

Pure il Qatar, scioccato dal bombardamento israeliano su Doha, alla fine è rimasto un passo indietro.

 

È stato un miracolo che abbia accettato di sedersi e il capodelegazione Abdullah al-Sulaiti, fino a qualche giorno fa, era poco sicuro d’un successo.

 

Nelle trattative con Israele, l’emirato ha sempre pagato il fatto di non avere relazioni diplomatiche formali e di parlare solo con David Barnea, il capo del Mossad.

 

IBRAHIM KALIN - DIRETTORE DEL MIT

L’alloro del grande mediatore, alla fine, se l’è preso Racep Tayyip Erdogan. Escluso per anni dalla questione palestinese, come l’Arabia Saudita deciso a volere il disarmo e la fine politica di Hamas, il sultano ha sfruttato le sue astuzie diplomatiche: l’ottimo rapporto con Trump e, insieme, l’ospitalità concessa a molti capi di Hamas (che hanno passaporto turco, casa a Istanbul e perfino società quotate alla borsa di Ankara); la guerra ai Fratelli Musulmani, rispediti in Egitto, e allo stesso tempo l’amicizia del capo degli 007, Ibrahim Kalin, col capo gazawi della Shura islamica, Mohammed Darwish.

 

Hakan Fidan

La superspia Kalin è stata fondamentale, a Sharm, e ogni sussurro e ogni mossa la riferiva al suo mentore Hakan Fidan, il ministro degli Esteri che aspira a succedere a Erdogan.

 

«Le ombre han fatto splendere il sole», dice ora con enfasi un editoriale ultra-ottomano, riferendosi al soprannome («l’Ombra») che vien dato a Fidan e al suo fido Kalin.

 

MILIZIANI DI HAMAS A GAZA

Ombre che s’allungano e danno alla Turchia un ruolo determinante, già visto sul Mar Nero e nell’unico successo negoziale in quasi quattro anni di guerra russo-ucraina: lo sblocco delle navi cariche di grano.

 

L’ombra turca, alla fine, fa piacere un po’ a tutti: oscura l’Iran, l’ex padrone di Gaza, prima bombardato e ora sfrattato. «Salutiamo con favore quest’accordo», hanno dichiarato gelidi da Teheran. Senza crederci granché.

RECEP TAYYIP ERDOGAN DONALD TRUMP

Sergei Lavrov con il ministro degli esteri turco Hakan Fidan

AL SISI BIN SALMANBIN SALMAN AL SISI

RECEP TAYYIP ERDOGAN ALLA MANIFESTAZIONE PRO PALESTINA A ISTANBUL

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