1. ANCHE BOCELLI E STEVIE WONDER VEDREBBERO CHE LO SCONTRO NON È AFFATTO, COME INGANNANO I GIORNALONI, TRA MOSÉ MONTI E BERLUSCONI, MA TRA MOSÉ MONTI E BERSANI 2. SUDARIO MONTI, IN REALTÀ, PUNTA TUTTO NON SULLE ELEZIONI, MA SUL DOPO ELEZIONI 3. MOSÉ MONTI SPIEGHERÀ AL LEADER DEL PD CHE, CON ALLEATI "SOVVERSIVI" DEL CALIBRO DI VENDOLA-CAMUSSO, È MEGLIO PER L'ITALIA SE LUI FARÀ IL “SUO” VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO, CHE COSÌ SI VUOLE LÀ DOVE SI PUOTE (BERLINO & WASHINGTON) 4. RENZI RESTA E BERSANI ONORERÀ L'ACCORDO METTENDO IN LISTA GLI UOMINI DEL SINDACO 5. LE PRECONDIZIONI DI MONTI AGLI “AGENDISTI”: TRASPARENZA TOTALE DEI REDDITI DEI CANDIDATI E DICHIARARE I CONFLITTI D'INTERESSE DI CIASCUNO, COMPRESI QUELLI DELLA PROPRIA FAMIGLIA. UN CHIARO MESSAGGIO AI TRENI DI MONTEZEMOLO E AL SUOCERO DI CASINI 6. OK, PIERFURBY MOLLERÀ L’”IMPRESENTABILE” CESA. MA SE POI I VOTI NON ARRIVERANNO? 7. NULLA IMPEDIRà A MARONI DI ACCORDARSI PROPRIO CON IL PD NO-MONTI DOPO LE ELEZIONI

DAGOREPORT
A prescindere dai consumi mai così bassi e dal mood mai così preoccupato degli italiani (che anche nella post comunista Emilia hanno affollato come e più di sempre le chiese di città e le chiesette di paese per la Messa di mezzanotte), il Natale regala qualche ora di tregua anche ai politici che stanno provando a traghettare se stessi dalla Seconda alla Terza Repubblica.

Una calma molto breve e solo apparente, amplificata dall'assenza dei giornali e dal ricercato e mieloso buonismo televisivo. In realtà, tutti i nodi restano da sciogliere e le prime risposte vere si avranno, soprattutto per i destini della zattera di Monti Mario, entro i primi dieci giorni di gennaio, data entro la quale bisognerà presentare al ministero degli Interni le firme, le liste e, in base alla legge elettorale vigente, soprattutto l'indicazione del candidato premier. E' allora che vedremo, ad esempio, se i centristi avranno avuto il diritto di usare il nome del premier dimissionario. Nel frattempo, alcune cose di qualche rilievo stanno succedendo anche in queste ore. Ecco le principali.

1.Il giorno dopo la conferenza stampa di Monti, Casini, Montezemolo e Riccardi si sono affrettati ad incontrarlo per consegnarsi praticamente senza condizioni, affermando di condividere agenda, loden e omaggio formale alla signora Merkel prima di ogni altra cosa. Il professore, che tutto questo dava per scontato, passava invece subito ad elencare le sue precondizioni, cioè il minimo per poter poi decidere se spendere qualche parola del suo futuro decalogo in loro favore: innanzitutto trasparenza totale dei redditi dei candidati, non soltanto statica ma dinamica rispetto alla formazione stessa di tali redditi. Ha chiesto, in pratica, di spiegare on line come si sono formati nel tempo eventuali proprietà, titoli o depositi bancari.

E, poi, secondo le ricostruzioni più credibili che circolano tra una telefonata di auguri e l'altra, ha alzato il tiro, ricordandosi di essere stato commissario europeo alla concorrenza. Ha chiesto di dichiarare i conflitti d'interesse di ciascuno, in relazione alle attività economiche proprie e/o di membri della propria famiglia. Un chiaro messaggio ai treni di Montezemolo e al suocero di Casini.

2. Se quanto sopra e' un punto a favore di Mosé Monti, questo significa tuttavia che il Prof sta ancora sfogliando la margherita e lo farà sino all'ultimo minuto disponibile perché, in realtà, egli punta tutto non sulle elezioni, come dovrebbe essere in ogni paese davvero democratico, ma sul dopo elezioni. Il suo obiettivo non e' quello di candidarsi premier ma quello di diventarlo comunque per la fragilità delle soluzioni che potranno uscire dalle urne, per i deputati e senatori che potranno confluire dopo e per l'esplicito appoggio internazionale di cui, a torto o a ragione, gode.

Mosé Monti sa bene oltretutto, come gli ha più volte spiegato negli incontri a Palazzo Chigi l'esperto di flussi elettorali del Sole 24 Ore, D'Alimonte, che il suo nome sulla lista o sulle liste dei centristi aggiunge ben poco. Questo spiega bene anche la sua schizzinosità verso i centristi: non vuole contaminarsi, pur sapendo che i voti da quelle parti li hanno personaggi che hanno una consolidata presenza sul territorio nelle forme che si possono definire clientelari se non stanno con te, molto radicati nella società civile se i voti li fanno confluire su di te.

Ne è pensabile davvero che Matteo Renzi possa far convergere i suoi voti sull'ex premier: Bersani onorerà l'accordo mettendo in lista gli uomini del sindaco, il quale resta nel partito pronto a giocarsi il radicamento che ha dimostrato proprio nelle regioni rosse, uomini e voti che sarebbe improprio tentare di trasferire verso lidi centristi.

3. Qui si arriva al cuore del problema. Siccome (nonostante Mosé Monti ne farebbe volentieri a meno) le elezioni ci saranno, e' sui probabili risultati di queste che bisogna ragionare. Si vede a occhio nudo allora che lo scontro non e' affatto, come e' sembrato dalle corrette e tuttavia ingannatrici cronache della conferenza stampa fiume di domenica scorsa, tra l'ex premier e Berlusconi Silvio, ma tra Mosé Monti e Bersani Pierluigi.

Mosé Monti spiegherà al leader del PD che e' meglio per l'Italia se lui farà il vicepresidente del Consiglio, che così si vuole là dove si puote e metterà il probabile vincitore delle elezioni di fronte a due alternative: essere a sua volta espressione di ambienti che nulla hanno a che fare con la sovranità popolare, oppure rimanere un socialdemocratico europeo, quindi rappresentante a pieno titolo di una delle grandi tradizioni politiche europee, ma alleato della Camusso e di Vendola con tutte le contraddizioni del caso.

In ogni caso, Bersani Pierluigi sarebbe il primo postcomunista italiano ad arrivare a Palazzo Chigi attraverso le elezioni e dopo l'investitura delle primarie (come e' noto D'Alema Massimo sostituì Prodi Romano con una congiura di Palazzo orchestrata da Francesco Cossiga) e lo scontro con Mosé Monti porrebbe Re Giorgio Napolitano di fronte ad un nuovo dilemma: egli ha già detto che incaricherà il vincitore delle elezioni, ma se tale vincitore non lo fosse del tutto, se non avesse la maggioranza in Senato? E' su questo che punta l'attuale inquilino pro tempore di Palazzo Chigi.

Sono queste le ragioni principali per le quali, nonostante il fair play che i due hanno cercato di dimostrare finora, la campagna elettorale non potrà che mettere di fronte due soluzioni molto alternative e radicali. Da una parte il possibile governo della Merkel, della Fiat di Marchionne, delle operazioni di sistema di Passera che impongono ancora la presenza del medesimo per non scoperchiarne gli altarini, del cemento in crisi di Caltariccone e dei treni di Montezemolo; dall'altra l'esercizio della volontà popolare sia pure effettivamente appesantita dal blocco conservatore della CGIL.

4. I rischi di questa alternativa sono ben presenti anche a Mosé Monti, il quale sa bene che non può promettere altro che lacrime e sangue come gli chiede apertamente la stampa tedesca, ma sa anche che in campagna elettorale non basta parlare genericamente di crescita e si e' accorto benissimo di avere un'agenda inesistente, nonostante la stampa amica continui a magnificarla.

Come si fa infatti, da sociologo dilettante, a rinviare tutto alla mancanza di nascite e allo scarso ruolo delle donne nel lavoro se la crisi colpisce innanzitutto i giovani e le donne? Come si fa a far lavorare i giovani se la riforma Fornero lascia nelle aziende torme di anziani, senza contare che la vergogna tutta tecnica degli esodati riemergerà pesantemente in campagna elettorale?

Come si fa a nascondere il fatto che la spremitura degli italiani serve innanzitutto a pagare la nostra quota nei fondi europei per i salvataggi, salvataggi che fortunatamente non riguardano il nostro Paese ma che se dovessero davvero riguardarlo non e' detto che la Germania acconsenta?

Come si fa a fare una riforma del lavoro come quella della Fornero, che ha pesantemente irrigidito la flessibilità in entrata costringendo le aziende a non confermare migliaia di contratti che sarebbero stati mantenuti con soddisfazione reciproca dei giovani e delle aziende stesse, e a proclamarsi poi di fatto più marchionniani di Marchionne, come la sceneggiata di Melfi ha dimostrato? Cosa farà Mose' Monti dell'Alitalia, che e' in una situazione disperata ma nessuno ne parla? Come farà ad accusare Berlusconi senza tirare in ballo Passera Corrado, suo autonominatosi vice leader massimo?

5. Se quanto sopra sconsiglia vivamente Mosé Monti a partecipare direttamente ad una qualsiasi campagna elettorale, tutte le sue tavole della legge rimbalzano in faccia ai centristi che le hanno acriticamente sottoscritte. Casini Piercasinando le userà per liberarsi dell'Udc, come già qualche volta avrebbe voluto fare, ma consegnando contemporaneamente all'ex premier una grandissima polpetta avvelenata.

Quando si discuterà della candidatura del ragionier Cesa Lorenzo, l'uomo che per chi si ricorda qualcosa della Prima Repubblica ricopre nell'Udc il ruolo di Giovanni Prandini nella Dc, cosa farà Pierfurby? Dirà di sì, questo e' certo, per salvare se stesso e farà di fatto smantellare il suo partitino da Mosé Monti. Ma se poi i voti non arriveranno? Voti che l'uomo-agenda di certo non può aspettarsi dai profughi berlusconiani: non a caso, Formigoni Roberto con le truppe cielline che gli sono rimaste ha deciso di restare dov'è perché avrebbe seriamente rischiato di portare voti e di essere scaricato.

E chi saranno gli imprenditori e i cosiddetti esponenti della società civile che si candideranno in una situazione simile? Gli imprenditori, se hanno un'azienda, devono occuparsene e poi tutti hanno potuto vedere le parabole di tal Calearo, candidato da Veltroni e finito con Berlusconi tra i Responsabili, e di Colaninno Matteo, carriera parlamentare certo più dignitosa ma del tutto ininfluente.

Quanto alla "società civile", basta ricordarsi che (a parte il nucleo duro di Publitalia) con il primo Berlusconi si candidarono soltanto quelli che non avevano un lavoro. Vinsero e vennero eletti ma si e' visto in questi anni di che qualità, politica e non, fossero. Ma con Mosé Monti non si annunciano cavalcate trionfali ed e' facile prevedere che la società civile (o, per questo, incivile) se ne starà a casa senza rischiare nulla, visto che nulla vuol rischiare il suo presunto condottiero.

6. E' vero che a Bersani Pierluigi, Vendola e la CGIL potranno risultare indigesti, come già avvenne a Prodi con la stessa CGIL e con Bertinotti Fausto al posto del governatore della Puglia. Ma se molte cose si giocano dopo le elezioni, va osservato da vicino il percorso di Maroni Roberto: ha fatto l'accordo con il Pdl per la Lombardia ma andrà probabilmente da solo sul piano nazionale. Maroni proviene culturalmente dalle fila della sinistra, e' stato un buon ministro degli Interni (o almeno la sinistra non gli ha mai addebitato porcherie) e se mette insieme un discreto gruzzolo di voti niente gli impedisce di accordarsi proprio con il PD dopo le elezioni portando in dote il voto di parte del Nord, proprio dove Bersani e' più debole. Certo non lo farebbe per riportare Mosé Monti a Palazzo Chigi.

7. Un pensiero grato a Re Giorgio Napolitano per quanto ha promesso di fare per rispettare la sovranità popolare e la legalità costituzionale. Per questo gli facciamo sconto del fatto che qualcuno, indovinate chi?, continua a violarla. Anche Lamberto Dini, il predecessore tecnico di Mosé Monti, per le elezioni del 1996 fece il suo partitino ma affitto' subito un appartamento a Roma, in corso Vittorio Emanuele, per la sua attività politica, evitando di usare Palazzo Chigi per la bisogna. Peccati veniali, certo, visto che l'uomo-agenda ancora non ha deciso e comunque non ci metterà la faccia. Come quello di restare in carica per gli affari correnti e, di fatto, proporsi come alternativa elettorale alle due maggiori forze che lo avevano sostenuto.

Quanto al Suo ultimo discorso, gentile Presidente della Repubblica, se possiamo permetterci, Le suggeriamo di: guardare alla reale situazione del Paese, che non e' allegra; ricordare che questa non deve far dimenticare le regole democratiche e la sovranità popolare che viene prima di tutto, anche nell'interdipendenza della globalizzazione; ringrazi la Bce e Mario Draghi e non solo Mosé Monti (cosa che pure sarà costretto a fare); soprattutto, si ricordi che con il Suo discorso di fine anno può esercitare ancora una fortissima moral suasion sull'anomalia istituzionale italiana che sempre più gli osservatori internazionali ritengono tale.

 

BERSANI MONTI BERSANI E MONTI A CERNOBBIOcasini monti monti fini montezemolo casini bonanni bocchini Merkel, Silvio Berlusconi, Mario Montiriccardi monti alfanoROBERTO DALIMONTE CASINI BERLUSCONI MONTI Pierluigi Bersani Silvio Berlusconi Romano Prodi Pierferdinando Casini Mario Monti Angela Merkel PIER LUIGI BERSANI E MARIO MONTI NICKI VENDOLA SUSANNA CAMUSSO NICKI VENDOLA SUSANNA CAMUSSO renzi, vendola, bersaniNICHI VENDOLA E PIERLUIGI BERSANI vendola-bersani-vignetta.gifPassera alitaliaSERGIO MARCHIONNE E MARIO MONTIMALGERI CASINI CESA MATTEO COLANINNO E D ALEMA MATTEO COLANINNO SCILIPOTI CALEARO CESARIO maroni e formigoni FLAVIO TOSI MATTEO SALVINI ROBERTO MARONI jpegMARIO MONTI E GIORGIO NAPOLITANOISABELLA VOTINO E ROBERTO MARONI jpeggiorgio napolitano EZIO MAURO CARLO DE BENEDETTI GIORGIO NAPOLITANO

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