E SE MONTI NON BASTASSE AL PD? - SE IL BANANA RECUPERA E IL “CENTRINO” VA PEGGIO DEL PREVISTO, BERSANI POTREBBE NON GOVERNARE A PALAZZO MADAMA NEANCHE CON I VOTI PIERFURBINI - IN QUEL CASO IL PD CHIEDEREBBE DI SCIOGLIERE IL SENATO E TORNARE AL VOTO - E COSA FARÀ IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA? - JENA: “DOPO I RISULTATI ELETTORALI BISOGNERÀ AIUTARE IL GURU DI MONTI A USCIRE DALLA DEPRESSIONE”…

1 - AIUTI...
Jena per "la Stampa"
- Dopo i risultati elettorali bisognerà aiutare il guru di Monti a uscire dalla depressione.

2 - SE NON BASTASSERO I SEGGI DI MONTI IL PD CHIEDERÀ DI RIVOTARE AL SENATO
Carlo Bertini per "la Stampa"

Solo a parlarne la reazione degli interlocutori ai piani alti è di quelle tipicamente scaramantiche, gli aggettivi si sprecano, chi la chiama ipotesi «sciagurata», chi «catastrofica», ma almeno in teoria potrebbe avvenire pure questo: che chiuse le urne, pur avendo una forte maggioranza alla Camera, il centrosinistra non abbia i numeri al Senato per governare neanche con i voti dei centristi. Sul punto i pareri degli esperti divergono, c'è chi sostiene che sondaggi alla mano è uno scenario impossibile, chi invece lo mette in conto: nel caso si perdessero le principali regioni a rischio e la lista Monti andasse molto meno bene del previsto, i voti dei centristi potrebbero rivelarsi insufficienti.

O utili magari a far superare solo di poco la soglia di 157 voti necessari: rendendo impraticabile quella larga maggioranza necessaria a ricostruire il paese che Bersani vuole assicurarsi. E che nella plancia di comando del Pd abbiano tenuto in conto tutte, ma proprio tutte le opzioni, compresa quella più «sciagurata», lo dimostra il fatto che il candidato premier saprebbe già come regolarsi: con quella che gli uomini di Bersani chiamano «una decisione politica già presa».

Ogni qualvolta che gli si pone un quesito del genere, il leader Pd risponde che «non esiste assolutamente» alcuna possibilità di larghe intese con Berlusconi sotto alcuna forma. E da questa linea della fermezza si può dedurre che sarebbe impensabile che il Pd possa accettare un eventuale appoggio esterno, o imbarcarsi in trattative per cedere Palazzo Chigi a Monti o la presidenza della Camera al Pdl; o tantomeno accordi sul Quirinale in cambio di più larghe intese.

Insomma, Bersani ha già deciso che nel caso «più catastrofico» il Pd chiederebbe di sciogliere solo uno dei due rami del Parlamento e di tornare a votare per il Senato. Un'opzione che in due casi si realizzò, nel 1953 e 1958, quando la Costituzione ancora non prevedeva la stessa durata per le due Camere. Tanto che nel '63 si approvò una riforma che portò a cinque anni la lunghezza della legislatura a Palazzo Madama. Ma sarebbe una soluzione di ardua praticabilità, se non altro per le resistenze che incontrerebbe negli altri attori della partita; senza contare il ruolo centrale del Capo dello Stato, al quale spetterebbe l'ultima parola. Insomma, sarebbe un guazzabuglio.

A tirar fuori per primo qualche giorno la possibilità di uno sbocco del genere in Senato, il politologo Roberto D'Alimonte. «Se Monti scende sotto l'8% in diverse regioni - spiega il professore - cambierebbe tutto lo scenario. Ma al momento, da quello che vediamo in molti sondaggi, compreso Ipsos, la coalizione di Monti è intorno al 14-15% su base nazionale: e sarei molto sorpreso se scendesse all'8% in alcune regioni. Dunque sulla base delle tendenze che vediamo ora, è molto improbabile che si verifichi».

Bersani le sta tentando tutte per assicurarsi una maggioranza assoluta, ha pure fatto presentare al piemontese Portas la sua lista col simbolo «I Moderati» al Senato in Lombardia e Sicilia, per rosicchiare qualche punto, dato che nelle regioni a rischio i giochi sono ancora aperti.

E il leader Pd accentua gli attacchi nei confronti di Monti per competere con lui, pur sapendo che potrà aver bisogno dei suoi numeri. E in ogni caso è solo a Monti e non ad altri, neanche a Ingroia, che potrà rivolgersi dopo il voto, «perché il paese ha bisogno di un governo stabile e non di un governo che dura un anno e poi si rompe», dicono i suoi uomini.

«Se lo mettano in testa tutti e non ci vengano a proporre una ipotesi del genere in nessun caso». E su questo punto, i massimi dirigenti del Pd sono concordi: trincerandosi dietro l'anonimato, confermano che nel caso più «malaugurato» si chiederebbe di rivotare al Senato: «Perché se il popolo dice con chiarezza chi vince alla Camera e per via del meccanismo contorto questa maggioranza non si esprime a Palazzo Madama, sarebbe legittimo fare una richiesta del genere», spiega uno dei pezzi grossi. «Ma anche se Berlusconi vincesse le 4 regioni a rischio noi e i centristi ce la faremmo da soli a governare. Certo tutto è possibile, ma in quel caso sarebbe un cortocircuito».

 

VIGNETTA BENNY SU LIBERO MONTI STAMPELLA DI BERSANI italia giusta bersani MONTI PALAZZO MADAMA - SENATO DELLA REPUBBLICABERLUSCONI PISTOLA PUNTATA A CASINI QUIRINALE jpegBERSANI E PORTAS FOTO INFOPHOTO ANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTA

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...