MATTEUCCIO (SOTTO SOTTO) TIFA PER LA SFIDUCIA? - SE LETTA LA SFANGA (MA QUANTO DURA CON UNA MANCIATA DI VOTI DI MAGGIORANZA?), RENZI RESTA IN PANCHINA ALTRI DUE ANNI

Carlo Bertini per "La Stampa"

Tutti con Letta, ma solo se spacca il Pdl e se riesce in un'operazione che avrebbe «una portata storica»: togliere dal governo l'impronta di Berlusconi, ormai non più digeribile dal Pd e dalla sua base. Tutti compatti, nel terrore che il Cavaliere in nottata faccia retromarcia, una mossa che getterebbe il Pd nel panico e il fantasma da scacciare è questo. Consapevoli dei rischi anche elettorali che un Letta bis pure se de-berlusconizzato, tra qualche mese potrebbe comportare.

Ma la linea del Pd è questa, «per ora senza subordinate», lo dimostra l'applauso con cui in serata si chiude senza nessun intervento l'assemblea dei gruppi parlamentari: aperta da Epifani con la rivendicazione di un merito, «se finisce come spero, è anche merito nostro». E la garanzia che la rottura ci sarà: «Enrico mi ha detto che il suo sarà un discorso molto fermo, senza sconti e netto». Ma una giornata da incubo, con voci d'ogni sorta a turbare gli animi, dimostra che come sempre dietro all'unità di facciata convivono preoccupazioni ben diverse.

Tutti allineati dunque per ora, compreso Matteo Renzi, al quale Enrico Letta ha chiesto l'altro ieri cosa avesse intenzione di fare di fronte a una prospettiva di questo tipo: un Pdl diviso con Berlusconi fuori gioco. Incalzato, il premier, da Alfano che gli chiedeva garanzie sul fatto che il rottamatore non avrebbe fatto saltare tutto se pure lui si fosse imbarcato in un'operazione simile. Renzi ha subito detto che sarebbe venuto a Roma per dare un segnale di lealtà: siglando così una sorta di tregua, che come viatico ha avuto pure la rassicurazione pronunciata ieri mattina da Epifani in segreteria che le primarie si faranno sì l'8 dicembre.

Falso però che i due abbiano sottoscritto patti sul 2015 come durata limite del governo in cambio di una non belligeranza, almeno così dicono i renziani. Vero invece che il sindaco, malgrado in molti lo spingano a far saltare il banco, abbia deciso di stare fermo: garantendo che non farà trabocchetti, «nessun baratto, ma non ho intenzione di far tranelli, sono una persona seria». Anche se è ben conscio delle controindicazioni. Se oggi nasceranno le nuove larghe intese, tutto concorrerebbe per impedire un ritorno alle urne a breve o medio termine, «perché quelli là, alfaniani e non, avrebbero una paura fottuta di tornare a votare», ragionano i suoi.

Ed è indicativa la reazione di Renzi di fronte ai lanci di agenzia sul presunto patto per il 2015 con Letta: «Spero che prevalga l'interesse del Paese. E continuo a fare il tifo per un Governo solido che faccia bene per le famiglie, per le imprese, per l'Italia. Tutto il resto lo lascio ai professionisti della chiacchiera».

Invece, un'altra preoccupazione l'ha espressa al premier Gianni Cuperlo, dopo che per tutto il giorno gli ex Ds tremavano al solo sentir dire che Berlusconi stava per rientrare. «Se finisce così non reggiamo, ci vuole una rottura, se no lasciamo una prateria a Renzi e quando torniamo a casa i nostri ci sparano pure addosso», sbottavano due segretari regionali di peso. Che via sms avvisavano Epifani di fare qualcosa subito. Un incubo che attraversava tutte le tribù, «Enrico deve stare attento, in Senato non può arretrare di un passo dalle cose che ha detto in tivvù», sibilava la Bindi.

Ma gli animi si calmavano solo dopo le rassicurazioni giunte da chi di dovere: Letta non avrebbe accettato i voti di Berlusconi e dei suoi falchi e non avrebbe trattato nulla. Sollievo.

 

 

Matteo Renzi Matteo Renzi Matteo Renzi GUGLIELMO EPIFANI ENRICO LETTA NEL DUEMILATRE FOTO LAPRESSESilvio berlu Guglielmo Epifani Rosy Bindi

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