SPOSATEVI PURE, ARRIVA IL DIVORZIO BREVE! - L’ITALIA BACCHETTONA HA UNO DEGLI ITER PIÙ LUNGHI D’EUROPA: TRE ANNI! - IN SVEZIA LO SCIOGLIMENTO DELLE NOZZE È AUTOMATICO SE LA RICHIESTA È CONSENSUALE

1. DIVORZIO IN MENO DI UN ANNO LA CAMERA CI RIPROVA - L'ITALIA HA UNO DEGLI ITER PIÙ LUNGHI. OGGI LA NUOVA PROPOSTA IN COMMISSIONE
Francesca Schianchi per ‘La Stampa'

Dodici mesi per ottenere il divorzio; anche meno, solo nove, se l'accordo è consensuale e non ci sono figli minorenni. È questa la proposta che faranno oggi pomeriggio, in commissione Giustizia alla Camera, i due relatori della legge sul divorzio breve, tentando così di trovare una mediazione tra le sei diverse ipotesi avanzate da quasi tutti i partiti e facendo partire l'iter del provvedimento: una rivoluzione per migliaia di separati in attesa di divorzio, se riuscisse ad essere approvata in Commissione e poi in Aula.

Una netta riduzione dei tempi rispetto ai tre anni attuali, anche perché il calcolo non partirebbe più, come ora, dal momento in cui i coniugi si presentano davanti al presidente del Tribunale, ma già alla presentazione della domanda. Il Parlamento italiano ci riprova, a mettere mano alla legge che nel 1970 istituì il divorzio, sottoposta a referendum quattro anni dopo.

«L'Italia è tra i Paesi europei in cui i tempi per ottenere lo scioglimento del matrimonio sono più lunghi, altrove spesso è sufficiente un atto amministrativo», spiega Alessandra Moretti del Pd, relatrice del provvedimento insieme al forzista Luca D'Alessandro. In Francia, Olanda, Inghilterra e Germania il tempo per ottenere il divorzio spazia da pochi mesi a due anni, mentre in Svezia lo scioglimento delle nozze è addirittura automatico se la richiesta è consensuale, si prolunga per sei mesi se uno dei due si oppone.

«Come avvocato mi occupo di diritto di famiglia, e so che la lunghezza dei tempi spesso esaspera il conflitto tra i coniugi, a tutto danno dei figli, e dello stesso sistema giudiziario», prosegue la Moretti. Sei sono le proposte presentate sul tema: due del Pd, una firmata da esponenti di Ncd e Fi, una del M5S, una di Sel e una del Psi.

Si va dai sei mesi da allungare a un anno se ci sono minori (il testo dei Cinque stelle, e, molto simile, quello dei socialisti) alla proposta del centrodestra, che accorcia i tempi a un anno in caso di separazione consensuale ma lascia validi i tre anni se ci sono bambini di mezzo. Nel tentativo di trovare una mediazione, Moretti e D'Alessandro hanno pensato alla proposta dei dodici mesi che possono scendere a nove. Consapevoli che, comunque, approvare questa legge non sarà una passeggiata.

Già altre volte il Parlamento è partito di slancio sull'argomento per poi arenarsi - l'ultimo tentativo fallito, nella scorsa legislatura - e tuttora all'interno dei partiti convivono opinioni diverse. «Personalmente credo che se una storia è finita aspettare tre anni significa solo incancrenire i rapporti. Ma so che nel mio partito coesistono visioni diverse», spiega D'Alessandro. Cosa che ammette anche la capogruppo di Ncd, Nunzia De Girolamo: «Tra noi ci sono sensibilità diverse. Faremo una riunione e cercheremo una sintesi». Oggi comincia il percorso, una volta presentati gli emendamenti si capirà se ci sono resistenze. La Moretti è fiduciosa: «Ce la possiamo fare a portare il testo in Aula entro fine maggio».

2. QUANTO PESA LA MALEDIZIONE DEL FALLIMENTO
Cesare Rimini per ‘La Stampa'*
*Ordinario di diritto privato alla Statale di Milano @carlorimini

l rapporto fra il diritto italiano e il divorzio è piuttosto tormentato. Molti ricordano il dibattito politico e sociale che portò all'approvazione della legge sullo scioglimento del matrimonio nel 1970. Una discussione che durò appena un lustro: cinque anni separano la presentazione del primo progetto del deputato socialista Loris Fortuna dall'approvazione della legge.

A cavallo del 1968 il Parlamento seppe raggiungere un risultato epocale: incredibili sembrano oggi quegli anni. Meno conosciuta è invece la data di nascita, molto più remota, del dibattito sul divorzio in Italia. È una data precisa, conosciamo persino l'ora: la sera tarda, molto tarda, dell'11 novembre 1563.

Quella notte si conclusero i lavori di una Sessione del Concilio di Trento con l'approvazione del corpo di norme sul matrimonio, il celebre Tametsi. Le cronache ufficiali raccontano che si giunse all'approvazione dopo una «feconda sintesi» fra posizioni divergenti: anche allora il linguaggio della diplomazia era felpato. Cronache meno ufficiali raccontano che nella sala dove si svolgevano i lavori del Concilio volarono le sedie (forse non solo in senso figurato).

Quale era il problema? A nord delle Alpi, le Chiese riformate ammettevano il divorzio sulla base della prova dell'adulterio di un coniuge e i Padri riuniti a Trento si interrogavano sulla opportunità di continuare a considerare il matrimonio come sacramento indissolubile. Ebbene, la Chiesa cattolica, dopo molto travaglio, definì la questione con due lettere «a. s.»: anathema sit!

Un anatema formidabile fu scagliato contro tutti coloro che ammettevano il divorzio. Due lettere che sono il punto di partenza della divaricazione fra il diritto di famiglia a nord e quello a sud delle Alpi. A distanza di quasi cinquecento anni, l'eco di quella lontanissima discussione risuona ancora minacciosa nelle aule del nostro Parlamento. Nel 1970 la politica seppe mediare fra le due anime della nostra gente: quella cattolica e quella laica. Il divorzio fu ammesso, ma solo dopo cinque anni di separazione legale (poi ridotti a tre, senza molto clamore, nel 1987).

Oggi la previsione di un periodo di separazione legale prima del divorzio appare come un relitto storico privo di senso. Perché imporre ai coniugi che vivono separatiti di rimanere sposati per tre anni? Per favorire la riconciliazione? Suvvia! Per tutelare l'interesse dei figli che i genitori siano ancora sposati? Se i genitori si separano i figli generalmente ne soffrono, ma il loro dolore non è minimamente affievolito dal fatto che formalmente il vincolo matrimoniale sia tenuto vivo per ulteriori tre anni. Eppure il nostro Parlamento si è mostrato negli ultimi anni assai meno pronto a governare il cambiamento della famiglia rispetto a quello del 1970.

Disegni di legge sul divorzio breve sono stati presentati in tutte le ultime legislature, ma non si è mai arrivati all'approvazione. Ci si arrivò molto vicini nel 2003 quando un disegno di legge fu votato all'unanimità dalla Commissione Giustizia della Camera ma, a sorpresa, fu bocciato dall'Aula. Sarà ora la volta buona? O, come si usa dire oggi, #lasvoltabuona? Nella speranza di essere smentiti, possiamo tentare una profezia: contro gli antichi anatemi, anche il più coraggioso getta la spugna... con gran dignità.

 

 

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