giuseppe conte decreto

''IL DECRETO'', LA PEGGIORE SOAP OPERA ITALIANA - STELLA: ''IL TESTO ANTI-CORONAVIRUS CONTIENE 123MILA PAROLE, 13 VOLTE LA COSTITUZIONE, IN UN ITALIANO INCOMPRENSIBILE. UNA FRASE TIPO: 'LE BANCHE…ANCHE IN DEROGA ALL' ARTICOLO 150-BIS, COMMA 2-BIS, DEL DECRETO LEGISLATIVO 1° SETTEMBRE 1993 N. 385, ALL' ART. 135-DUODECIES DEL DECRETO LEGISLATIVO 24 FEBBRAIO 1998, N. 58 E ALL' ARTICOLO 2539, PRIMO COMMA'. MA LE LEGGI PIÙ SONO IMPORTANTI E PIÙ DOVREBBERO ESSERE CHIARE''

Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera

 

Ma i burocrati nostrani hanno mai letto Ludovico Muratori? «Quanto più di parole talvolta si adopera in distendere una legge, tanto più scura essa può divenire». La risposta, tre secoli dopo, è tutta nel «Testo coordinato delle ordinanze di protezione civile» del 24 marzo: 123.103 parole. Tredici volte più di quelle dell' intera Costituzione italiana del 1947. Un delirio. Che rischia di minare lo stesso sforzo straordinario compiuto in queste settimane da altri pezzi della pubblica amministrazione.

 

decreto anticoronavirus

Spiegava nel 1742 il grande erudito nel libro Dei difetti della giurisprudenza: «I sottili osservatori della legge, per accomodarle al loro bisogno, lambiccano ogni parola, ogni sillaba, virgola e punto, e mettono in forse quello che forse ha voluto dire, ma forse non ha assai limpidamente espresso il legislatore». Questo è il nodo. Giudicherà la storia, come lui stesso ha detto, se Giuseppe Conte e il governo hanno fatto quanto potevano contro il coronavirus.

 

Ma certo, come spiegava martedì Sabino Cassese, «non si comprende perché i nostri governanti continuino a scrivere proclami così oscuri».

Il guaio è che non puoi manco dare la colpa a questo o quel burocrate: qui è impazzito, attorcigliandosi su se stesso nel tentativo di tenere insieme leggi, leggine, commi e sottocommi, l' intero sistema.

 

 Tanto che ti chiedi se l' unica soluzione non sia il «metodo Pedro Camacho» di cui scrive Mario Vargas Llosa in La zia Julia e lo scribacchino. Dove il «Balzac creolo» che inventava strepitose storie per Radio Lima comincia a confondere i personaggi delle varie radionovelas in un caos tale da non lasciargli che una via di scampo: liberarsi via via di tutti i personaggi tra naufragi e terremoti per poter ricominciare daccapo.

GIAN ANTONIO STELLA

 

Certo, era impossibile azzerare in questo momento di gravissima emergenza la massa immensa di regole accumulate nei decenni. Ma in quel «Testo coordinato delle ordinanze di protezione civile» ci sono strascichi inimmaginabili. Come l' uso delle deroghe su cui ironizzava Stendhal: «La maggior parte degli atti di governo papali sono una deroga a una regola, ottenuta grazie al credito d' una giovine donna o di una grossa somma». Due secoli dopo, nel testo lungo 295 pagine («una follia assoluta», ha scritto Franco Bechis), la parola «deroga» è presente 131 volte.

 

Tante.

Per non dire dell' incipit del decreto: 12 «visto» e «vista», 2 «considerato» e «considerati», 1 «ritenuto», 1 «tenuto conto», 1 «su proposta e due 2 «sentiti» per un totale di 19 premesse. O dei grovigli: «Per l' anno 2020, i termini del 16 marzo di cui all' articolo 4, commi 6-quater e 6-quinquies del decreto».

 

DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE

Fino alle leccornie: «Le banche popolari, e le banche di credito cooperativo, le società cooperative e le mutue assicuratrici, anche in deroga all' articolo 150-bis, comma 2-bis, del decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385, all' art. 135-duodecies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e all' articolo 2539, primo comma» Ma cos' è, questo «art. 135-duodecies»? Come può un cittadino capire qualcosa (in questi giorni poi!) di parole come «duodecies» usate solo nei testi iperspecialistici e spiegate solo in libri antichi come il «Dizionario italiano, latino, illirico» di Ardelio Della Bella stampato a Venezia nel 1728?

 

Lo stesso decreto firmato da Domenico Arcuri, il commissario agli approvvigionamenti contro il Covid-19, non brilla per semplicità. Le regole per il reperimento di «dispositivi di protezione individuale» (occhiali protettivi o visiere, mascherine, guanti e tute di protezione) sono elencate chiedendo in certi casi, ad esempio, «una specifica dichiarazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Art. 5» o una «relazione tecnica asseverata da parte di un tecnico abilitato iscritto all' albo» «Richieste legittime, perché troppi fanno i furbi», riconosce Fabio Franceschi, che con Grafica Veneta è tra i primi stampatori di libri europei e ha appena riconvertito parte del suo stabilimento per fare mascherine: un milione e mezzo al giorno, i primi due milioni di pezzi donati alla Regione Veneto che gli aveva dettato le linee guida.

DOMENICO ARCURI

 

Più le regole sono serie, più dovrebbero essere chiare a tutti.

Lo spiegava già, su un Panorama del 1977, Tullio de Mauro: «Da una parte dobbiamo essere tutti rispettosi delle terminologie tecniche, e anche del parlare difficile quando questo è dettato da necessità tecniche. Il matematico deve parlare da matematico, e se uno scienziato fa una conferenza sul cosmo, forzatamente deve servirsi delle parole adatte. I microbiologi non sono obbligati a farsi capire da tutti».

 

Ma «l' avviso sulle carrozze ferroviarie no. Il suo messaggio è spiegarmi che devo pagare 800 lire di multa se sporco la vettura. Deve essere scritto in modo che lo capiscano tutti». Vale per i treni, vale per le norme dettate alle persone che non devono uscire di casa, vale per tutte le leggi dello Stato. Ma ancor di più in momenti come questi, dove si toccano tra l' altro delicate libertà civili.

 

Lo stesso Tullio de Mauro, che nella sua (breve) esperienza di ministro patì come una piaga la propria impotenza davanti al linguaggio della cattiva burocrazia (c' è anche quella buona, si capisce, ma sul linguaggio), sottolineava «l' eccezionalità linguistica della Costituzione rispetto alla frustrante illeggibilità del corpus legislativo italiano».

 

tullio de mauro

Rileggiamo: illeggibilità. E nel saggio Itabolario curato da Massimo Arcangeli scrisse la voce «Costituzione» esaltando l' uso di sole «9369 parole» (ripetiamo: un tredicesimo del decreto di oggi) e il fatto che esse «sono le repliche, le occorrenze di 1357 lemmi. Di questi 1002 appartengono al vocabolario di base italiano» e solo «335 su 1357 sono dunque estranei».

 

A farla corta: ben il 74% delle parole erano usate e capite da tutti gli italiani. Possono dire, i «tecnici» che oggi confezionano le leggi chieste da chi è il governo, di destra o sinistra che sia, di aver ancora come primo obiettivo quello di essere compresi dai cittadini? Mah.

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."