TEATRO GRECO - MENTRE MILIONI DI CITTADINI GRECI ERANO COSTRETTI A OGNI GENERE DI SACRIFICIO, MIGLIAIA DI DIPENDENTI PUBBLICI VENIVANO LICENZIATI, LA BENZINA VERDE SCHIZZAVA A 2 EURO E L’IVA ARRIVAVA AL 23%, LA BANCA CENTRALE GRECA SPENDEVA 50 MLN € IN PUBBLICITÀ - L’AD TAMBAKAKIS BUTTAVA SOLDI IN PUBBLICHE RELAZIONI SENZA AVERE VANTAGGI EFFETTIVI IN CAMBIO - E PARE CHE L’EX PREMIER PAPANDREOU NE FOSSE A CONOSCENZA…

Francesco De Palo per "Il Fatto Quotidiano"

Più di cinquanta milioni di euro in inserzioni pubblicitarie su giornali e televisioni, pagati con soldi pubblici e senza trasparenza, dalla Banca Nazionale di Grecia nel biennio terribile della crisi 2009-2011. Senza un ritorno effettivo per la banca, il cui amministratore delegato invece ha utilizzato soldi pubblici per fare pr e ammorbidire la stampa nazionale.

Il fuoco dello scandalo è svelato dal settimanale greco Pressing che pubblica l'elenco di quotidiani, settimanali e canali televisivi (con date, cifre e numero di pagine) che hanno usufruito di tanta grazia proprio nel biennio maledetto. Due anni in cui è partito il quasi default ellenico e nei quali gli undici milioni di cittadini greci hanno dovuto ingoiare le restrizioni contenute nel memorandum della troika, mentre ministri e grande stampa si accomodavano al "banchetto".

Secondo quanto scritto da Pressing in una lunga e articolata inchiesta, l'ad Apostolos Tambakakis avrebbe persino scomodato il primo ministro di allora, Georgios Papandreou in persona, per avere il nulla osta all'operazione. Al numero uno del Pasok e figlio d'arte, inoltre, chiese anche quanto e a chi di preciso la banca avrebbe dovuto concedere. In soldoni a quale testata dare di più e a quale dare di meno.

Un interrogativo che Tambakakis rivolse anche ai ministri di quel governo targato Pasok, verosimilmente per compiacere i media che ricevevano così tanta generosità proprio nei mesi in cui a causa della crisi l'intero settore comunicativo subiva un crollo del 60%, tra quotidiani e periodici non acquistati e giornalai che chiudevano (e chiudono) uno dopo l'altro.

Ma ad inquietare non è soltanto il sistema (seppur fuori luogo nella Grecia di oggi) delle inserzioni o degli annunci a pagamento che un ente pubblico sceglie di mettere in pratica, quanto che lo abbia fatto la banca nazionale più in difficoltà del continente e senza i parametri abituali. La domanda da porsi a questo punto è: di chi erano quei denari?

Certamente non dell'amministratore delegato che li ha riversati sui media in questione, né di Papandreou che svolgeva un incarico a tempo (il primo ministro), né degli altri suoi ministri. Bensì dei piccoli azionisti che oggi devono scontrarsi con la dura realtà di una svalutazione dei titoli, con la cronica mancanza di liquidità, con una crisi essenzialmente bancaria e, di conseguenza, drammaticamente sociale che imperversa nel paese.

Si va dai 250.000 euro dati in una sola settimana al giornale Ethnos del gruppo Bobola per la sponsorizzazione, agli stessi importi destinati al quotidiano Kathimerini del gruppo Alafouzos. Passando per i canali Mega e Skai, oltre a inserti domenicali anche di una pagina pagati a colpi di 10mila euro.

E lo scandalo non si ferma alla cifra, 51 milioni, ma riguarda anche la ratio, una sorta di fondo perduto senza ritorno. Ecco come funzionava l'inghippo: il mercato della pubblicità a pagamento in Grecia funziona con tre elementi. Il soggetto che investe, lo strumento che pubblica (carta stampata o tv) e il cosiddetto "GRPs", un codice con il quale si intende la percentuale di utenti che in media si ritiene saranno colpiti da quel messaggio, con una precisa ricaduta sul committente che investe denaro nella pubblicità.

In questo caso la Banca Nazionale di Grecia ha elargito un fiume di euro senza indicare alcun canone "GRPs". In sostanza nel biennio in cui la troika chiedeva ai cittadini (e otteneva obtorto collo) gli immensi sacrifici di cui in questi mesi si è dato conto (150mila dipendenti pubblici licenziati, pensioni e stipendi ridotti del 20% ma a settembre saranno abbassati di un altro 5%, benzina verde schizzata a due euro e iva salita al record del 23%), l'ad della banca di Grecia ha pensato bene di investire in pubbliche relazioni con i soldi della banca.

E nonostante uno stipendio mensile da 20mila euro. La magistratura ha aperto un'inchiesta, ma il danno è fatto e aggiunge fiele e amarezza a un panorama che definire difficilissimo è un eufemismo. Dove la classe dirigente continua ancora a non dare il buon esempio: oltre ai rimborsi elettorali milionari che in questi giorni i partiti greci si stanno auto assegnando, pochi giorni fa l'ex premier Papandreou pretendeva di imbarcarsi su un traghetto per l'isola di Samos senza aver acquistato il biglietto. Come dire che la troika, accanto a un piano di sacrifici e tagli per tutti, avrebbe dovuto forse predisporre un memorandum anche per chi la crisi ha causato.

 

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