
“TRUMP HA DETTO CHE NON CAPISCO MAI NIENTE? NON SONO COSE CHE MI TURBANO” – MACRON LIQUIDA LA BORDATA DEL TYCOON RICORDANDO CHE È STATO IL PRESIDENTE USA A PARLARE DI UN CESSATE IL FUOCO, APRENDO AL COMUNICATO CHE INVOCA UNA DE-ESCALATION IN MEDIO ORIENTE. “SE HA CAMBIATO IDEA, NON SONO IO IL RESPONSABILE DELLE OSCILLAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE AMERICANA” - IL FEELING SVANITO TRA I DUE: IL "TOY BOY DELL’ELISEO" AVEVA CRITICATO TRUMP PER LE SUE MIRE ESPANSIONISTICHE IN GROENLANDIA E SULLA VICENDA ISRAELE-IRAN: “LE PASSATE AZIONI MILITARI PER AVVIARE UN CAMBIO DI REGIME SONO STATE UN ERRORE STRATEGICO, SI RISCHIA IL CAOS”
Anais Ginori per repubblica.it - Estratti
Era cominciata otto anni fa con una vigorosa stretta di mano al G7 di Taormina: le nocche bianche, lo sguardo diretto, e poi l’intesa suggellata dalla parata militare sugli Champs-Élysées, la cena con le first ladies in cima alla Tour Eiffel.
La bromance tra Donald Trump ed Emmanuel Macron era stata effimera, seguita da schermaglie e momenti di freddezza. Ma tra i leader riuniti a Kananaskis solo il presidente francese ha frequentato così tanto il leader Usa, nella buona e nella cattiva sorte. «Ne ho fatti tanti di G7, è il privilegio dei veterani», ha ironizzato Macron, liquidando con sarcasmo l’ennesima bordata del tycoon.
«Che lo voglia o no, Emmanuel sbaglia sempre», ha scritto Trump su Truth, accusando il presidente francese di «cercare pubblicità» per aver collegato la sua partenza anticipata dal vertice all’urgenza di negoziare un cessate il fuoco in Medio Oriente. «Non ha idea del motivo per cui sto tornando a Washington. Ma non ha nulla a che vedere con un cessate il fuoco. È molto più grande di questo», ha aggiunto il leader Usa.
EMMANUEL MACRON - MARK CARNEY DONALD TRUMP - G7 KAnanaskis CANADA
Macron ha ridimensionato le accuse, parlando di «peripezie» nel rapporto turbolento con l’inquilino della Casa Bianca. «Non sono cose che mi turbano», ha precisato ai giornalisti, sottolineando che era stato Trump a parlare con gli altri leader di un cessate il fuoco, aprendo al comunicato che invoca una de-escalation in Medio Oriente. «Se ha cambiato idea, non sono io il responsabile delle oscillazioni dell’amministrazione americana», ha aggiunto Macron.
La tensione era nell’aria già da giorni. Macron aveva criticato apertamente Trump per le sue mire espansionistiche in Groenlandia. In una tappa simbolica a Nuuk, prima del G7, il presidente francese aveva ribadito la sovranità europea sull’isola artica, minacciata da progetti di annessione americana. Giunto in Canada, ha poi messo in guardia Israele dal rischio di un cambio di regime a Teheran attraverso l’offensiva lanciata contro l’Iran. «Tutti quelli che pensano di poter salvare un Paese bombardandolo dall’esterno si sbagliano. È già successo in Iraq, e il risultato è sotto gli occhi di tutti», ha detto, riferendosi all’intervento statunitense del 1991. Parole che potrebbero aver irritato Trump, da sempre incline a ipotizzare un rovesciamento del regime iraniano.
Il copione, in fondo, si ripete. Già nel 2018, al G7 di Charlevoix, Trump aveva lasciato il summit in anticipo per volare a Singapore dal leader nordcoreano Kim Jong-un. Anche allora ritirò la firma dal comunicato finale del vertice e attaccò il premier canadese Trudeau, definendolo «disonesto e debole». Macron reagì con fermezza: «La cooperazione internazionale non può essere dettata dalla rabbia e da dichiarazioni usa e getta».
L’anno successivo, a Biarritz, fu Macron a riuscire a disinnescare il temperamento esplosivo dell’alleato americano, grazie a un rapporto diretto e personale, cementato da una colazione in tête-à-tête durata oltre due ore. Sul tavolo c’erano l’Iran e la guerra commerciale. Come oggi. Il prossimo G7 si terrà a Évian, e sarà di nuovo Macron il padrone di casa. Ma nel secondo mandato trumpiano, il ruolo di “pontiere” si annuncia forse ancora più ingrato.
giorgia meloni emmanuel macron mark carney donald trump g7 di kananaskis in canada
«Non sono né Sisifo né Sacher-Masoch», aveva confidato Macron nel 2018, invitato al Congresso americano, evocando con una doppia immagine l’assurdità del compito e il dolore autoimposto di una relazione sbilanciata con Trump. Qualche mese dopo, si seccava la giovane quercia che il presidente francese aveva piantato nel giardino della Casa Bianca in segno di amicizia.
Eppure Macron resta tuttora convinto di avere un canale aperto con Trump, e di doverlo sfruttare nei limiti del possibile. «Non riesco sempre a convincerlo, ma mi ascolta»
emmanuel macron mark carney donald trump g7 di kananaskis in canada
FOTO DI GRUPPO AL G7 DI KAnanaskis IN CANADA
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