
“TRUMP E’ UN GUERRAFONDAIO” - L'EX ANCHOR DI FOX NEWS E FEDELISSIMO DEL PRESIDENTE USA, TUCKER CARLSON, SI INCAZZA CON IL TYCOON PER IL POSSIBILE INTERVENTO DEGLI STATO UNITI CONTRO TEHERAN: “NON MI CONVINCERETE MAI CHE IL POPOLO IRANIANO È MIO NEMICO”. POI DERIDE IL SENATORE TED CRUZ ACCUSANDOLO DI NON SAPERE NEMMENO QUANTI ABITANTI ABBIA L'IRAN – LO SCONTRO FINISCE A TARALLUCCI E VINO CON TRUMP CHE LO PERDONA: “È UN BRAVO RAGAZZO. MI HA CHIAMATO E SI È SCUSATO PER AVER DETTO PAROLE TROPPO FORTI" – ANCHE LA DIRETTRICE DELL’INTELLIGENCE NAZIONALE TULSI GABBARD REDARGUITA PER AVER DETTO CHE L’IRAN NON STA CERCANDO DI COSTRUIRE UN’ARMA NUCLEARE, SI RIALLINEA A TRUMP - VIDEO
Trump perdona il fedelissimo Carlson che lo ha attaccato su Iran
(ANSA) - "Tucker è un bravo ragazzo. Mi ha chiamato e si è scusato per aver detto parole troppo forti". Lo ha detto Donald Trump a proposito dello scontro tra Tucker Carlson e Ted Cruz. L'ex anchor di Fox news e fedelissimo del presidente ha detto di essere contrario ad un intervento militare degli Stati Uniti in Iran e ha criticato il tycoon definendolo un "guerrafondaio".
CARLSON
Estratti da linkiesta.it
Da tempo Carlson sta accusando Trump di aver tradito le promesse del 2016: niente guerre, nessuna “missione civilizzatrice”, solo difesa dell’interesse nazionale ristretto. Una lotta che condivide con una parte consistente della base Maga. Trump, invece, ha scelto una strada più ambigua, ma oggi sempre più chiara.
Sostegno pieno a Israele, apertura alla possibilità di un intervento diretto contro l’Iran, minacce esplicite: «IRAN NON PUÒ AVERE UN’ARMA NUCLEARE!», ha scritto su Truth Social, ribadendo una linea che ormai lo avvicina all’establishment neoconservatore che un tempo combatteva.
Lo scontro è diventato personale. Trump ha definito Carlson «kooky», stravagante, e ne ha ridicolizzato l’irrilevanza: «Faccia un suo canale televisivo, se vuole essere ascoltato». Carlson ha replicato su Bannon’s War Room con toni durissimi: «Non mi convincerete mai che il popolo iraniano è mio nemico».
E ancora: «Quello che stiamo facendo è Orwelliano. Io sono un uomo libero, non mi direte chi devo odiare». Il giornalista ha accusato Trump di «complicità» nell’attacco israeliano del 13 giugno contro siti militari e nucleari in Iran e ha chiesto agli Stati Uniti di «uscire da questa guerra».
Viviana Mazza per corriere.it - Estratti
Non c’è accordo totale tra i consiglieri più stretti di Trump sul coinvolgimento più ampio nella guerra in Iran, ha scritto la tv Cbs dopo l’incontro di martedì nella Situation Room, al quale hanno partecipato il vicepresidente J.D. Vance, il segretario di Stato e consigliere per la sicurezza nazionale Marco Rubio, il capo del Pentagono Pete Hegseth, l’inviato speciale Steve Witkoff, la direttrice dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard e il capo della Cia John Ratcliffe.
Ma nell’amministrazione «Trump 2», nonostante si parli tanto di disaccordo tra «falchi» e «colombe», le divisioni ideologiche sono assai meno importanti che durante «Trump 1». In generale tutti appoggiano gli istinti del presidente.
Decide Trump e nessun altro. Hegseth, ex veterano dell’esercito e presentatore tv, ieri al Congresso non ha dato alcuna delucidazione, a parte assicurare che se Trump ordinerà un attacco, il Pentagono «è pronto ad eseguirlo».
Anche chi nella squadra ha storicamente appoggiato un approccio più muscolare ha sostenuto la diplomazia di Witkoff con Teheran.
Rubio è considerato un «falco», ha detto in passato che non dovrebbe mai essere permesso all’Iran di arrivare alla soglia di arricchimento dell’uranio sufficiente per un’arma; Hegseth ha rapporti stretti con Netanyahu e si fida degli israeliani più di altri suoi colleghi; ma nessuno di due cerca di «frenare gli istinti» di Trump.
STEVE WITKOFF INTERVISTATO DA TUCKER CARLSON
Lo strappo (ricucito) di Tulsi
Se ci sono differenze di opinione, la più evidente è quella di Tulsi Gabbard, veterana dell’esercito ed ex deputata del partito democratico da sempre ostile a nuove guerre all’estero (considerata possibile candidata alla Casa Bianca nel 2028).
Mentre Trump tornava a Washington dal G7, una reporter gli ha fatto notare che a marzo, al Congresso, la sua direttrice dell’intelligence nazionale negò che l’Iran stesse cercando di costruire un’arma nucleare, a differenza di quanto dichiarano ora gli israeliani. «Non mi importa cosa dice — ha replicato lui — Erano molto vicini ad avere un’arma».
Mentre il capo della Cia John Ratcliffe, che a Camp David l’8 giugno ha detto a Trump che Netanyahu si preparava ad attaccare l’Iran con o senza gli Usa, non ha spinto il presidente in una direzione o nell’altra, tutti sanno cosa pensa Gabbard: in quell’occasione non c’era (era in servizio con la Guardia nazionale), ma anche lei raramente spinge le sue opinioni su Trump.
Secondo il sito Politico, il presidente l’avrebbe rimproverata per un video da lei twittato il 10 giugno dopo essere stata a Hiroshima, in cui avvertiva che «le elite politiche e i guerrafondai» stanno «fomentando con noncuranza la paura e le tensioni tra potenze nucleari» e che il mondo è «sull’orlo dell’annientamento nucleare». Trump l’avrebbe visto come un monito fuori luogo su Israele-Iran. Ma ora Gabbard giura che con Trump sono «sulla stessa linea» e che a marzo al Congresso lei comunque riconosceva che l’arricchimento dell’uranio è a livelli più alti che mai, vicini a quelli che servono per sviluppare un’arma.
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