sergio mattarella giorgia meloni meme

QUI RADIO COLLE – UGO MAGRI E LO SCIVOLONE RISCHIATO DAL GOVERNO SULL’INNALZAMENTO DEL TETTO AL CONTANTE, INSERITO NEL DECRETO AIUTI QUATER E STRALCIATO DAL QUIRINALE: “SIAMO AL TERZO INCIDENTE IN ALTRETTANTE SETTIMANE CHE METTE SOTTO STRESS LE ISTITUZIONI. GIÀ CON I CINQUE STELLE MATTARELLA AVEVA DIMOSTRATO DOTI DI PAZIENZA FUORI DAL COMUNE; MA SE IL BUON GIORNO SI VEDE DAL MATTINO, CON QUESTI ALTRI IL PRESIDENTE DOVRÀ SUPERARE SE STESSO…”

1 - SE MATTARELLA CORREGGE MELONI

Ugo Magri per “la Stampa”

 

sergio mattarella giorgia meloni

Nel Decreto Aiuti c'era un errore marchiano. Si stabiliva che il tetto del contante sarebbe salito a 5mila euro dal primo gennaio prossimo, quindi tra un mese e mezzo; in altre parole, il testo del decreto auto-certificava l'assenza del requisito fondamentale che non dovrebbe mai mancare nei provvedimenti urgenti, cioè l'urgenza. Davanti a un tale autogol, il Colle ha fatto riservatamente sapere al governo che qualcosa andava aggiustato.

 

Cosicché il tetto è stato tolto dal Decreto Aiuti per essere infilato, a quanto pare, nella prossima legge di bilancio. Ai fini pratici non cambierà nulla, in quanto la decorrenza resterà identica; in compenso verrà rispettata la Costituzione, che non è poco. La vicenda, in sé, non meriterebbe lo scandalo sollevato dalle opposizioni. Negli ultimi decenni più volte il Quirinale è intervenuto per correggere procedimenti mal concepiti e peggio scritti.

 

giorgia meloni giancarlo giorgetti

In sette casi il Presidente della Repubblica è arrivato a bloccare altrettanti decreti-legge (l'ultimo fu Giorgio Napolitano); ma per rimediare di regola è bastata la «moral suasion» presidenziale e stavolta, a quanto risulta, nemmeno quella è servita perché il governo ha riconosciuto la sgrammaticatura senza fare obiezioni. Tra l'altro, una volta inserito nella legge di bilancio, il nuovo tetto al contante verrà approvato più in fretta che per decreto. Parlare di stop, di altolà sarebbe dunque eccessivo.

 

sergio mattarella emmanuel macron

Restiamo ampiamente all'interno di rapporti fondati sulla normale collaborazione istituzionale. Sennonché gaffe dopo gaffe, incidente dopo incidente, questa «normalità rischia di diventare un po' troppo speciale». Si stanno moltiplicando i casi che obbligano Sergio Mattarella, suo malgrado, a metterci una pezza.

 

Sul primo decreto del governo, quello che spaziava dai rave-party ai no-vax, il presidente aveva evitato drastiche bocciature che avrebbero irrigidito Giorgia Meloni, leader orgogliosa, appena approdata al governo sull'onda di un'investitura elettorale, insofferente di qualunque tutela dall'alto; salvo segnalare pubblicamente il rischio di un «liberi tutti» nella lotta al Covid: monito cui era seguita una parziale retromarcia governativa.

 

sergio mattarella giorgia meloni

Quel decreto verrà corretto pure riguardo a profili pericolosi per le libertà individuali e, pure qui, a molti è sembrato di intravedere lo zampino del Quirinale. Quindi c'è stato il salvataggio sulla Ocean Viking. Di nuovo il Presidente ha dato la mano che poteva per ricucire i rapporti con la Francia, caricandosi la responsabilità di parlare con un offesissimo Emmanuel Macron (salvo venire scompostamente attaccato da destra per avere tolto al governo un po' di castagne dal fuoco).

 

OCEAN VIKINGS - MEME BY CARLI

Ora siamo al terzo incidente in altrettante settimane che mette sotto stress le istituzioni. Già con i Cinque Stelle Mattarella aveva dimostrato doti di pazienza fuori dal comune; ma se il buon giorno si vede dal mattino, con questi altri il Presidente dovrà superare se stesso.

 

2 - LA MORAL SUASION DEL QUIRINALE SUL DECRETO

Marzio Breda per il “Corriere della Sera”

 

Qualcuno ha subito definito uno «scivolone» e una «figuraccia» del governo, la notizia che nel Decreto Aiuti quater era sparita la norma per alzare da 1.000 a 5.000 euro la soglia per l'uso del contante (norma comunque già pronta ad essere inserita nella prossima legge di Bilancio).

MACRON MATTARELLA

 

Il sottinteso di quelle lagnanze era: per fortuna c'è l'estremo tutore e garante delle regole, Sergio Mattarella. Il quale beninteso è tutto questo e adesso si è accorto che mancavano gli indispensabili requisiti di necessità e urgenza e ha imposto uno stop.

Un riflesso condizionato delle opposizioni, sempre pronte a segnalare gaffe (anche abbastanza veniali) di chiunque sia il premier.

 

Un effetto analogo ci sarebbe stato da aspettarsi ieri da parte della maggioranza, che in casi simili in passato ha presto cominciato a mugugnare o peggio, additando le «colpe» del presidente della Repubblica quando bocciava leggi palesemente incostituzionali (vedi i casi di Eluana Englaro nel 2009 oppure la traumatica «rivoluzione» nella disciplina dei licenziamenti nel 2015, quando dominavano le recriminazioni contro «gli azzeccagarbugli del Colle»).

 

IL GIURAMENTO DI GIORGIA MELONI

Stavolta a Palazzo Chigi e dintorni ha invece dominato il fair play. E il motivo è semplice: su questa faccenda non c'è alcuna contrapposizione tra l'esecutivo e il Quirinale. Infatti, il provvedimento sui contanti - così come era stato studiato, predisposto e scritto dal governo - non sarebbe stato di immediata applicazione, entrando in vigore soltanto il primo gennaio 2023.

 

giorgetti piantedosi meloni

Cioè alla scadenza della legge attuale, che è fissata per il 31 dicembre. Il buonsenso suggeriva dunque, anche da un punto di vista di rispetto della Carta costituzionale, di inserirlo nella manovra finanziaria e non in un decreto legge. Insomma: non c'è stato un vero altolà presidenziale, perché il risultato non cambia. Una questione di forma e non di sostanza. E ne dà prova il fatto che l'esecutivo si è dichiarato perfettamente d'accordo con il Quirinale. Senza battere ciglio. Senza montarci sopra una polemica. Senza sentirsi commissariato.

 

 

Articoli correlati

C'E LA MANONA DEL QUIRINALE DIETRO ALLO STRALCIO DELLA NORMA SULL'INNALZAMENTO AL TETTO DEL CONTANTE

CONTANTI SALUTI - DAL DECRETO AIUTI QUATER E SPARITO L\'AUMENTO DEI CONTANTI A 5000 EURO

 

 

 

 

 

 

 

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…