ice cold a hip hop jewelry history

CATENAZZI, ANELLI E DENTIERE: L'ORO DELL'HIP-HOP  - IL RAP E I SUOI ARTISTI RACCONTATI IN UN LIBRO DELLA TASCHEN ATTRAVERSO CATENONI, ORECCHINI DI DIAMANTI GROSSI COME NOCI E DENTI D'ORO. SIMBOLI DI SUCCESSO E RIVALSA SOCIALE CHE HANNO CONQUISTATO ANCHE IL MONDO DELLO SPORT E DELLA MODA - È NEGLI ANNI 80 CHE IL TERMINE "BLING BLING" VENNE INSERITO NEL DIZIONARIO INGLESE - "POSSIAMO ANCHE CONSIDERARLI KITSCH, MA L'ESTETICA È PARTE DEL LORO FASCINO. MOLTI NON ACCETTAVANO CHE DEGLI UOMINI BRILLASSERO COME LIZ TAYLOR..."

Estratto dell'articolo di Roberta Valent per il Venerdì- la Repubblica

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«Ogni cultura che si rispetti celebra la propria creatività a modo suo. Per noi black, fare le cose in grande fa parte del nostro modo di vivere, abbiamo swag (stile, ndr) fino al midollo. Impariamo gli uni dagli altri e incorporiamo il verdetto di chi ci critica in quello che facciamo.

 

Questo vale per la nostra musica, i nostri balli, il nostro senso della moda e ovviamente anche per i nostri gioielli».

 

Parola del rapper Richard Walters alias Slick Rick, tra i protagonisti del libro fotografico Ice Cold: A Hip-Hop Jewelry History (Taschen) che celebra la storia dei gioielli nell'hip-hop dagli anni 80 a oggi ed è curato dalla giornalista, Vikki Tobak, cresciuta a Detroit e amante da sempre di questo genere di musica.

 

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Fin dai primi gemiti dei breakbeat tirati fuori al giradischi dal padre fondatore DJ Kool Herc a metà degli anni 70, è un genere che non ha mai smesso di evolversi. E che da semplice stile musicale si è trasformato in una cultura a tutti gli effetti [...]

 

Con il suo ingresso nel mainstream, avvenuto agli inizi degli anni 90, anche la moda legata all'hip-hop si è diffusa in territori inesplorati, diventando un laboratorio di nuove tendenze [...] Gioielli compresi, accessorio indispensabile di qualunque rap star fin dagli anni 80.

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Le catene d'oro pesanti, adornate di brillanti, illuminavano videoclip e copertine di dischi, e vennero ribattezzate bling bling, termine che fu presto inserito nel dizionario Oxford della lingua inglese.

 

Da allora i gioielli sono diventati sempre più grandi e appariscenti [...] Anelli, ciondoli oversize che attirano l'attenzione su addominali perfetti e oliati, orecchini di diamanti grossi come noci, ma anche fibbie per cinture, scarpe e addirittura griglie per i denti: ogni parte del corpo viene adornata con oro, platino e pietre preziose [...]

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[...]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

spiega Vikki Tobak.

 

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«Possiamo anche considerare questi monili brutti o kitsch, ma pensare a essi solo dal punto di vista estetico non ne coglierebbe il senso. Nell'hip-hop rappresentano il potere delle opportunità che arrivano dalla musica e dalla forza d'animo, la possibilità di farcela e di uscire dal ghetto in cui si è nati e cresciuti tra mille difficoltà. In tutte le culture, i gioielli sono una rappresentazione visiva immediata del ceto sociale e della ricchezza di cui si dispone. Ma non hanno solo una funzione materiale.

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Possono essere anche un mezzo per ottenere protezione spirituale e per ricordare persone scomparse: talismani che all'occorrenza possono anche essere usati come merce di scambio».

 

XXL PER PEZZI GROSSI

Tra i personaggi che hanno contribuito al libro c'è anche A$AP Ferg, il primo artista hip-hop ad essere nominato brand ambassador da Tiffany & Co. [...]  «Nei primi tempi, il look era un po' più rock con pelle e piume. Basta pensare ai Run DMC, con le loro tute Adidas o i cappotti e i cappelli di pelle di pecora di Big Daddy Kane. Poi sono arrivati i catenoni.[...]».

 

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Catene e ciondoli extralarge hanno rappresentato una componente fondamentale dell'identità anche per il leggendario produttore e rapper LL Cool J: «Sono cresciuto nel Queens, ed ero ossessionato dalle enormi catene d'oro che indossavano i "pezzi grossi" di New York, artisti come Big Daddy Kane, Rakim, Biz Markie, Roxanne Shanté. Quei gioielli erano sinonimo di speranza. [...]

 

A diciotto anni, i gioielli sono diventati parte integrante del mio Dna. Quando ho iniziato ad andare in tournée, entravo in contatto con i gioiellieri locali, ed è stato così che ho conosciuto il mio braccio destro, DJ Cut Creator, alias Jay Philpot. A volte, durante i concerti, mi toglievo una catena e la lanciavo tra la folla[...] » scrive.

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BROOKLYN, giamaica

Quando DJ Kool Herc nel 1973 organizzò nel Bronx il famoso party che viene considerato l'inizio dell'epoca hip-hop, i gioielli erano già un riflesso di quello che accadeva nelle strade. «Prima ancora che l'hip-hop diventasse popolare» continua Tobak, «la scena dei musicisti emergenti idolatrava e cercava di emulare i cosiddetti street moguls: gente del quartiere che aveva successo e soldi e amava ostentarlo. Il termine bling è stato usato per la prima volta nelle strade di Brooklyn, quando lo slang giamaicano si è fatto strada dai Caraibi.

 

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Secondo la leggenda, è stata la mancanza di buone cure dentistiche il motivo per cui in Giamaica ci si ricopriva i denti d'oro. Una necessità che è diventata un vezzo. E bling è diventato il suono della lucentezza, dello sfarzo.

 

Poi le cose si sono ulteriormente evolute con Slick Rick che, emigrato da Londra, avrebbe portato il mondo dei bling bling a un livello superiore, più sfacciato, esagerato. [...]

 

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 È incredibile pensare che all'inizio molti in quel mondo non accettavano che degli uomini sbrilluccicassero come Liz Taylor o come Liberace». [...]

 

Ora invece c'è chi i gioielli non solo li indossa, ma li disegna pure. Come Pharrell Williams, impegnato con Tiffany a realizzare una linea di ornamenti realizzati in modo etico e sostenibile. [...]

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Ma lasciamo l'ultima parola al pioniere Slick Rick. «I gioielli per me sono come un vestito da supereroe, un'estensione del colore della mia pelle. È il dono che ci hanno fatto i nostri antenati che, seduti sui loro troni, regnavano adornati di pietre grandi come cubetti di ghiaccio. Il re africano Mansa Musa, che governò gran parte dell'Africa occidentale dal 1312 al 1337, amava ostentare la sua ricchezza indossando gioielli. I gioielli sono trofei, dicono al mondo: io ce l'ho fatta, "I MADE IT"».

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