EDITH BRUCK MEMORIES - IL "PUZZO ASFISSIANTE" DI AUSCHWITZ, I MESI SENZA CIBO A DACHAU ("QUANDO FUI SALVATA DAGLI AMERICANI PESAVO 25 CHILI") E IL RICORDO DI PRIMO LEVI: "ERA COLPITO DALLE AFFERMAZIONI NEGAZIONISTE. MA NON AVEVA IL DIRITTO DI SUICIDARSI" - "A COSA SERVE LA MEMORIA IN UN MONDO SMEMORATO?" - VIDEO

 

 

 

Antonio Gnoli per Robinson- la Repubblica

 

Il poeta e la scrittrice. Lui italiano, scomparso da poco. Lei ungherese, ma da quasi sessant' anni stabilmente in Italia.

 

EDITH BRUCK 3EDITH BRUCK 3

Vive in un' ampia casa nel cuore di Roma. Lui è Nelo Risi (fratello del più celebre Dino). Lei Edith Bruck: la sola che è rimasta di sei tra fratelli e sorelle. Edith è una donna straordinaria. Intensa come poche. Bella, come se il tempo l' abbia ripagata per tutto quello che ha dovuto subire. Ha scritto un libro notevole su Nelo, La rondine sul termosifone edito da La nave di Teseo. È un titolo strano. Bizzarro. Come fa una rondine a posarsi su un termosifone? Ma nella visione alterata di un malato di Alzheimer tutto diviene plausibile: poetico a volte e terribile più spesso.

dachaudachau

 

Negli ultimi anni della sua lunga vita a Risi fu diagnosticata una progressiva degenerazione cerebrale. Un viaggio, senza ritorno, nelle oscurità della mente. Che cosa ha rappresentato quella esperienza agli occhi di una donna che decise, nonostante il parere dei medici, di affrontarla, anzi di immergersi fino alla disperazione più pura in quell' anfratto di follia? Ho letto con pietà e commozione questa vicenda scritta da una persona che nel corso della sua vita si è portata sulle spalle il tremendo carico dei campi di concentramento nazisti, di cui è diventata un' imprescindibile testimone. Ecco la sua storia.

 

BRUCK COVERBRUCK COVER

Perché ha voluto scrivere un libro così privato e intimo, tanto da apparire a volte brutale?

« Perché la vita sa essere brutale, feroce, iniqua. Ma anche con delle sorprendenti aperture alla luce. L' ho scritto totalmente di nascosto. Mentre lui dormiva. È stata la sola libertà che ho davvero provato in questi anni di oltraggio e bellezza che la malattia scatenava. La mia fuga da un vissuto estremo. Un vissuto da cui a volte saliva una strana fragranza».

 

A un certo punto lei chiese a Nelo se poteva scrivere intorno alla storia che stavate vivendo.

«Mi sembrava moralmente importante chiederglielo in un momento di lucidità».

 

Cosa ha risposto?

«Che era giusto, che potevo farlo. Poi è caduto in una specie di silenzio turbato».

gerarchi nazisti ad auschwitzgerarchi nazisti ad auschwitz

 

Quando scoprì la malattia di suo marito?

«Il primo segnale fu durante un viaggio ad Assisi. Perse l' equilibrio, svenne. Era il 2004. Imputò l' episodio al caldo eccessivo e alla stanchezza. Solo qualche anno dopo cominciai a rendermi conto che qualcosa non funzionava. Nel 2007 ebbi le prime evidenze della malattia».

 

In che modo?

« Aveva girato un documentario su Andrea Zanzotto, del quale era molto amico. Quando lo visionai percepii che non era più lui. In alcune parti il film era sconclusionato. E più glielo facevo notare più si intestardiva. Non riconosceva di aver sbagliato. Quando da Pieve di Soligo tornammo a casa, in treno si fece la pipì nei pantaloni. Lì cominciò la discesa».

Suo marito è morto l' anno scorso.

«Il 17 settembre mi è scivolato esanime dalle mani».

 

baracca delle donne a auschwitzbaracca delle donne a auschwitz

Come è stata la quotidianità di questi anni?

«Un misto di sensazioni anche contrastanti. A volte la notte mi cercava urlando il mio nome o chiamandomi mamma. E io ero a pochi centimetri da lui, con il cuore che mi batteva fortissimo. In balia delle sue cellule impazzite. Sembrava un uccellino malato con il capo chino e gli occhi semichiusi».

 

EDITH BRUCK 2EDITH BRUCK 2

Quando vi conosceste?

«Incontrai la prima volta Nelo il 9 dicembre del 1957. Restai incantata da quel volto mite e aristocratico. Venivo da una storia un po' tumultuosa e deludente con un uomo che era stato ricco e si riempì di debiti. Lo scoprii dopo un paio di anni adagiati in una vita lussuosa».

prigionieri di dachauprigionieri di dachau

 

In che modo lo scoprì?

« Mi telefonò un creditore e seppi che era assediato da persone che volevano essere pagate per tutto quello che Geo, era il suo nome, aveva acquistato con l' incoscienza del dissipatore. Gli dissi che la nostra storia finiva lì, che non sopportavo l' idea che dopo mio padre anche la persona con cui convivevo dovesse farmi vivere in preda a quell' ansia».

E lui?

bambini al campo di auschwitzbambini al campo di auschwitz

«Mi guardò smarrito e poi rabbioso. Minacciò di spararmi con la pistola da partigiano che aveva conservato. Gli dissi che volevo essere libera, libera, libera. Glielo urlai e al suono di quella parola abbassò l' arma».

 

Perché scelse di venire in Italia?

«Giunsi nel 1954. La verità è che doveva essere solo una tappa di passaggio. In realtà ero preparata a raggiungere la mia sorella più grande in Argentina. Le scrissi da Napoli chiedendole i soldi del viaggio. Era una donna benestante e fui sorpresa quando mi rispose che i centociquanta dollari necessari avrei dovuto guadagnarmeli. E che lei non mi avrebbe dato niente».

 

La ferì?

NELO RISI 2NELO RISI 2

« Sì, ma non ho mai provato risentimento nei suoi riguardi. Ricordo che prima di morire mi disse una cosa che mi sconvolse: " Edith sarei campata dieci anni di più se tu non fossi mai tornata dai lager"».

Forse era il senso di colpa per qualcosa che non visse direttamente.

« Forse. La verità è che temeva e si vergognava della povertà. Quando un giorno incrociò mio padre tornare stanco e misero dal lavoro, cambiò marciapiede. Come se davvero la miseria fosse un' onta e non una colpa dei ricchi».

 

Lei come ha vissuto la povertà?

« Guardavo alla dignità di mio padre, al suo candore, e penso che, grazie al suo comportamento, gli stenti che abbiamo provato siano stati meno umilianti. Una volta il babbo tornò senza cappotto. Era inverno e lo aveva regalato a una persona più bisognosa di lui».

 

Dove vivevate?

la liberazione di dachaula liberazione di dachau

« All' estremo Est dell' Ungheria, quasi al confine con la Slovacchia, in un villaggio di cinquemila abitanti. Le famiglie ebree erano in tutto una quindicina, quindi una netta minoranza. Ma già alla fine degli anni Trenta si percepiva l' antisemitismo. Abitavamo in una casa di due stanze. Il tetto era di paglia. Con mia sorella e uno zingaro riuscimmo a sostituire la paglia con le tegole. Finalmente avevamo un riparo come tutti gli altri».

NELO RISINELO RISI

 

Il villaggio come si chiamava?

« Tiszakarád. Prendeva il nome dal fiume Tibisco. Ricordo che nella parte vecchia delle anse andavamo d' estate a nuotare».

 

Quando ebbe inizio la tragedia della deportazione?

«I gendarmi - ungheresi che collaboravano con i tedeschi - arrivarono. nel 1944. Era l' inizio di aprile, subito dopo la Pasqua ebraica. Bussarono all' alba. Ci trascinarono fuori. Ci fecero salire su un camion e ci portarono nel ghetto del capoluogo. Quasi immediatamente si creò una strana atmosfera nel ghetto».

 

Ossia?

auschwitzauschwitz

« I più poveri al villaggio erano discriminati, anche dagli ebrei ricchi. Ma trovarsi improvvisamente nello stesso spazio coatto produsse una insolita forma di democrazia, di solidarietà. Non c' erano più i ricchi e i poveri. Non c' erano più privilegi. Eravamo tutti gettati nello stesso destino. Mi stupì che potessi per esempio giocare con il figlio del dottore. Ma è ciò che in quel momento avvenne».

 

E dopo?

NELO RISINELO RISI

«Finimmo ad Auschwitz. Avevo quasi tredici anni. Ci divisero tra donne e uomini, e poi tra coloro che erano in grado di affrontare i lavori forzati e quelli che direttamente erano destinati alla camera a gas. Si sentiva un puzzo asfissiante. Molte volte sono stata sul punto di essere eliminata. Mi sono salvata per miracolo. Una volta dissero a un gruppo di noi ragazze che ci avrebbero dato una razione doppia di cibo se avessimo portato dei giubbotti ai soldati che stavano alla stazione in partenza per il fronte. Dovevamo percorrere otto chilometri a piedi. Non ce la feci a sostenere il peso dei giubbotti. Mia sorella si offrì di portarne una parte e un' altra parte la gettai nella neve. Anche le altre a quel punto cominciarono ad alleggerirsi del carico. Un tedesco se ne accorse e ci fece fermare».

 

auschwitzauschwitz

Cosa accadde?

«Chiese chi era stato il primo a buttare quegli indumenti. Nessuno rispose. Gridò ancora. Poi, non ottenendo risultato, minacciò che avrebbe ucciso una di noi ogni minuto trascorso. A quel punto feci un passo avanti. Lui venne verso di me e cominciò a picchiarmi. Mia sorella gli si gettò contro, gridando basta, basta. Il soldato cadde nella neve. Si alzò a fatica. E pulendosi i pantaloni avanzò minaccioso verso di me. E mia sorella. Eravamo a terra. Ci abbracciammo, convinte di essere ormai morte. Il soldato si fermò davanti a noi e disse: "Se oggi due puzzolenti e schifose ebree hanno il coraggio di mettere le mani addosso a un tedesco, allora solo per questo coraggio meritano di sopravvivere". Mi allungò la mano e mi fece alzare».

 

E’ stata soltanto ad Auschwitz?

NELO RISINELO RISI

« Passai sei mesi a Dachau. In quel periodo lavorai nelle cucine di un castello dove si erano insediati gli ufficiali richiamati. Pelavo rape e patate. Era proibito mettersi qualunque cibo in bocca e se provavi a nascondere qualcosa si vedeva immediatamente. Sotto un rozzo pastrano eravamo nude. Non avevamo calze e portavamo zoccoli. Un giorno il cuoco mi chiese come mi chiamavo. Lo guardai sorpresa. Risposi con il numero che avevo inciso sul polso: 11152. No, il tuo nome voglio sapere. Edith, risposi. E mi sembrò che quella voce fosse la stessa di un Dio che ti dona una nuova esistenza. Aggiunse che aveva una bambina della mia età. Mi regalò un pettinino. In quel momento compresi che quel gesto mi restituiva tra gli umani. Era la luce che si faceva strada dentro il buio».

Quando fu liberata?

« Il 15 aprile del 1945 a Bergen- Belsen dagli americani. Pesavo venticinque chili. Faticosamente ripresi a vivere».

 

C' è una qualche relazione tra quello che ha sofferto allora e quanto ha raccontato in questo nuovo libro sulla malattia di Nelo Risi?

NELO RISINELO RISI

«Sono due grandezze non commensurabili».

Questo lo immagino. Ma è come se ogni volta la sua scrittura diventi una testimonianza diretta del dolore.

«È il solo modo che conosco di scrivere, dentro un qualche estremo. Si chiami Shoah, che pure ha una irriducibile unicità, oppure malattia. Per me scrivere era e resta una forma di terapia. La carta sopporta parole che neppure lontanamente immaginiamo».

 

E anche qui, in questo buio, ha trovato momenti di luce?

« Sì, anche se diversi. Ho sentito qualcosa che non ha niente a che vedere con la fede. Ma con la speranza certo. Durante la malattia di Nelo ci sono stati momenti straordinariamente luminosi. A volte mi guardava dicendomi cose che non mi aveva mai detto: "Ti amo". Diceva cose anche importanti: " Il tuo palmo è la mia fondamenta". Prima fuggiva. Timido. Poi si è come liberato dall' introversione. Occupandomi di Nelo, tenendolo in vita, nonostante ciò che consigliavano i medici, ho riportato alla vita tutti i miei cari tragicamente scomparsi».

DINO RISI 3DINO RISI 3

E’ servito scrivere?

«Sì, è servito. È stato il ponte tra il silenzio e il mondo. Ho sempre amato e ascoltato il silenzio del mondo. E da ultimo pensavo al silenzio muto e sordo di Nelo cui dover dare una forma. Un' etica».

 

È un altro modo di dire "testimonianza"?

«Sì, e a volte mi veniva in mente quella altissima di Primo Levi».

 

Lo ha conosciuto bene?

« Come un fratello, se veniva a Roma dormiva spesso da me. Quattro giorni prima di morire mi telefonò».

Cosa le disse?

«"Non ce la faccio più, Edith. Non ce la faccio più. Ormai scrivo al buio, accanto a mia madre cieca e riversa nel letto". Era dolorosamente colpito dalle affermazioni negazioniste. Di chi diceva che c' eravamo inventati tutto. " Capisci?", diceva. " A che serve tutto quello che abbiamo testimoniato?"».

 

Che cosa pensa della sua morte?

campo di concentramento di dachau campo di concentramento di dachau

« Non aveva il diritto di suicidarsi. Io penso che la nostra vita non appartiene solo a noi ma anche alla nostra storia. A coloro che ci sono accanto. Quando il cognato mi diede la notizia per telefono, smisi di mangiare e cominciai a urlare. No, non aveva il diritto. Ero disperatamente arrabbiata».

orchestra di auschwitzorchestra di auschwitz

 

Le è restata questa rabbia?

«Verso chi?».

 

Non verso Primo Levi, ma nei riguardi di tutto quello che le è accaduto?

«C' è una rabbia profonda e impotente verso Dio. Dov' era quando accadeva l' orrore estremo? E provo rabbia per tutto quello che sta accadendo oggi. L' uomo non impara dai suo errori e questo mi fa impazzire. Cosa deve ancora succedere? Possibile che siamo così ottusi e incorreggibili? Diventiamo nuovamente razzisti, fascisti, nazisti! A cosa serve la memoria in un mondo smemorato?».

EDITH BRUCKEDITH BRUCK

 

Dio è un orizzonte totalmente precluso?

« No, le mie origini non sono passate invano. C' è un Dio tutto mio che prego cercando le risposte che non ho avuto. È anche quello un modo di tornare alla fonte dei miei pensieri mai espressi, e desideri mai realizzati».

 

È un' interrogazione che l' ha portata dove?

«A non odiare. L' odio chiama solo odio».

 

 

DINO RISIDINO RISIprimo leviprimo levi

ingresso campo di concentramento di dachauingresso campo di concentramento di dachau

 

Ultimi Dagoreport

gender club degrado roma pina bausch matteo garrone

25 ANNI FA SPUNTÒ A ROMA UN CLUB IN MODALITÀ DARK-ROOM: AL "DEGRADO", IMMERSO NEL BUIO, SI FACEVA SESSO SENZA IL SENSO DEL PECCATO, IN MEZZO A TUTTI. UNO ‘’SBORRIFICIO” CHE NON HA AVUTO EGUALI E CHE DEMOLÌ I MURI DIVISORI TRA ETERO-BI-GAY-LESBO-TRANS-VATTELAPESCA - PER 9 ANNI, “CARNE ALLEGRA” PER TUTTI. OGNUNO VENIVA E SI FACEVA I CAZZI SUOI, E QUELLI DEGLI ALTRI. IL "DEGRADO'' POTEVA ESSERE RIASSUNTO IN UNA DOMANDA: CHI È NORMALE? - DAGO-INTERVISTA ALL’ARTEFICE DEL BORDELLO: “SCORTATA DA MATTEO GARRONE, UNA NOTTE È APPARSA PINA BAUSCH IMPEGNATA AL TEATRO ARGENTINA. SI ACCENDONO LE LUCI E UNA TRAVESTITA URLO': “AO' SPEGNETELE! IO STAVO A FA’ UN BOCCHINO. NUN ME NE FREGA ‘N CAZZO DE 'STA PINA!”

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…

shooting calendario pirelli 2026

A PRAGA SI SVAGA! – UNA PARATA DI STELLE STA PER INVADERE LA CITTÀ DI FRANZ KAFKA: PER LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO PIRELLI 2026 VENERDÌ 14, ALLA MUNICIPAL HOUSE, SONO ATTESI 500 ILLUSTRI OSPITI ACCOLTI DA MARCO TRONCHETTI PROVERA CHE AVRÀ AL SUO FIANCO TANTO BEL MONDO: DA TILDA SWINTON A GWENDOLINE CHRISTIE, GUERRIERA NEL ‘’TRONO DI SPADE’’, DALLE MODELLE IRINA SHAYK ED EVA HERZIGOVA, DALLA STILISTA SUSIE CAVE ALLA TENNISTA VENUS WILLIAMS, DA LUISA RANIERI A FAVINO – NON MANCHERÀ CHIARA FERRAGNI ALLACCIATA ALL’EREDE GIOVANNI TRONCHETTI PROVERA…

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...