era roma

“ERA ROMA” – MORAVIA E SCHIFANO, FELLINI E PASOLINI, BENIGNI E CARMELO BENE: IL “MIRACOLO CULTURALE” DELLA CAPITALE RIVIVE IN UN DOC DI MARIO CANALE CHE SARÀ PRESENTATO ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA – L’ESTATE ROMANA CHE NICOLINI FA DIVENTARE PROSPETTIVA DI POLITICA CULTURALE E IL FESTIVAL DEI POETI DI CASTEL PORZIANO - VERDONE: “UN PUBBLICO DE PAZZI, EROINOMANI, INTELLETTUALI, ARISTOCRATICI, MENDICANTI CHE TENEVA INSIEME SITUAZIONISMO E SPIRITO HIPPY…” – VIDEO

Paolo Di Paolo per “la Repubblica”

schifano moravia

 

L'unico rischio è che la nostalgia, da privata, si faccia pubblica; che diventi, cioè, apologia del tempo che fu. Ma se si aggira il confronto con l'oggi, se nelle immagini scelte dal regista Mario Canale nel suo Era Roma - film documentario prodotto da Archivio Orme, Surf Film e Luce Cinecittà e di prossima presentazione a Venezia alle Giornate degli autori - ci si immerge come in un presente, "quel" presente, allora è possibile leggere, senza idealizzarla, la vitalità di un'epoca di fermento.

 

Un miracolo culturale, come viene definito nel film; una cabala fortunata che porta, nella capitale elettrizzata dall'energia del Boom e dall'aura della Dolce vita, artisti, intellettuali, attrici e attori come nella Parigi degli anni Venti.

 

fellini pasolini

Fellini e Pasolini. Sophia Loren che scende dal tram in Piazza del Popolo. L'eterno Cardarelli col suo pastrano nella proverbiale via Veneto. Gli azzardi delle neoavanguardie. La libreria Feltrinelli di via del Babuino, covo del Gruppo 63, in cui la vecchia guardia si fa provocare dai giovanissimi "teppisti" e rivoluzionari della parola come Nanni Balestrini.

Le gallerie d'arte - su tutte, quella di Plinio De Martiis, o la Gnam guidata da Palma Bucarelli - traboccano di occasioni di scoperta, di novità.

 

mario canale 1

Roma «città germinale » in cui, da una invisibile porta girevole, entrano creativi di ogni fatta. Canale alterna testimonianze di protagonisti e di altrettanto interessanti comprimari (c'è perfino un inatteso Giulio Andreotti!), tenute insieme da un collante emotivo fatto di materiali di repertorio scelti con cura in archivi filmici come quelli della Surf, del Centro Sperimentale, e naturalmente del Luce. Alcuni segmenti sono davvero emozionanti: un Goffredo Parise che manda baci a Giosetta Fioroni, lampi dal set di Accattone , o da quello di un giovane Bernardo Bertolucci con gli occhiali a goccia.

 

donato sannini roberto benigni carlo monni

Alberto Moravia che entra urlando nello studio di Schifano e racconta la sua passione per la pittura, che gli pare preferibile alla scrittura («Stare su una poltrona a scrivere è una cosa tremenda; un pittore può stare nel suo studio dieci ore, io quando sto al tavolino per tre ore è finita »).

 

Era Roma restituisce visivamente l'effetto di un lievito intellettuale diventato, alla distanza, esotico: un "collettivismo" tutto fuorché programmatico. Istintivo, naturale, mosso da un certo elettrico entusiasmo, da una curiosità che portava differenti mondi artistici a contaminarsi. E soprattutto a sperimentare: nel corso della lunga stagione (1963-1979) ricostruita da Canale - redattore del Male , regista e autore che negli anni ha prodotto centinaia di backstage di film italiani e stranieri conservati in un fondo dell'Archivio Luce - il tratto dominante sembra una febbrile ansia di novità, di rottura di schemi tradizionali, di slanci rinnovatori.

 

renato nicolini carmelo bene

Al cinema come a teatro: nelle sale off la cui vitalità è leggendaria, nelle cantine della drammaturgia politica, sui palchi da cui si affacciano i giovani Benigni e Verdone, negli interminabili happening, nelle provocazioni da cui passano anche le linfe del '68. Carmelo Bene e Giancarlo Nanni, Simone Carella e Rossella Or: è la maestosa "estate romana" evocata in un suo bellissimo film da Matteo Garrone (appare anche lui nel documentario); quella che Renato Nicolini fa diventare prospettiva di politica culturale nelle giunte Argan e Petroselli. Un sogno di condivisione molto concreto, con dentro un lampo di vitalissima follia: come sottolinea nella sua testimonianza Carlo Verdone.

 

festival poeti castelporziano

Ricordando l'ultimo capitolo di un'epoca che il delitto Moro incupisce e chiude: il festival poetico di Castel Porziano, con quel pubblico «de pazzi», dice Verdone, «di eroinomani, intellettuali, aristocratici, mendicanti» che teneva insieme situazionismo e spirito hippy, sfrenamento corporeo e azzardo letterario. Il fuoco d'artificio di una Roma fantasiosa e disobbediente, a cui fa le pulci (o il controcanto ironico) la voce di Ennio Flaiano. Capace come nessuno - ha scritto una volta un testimone speciale come lo scrittore Antonio Debenedetti - di immortalare una società «che si mette in posa senza sapere perché», edonistica e insieme malinconica, presa da una «piccola e timorata baldoria»: «C'era spazio per il superfluo. E così gli intellettuali sentivano il diritto di considerarsi protagonisti». Pittori, scrittori, cineasti celebravano sera dopo sera «i fasti di un piccolo mito mondano». Finito, come mostra il film-documentario di Canale, insieme agli anni Settanta. Con un filo di rimpianto. Anzi, con qualche lacrima nascosta.

Renato Nicolini con Achille Bonito Olivarenato nicolini 8l'estate romana di renato nicolini festival internazionale poeti castelporziano 7l'estate romana di renato nicolini 12l'estate romana di renato nicolini 5l'estate romana di renato nicolini 6l'estate romana di renato nicolini 2renato nicolini festival internazionale poeti castelporziano 4l'estate romana di renato nicolini 3festival internazionale poeti castelporziano 1l'estate romana di renato nicolini 1l'estate romana di renato nicolini 0renato nicolini 1cavallo castelporzianol'estate romana di renato nicolini 4

CARLO VERDONE NON STOP festival poeti castelporziano 2manuela kustermann

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…