nino cerruti

“LO STILE E’ EQUILIBRIO, CON UN COLPO DI TEATRO” – CI LASCIA A 91 ANNI, “IL SIGNOR NINO” CERRUTI, RIVOLUZIONARIO DELLA MODA ITALIANA E MAESTRO DI ARMANI CHE LO RICORDA COSI’: “DA LUI HO APPRESO NON SOLO IL GUSTO DELLA MORBIDEZZA SARTORIALE, MA ANCHE L’IMPORTANZA DI UNA VISIONE A TUTTO TONDO, COME STILISTA E COME IMPRENDITORE” – LA GIACCA DECOSTRUITA, IL LANCIO DEL COLOR OTTANIO CON AGNELLI, I PANTALONI PER COCO CHANEL, LO SDOGANAMENTO DELLE TUTE, I SUOI 2 GRANDI ERRORI…

Fabiana Giacomotti per il Foglio

 

NINO CERRUTI

Volendo, ci sarebbe anche un quarto aneddoto per ricordare Cerruti, morto sabato 15 gennaio a 91 anni all’ospedale di Vercelli dove era ricoverato, a pochi chilometri dal celeberrimo lanificio di famiglia, a Biella: il vezzo di farsi chiamare da tutti “il signor Nino”.

 

Armani, che pochissimi chiamano Giorgio, e tutti “il signor Armani”, deve aver modellato anche questa piccola civetteria da quell’uomo altissimo, dai modi imperiosi ma anche sorprendentemente gentili: d’altronde, come si diceva nelle famiglie perbene di un tempo, di dottori è pieno il mondo, di signori no.

 

Dunque, addio signor Nino: “Da lui ho appreso non solo il gusto della morbidezza sartoriale, ma anche l’importanza di una visione a tutto tondo, come stilista e come imprenditore”, ha scritto Armani pochi minuti fa sul suio profilo Instagram: “Aveva uno sguardo acuto, una curiosità vera, la capacità di osare”. Aveva anche uno stile personale inimitabile.

 

NINO CERRUTI

L’ultima volta che ci parlammo, circa un anno fa (“conosci per caso Nino Cerruti?”, mi domandarono da una redazione importante ma composta di giovanissimi, che non osavano scomodare il mostro sacro), indossava ancora le camicie avvolte sul corpo come Audrey Hepburn. Il signor Nino non le abbottonava: ne sovrapponeva i lembi, li infilava nei pantaloni, li stringeva con la cintura, quindi vi sovrapponeva una giacca, un maglione, quel che gli garbava in quel momento. L’effetto era leggermente distonico, dunque attraente per l’occhio, che tende ad annoiarsi per l’eccessiva simmetria: “Lo stile è equilibrio, con un colpo di teatro”, osservò compiaciuto.

 

  

NINO CERRUTI MICHAEL DOUGLAS CATHERINE Z JONES

Fu lui, e nessun altro, il primo stilista a destrutturare l’abito formale e a portare la sovrapposizione del genere vestimentario alle masse (per intenderci: già Orry Kelly vestiva Marlene Dietrich in giacca, cravatta e pantaloni con le pinces negli Anni Trenta del Novecento, ma è stato difficile vedere donne in tailleur pantalone fino a tutti i Settanta e molto grazie a Cerruti). Detestava gli abiti aderenti al corpo, che non lo accompagnano nei movimenti e ne accarezzano i pensieri. Quelli soprattutto, i pensieri, che per lui dovevano fluire liberi, senza preclusioni nemmeno nell’abito: la metà dei quarantenni che adesso vanno per la maggiore con l’agender forse nemmeno sanno quanto debbano al signor Nino.

 

 

CERRUTI ARMANI

Era fluido prima che il termine diventasse di moda, ma detestava la sciatteria. Le tute ubique del primo lockdown furono argomento di precisazione: “Il diritto di essere confortevoli ha un limite, ma anche un paio di pantaloni della tuta possono essere eleganti, magari indossati con un certo maglione: tutto dipende da chi li porta e da come si armonizzano con la sua personalità”.

 

  

 

Avrebbe voluto insegnare filosofia. Invece, la scomparsa prematura del padre lo costrinse a occuparsi del lanificio di famiglia: Cerruti, ufficialmente nata nel 1881, in realtà esistente alla voce “arti et negotij” degli archivi comunali di Biella già alla metà del Settecento. Aveva comunque la stoffa dell’imprenditore, e si vide subito, nel 1957, con la nascita della prima fabbrica di pret-à-porter elegante da uomo, la Hitman.

giorgio armani

 

Alla fine degli Anni Sessanta, apriva la prima boutique di Parigi, a pochi passi dalla rue Cambon dove lo riceveva la terribile mademoiselle “anziana ma ancora molto sexy”: gli spazi erano stati disegnati da Vico Magistretti, suo grande cliente. Le donne in pantaloni, le donne “in abbigliamento maschile”, come si diceva quando questa definizione aveva ancora un senso, hanno continuato a essere le sue preferite.

 

 

Come ovvio, metteva ogni attenzione nella scelta del tessuto. “E’ come un quadro”, diceva: “Da lontano sembra una tinta unita ma da vicino si scoprono tutti i giochi di intrecci e i colori che lo compongono”, e aggiungeva: “Lo sa che in Estremo Oriente i tessuti sono la prima espressione d'arte?”. Il presidente Carlo Azeglio Ciampi lo nominò cavaliere del lavoro nel Duemila.

 

Credo che gli sarebbe piaciuta di più la nomina a tesoro nazionale, che in Giappone è qualifica riservata ai grandissimi artisti del bello, in qualunque forma esso si esprima. Per lui, il bello era la “nobile arte” del filo, della tessitura e delle sue infinite possibilità di trasformarsi in racconto della persona, della sua storia. Alla tecnica tessile, la narrativa e il cinema devono molto del proprio lessico: la trama, l’ordito, il filo, l’avere stoffa, e ancora i ruoli “cuciti addosso”, che per il signor Nino erano un fatto reale, replicato in decine di film da costumista e tre interpretati nel ruolo di se stesso, in cammeo.

 

 

CERRUTI 6

Degli attori amava dire cose leggere e gradevoli, per esempio che “vivendo fra la fantasia e la realtà trasferiscono sensazioni molto interessanti e stimolanti”, ma è un fatto che, oltre ad aver stretto amicizia con Jack Nicholson, che nel 1995 vestì con decine di completi neri per “The crossing guard – tre giorni per la verità” (“aprii la fabbrica di notte perché voleva tutto pronto in una settimana”), Cerruti avesse affrontato il cinema con la serietà di un Piero Gherardi, cioè leggendo le sceneggiature, osservando le scenografie, immaginando il personaggio oltre la maschera: “Il gioiello del Nilo”, Richard Gere in Pretty Woman, Michael Douglas in Basic Instinct, e ancora Anthony Hopkins ne Il silenzio degli Innocenti. L’abito come parte di un tutto ed espressione di un modo di essere che necessita del carattere di un uomo per attivarsi come forza ed energia. L’essenza del made in Italy è questa, diceva, ed ebbe modo di scoprirlo appena trentenne quando lanciò appunto il color ottanio con il sostegno dell’industria dell’auto.

 

NINO CERRUTI

Un libro sulla storia del settore (“1770. The Bianchi, the forge, the steel”, 2014) ricorda così l’episodio: “fashion shows runways featured grand trendsetters like Nino Cerruti and Anita Ekberg launching Ottanio, or petroleum blue”. Non si trattò di una sfilata, ma di una grande presentazione a Roma: lungo i Fori e nei luoghi più suggestivi di Roma sfilarono venti Lancia “custom made”, e da una di queste scese la Ekberg, fresca del successo della Dolce Vita, in un abito color ottanio che Nino Cerruti aveva disegnato per lei. In quell’occasione,

 

Cerruti comprese il potere della comunicazione trasversale e della messa a sistema delle tante eccellenze italiane. Fece due errori: rifiutò di vendere a Bernard Arnault, nei primi Anni Novanta (“arrivò troppo presto, quando ancora ero impegnato a tempo pieno), e fece invece società con Gianluigi Facchini e la Fin.Part. Un colossale abbaglio: sull’ormai celebre “bond Cerruti” da 200 milioni di euro, nel 2004 andò a rotoli il sogno di costituire il primo polo del lusso italiano, che poi nessuno ha mai portato davvero a compimento.

 

   

bernard arnault

Il Lanificio Cerruti ora fa parte del fondo anglo-londinese Njord Partner; il signor Nino ne conservava una quota del 20 per cento e la carica di vicepresidente. Il figlio Silvio lo affiancava già da molti anni nell’operatività. “La moda attrae molto sovente industrie o figure che non godono della sua stessa capacità di seduzione e moltiplicazione positiva di immagine,” mi disse, prima di chiudere l’incontro: “Ma è un animale che va accarezzato per il verso del pelo. Per conquistarlo non basta averlo comprato. Non bastano i soldi”.

 

Ultimi Dagoreport

gender club degrado roma pina bausch matteo garrone

25 ANNI FA SPUNTÒ A ROMA UN CLUB IN MODALITÀ DARK-ROOM: AL "DEGRADO", IMMERSO NEL BUIO, SI FACEVA SESSO SENZA IL SENSO DEL PECCATO, IN MEZZO A TUTTI. UNO ‘’SBORRIFICIO” CHE NON HA AVUTO EGUALI E CHE DEMOLÌ I MURI DIVISORI TRA ETERO-BI-GAY-LESBO-TRANS-VATTELAPESCA - PER 9 ANNI, “CARNE ALLEGRA” PER TUTTI. OGNUNO VENIVA E SI FACEVA I CAZZI SUOI, E QUELLI DEGLI ALTRI. IL "DEGRADO'' POTEVA ESSERE RIASSUNTO IN UNA DOMANDA: CHI È NORMALE? - DAGO-INTERVISTA ALL’ARTEFICE DEL BORDELLO: “SCORTATA DA MATTEO GARRONE, UNA NOTTE È APPARSA PINA BAUSCH IMPEGNATA AL TEATRO ARGENTINA. SI ACCENDONO LE LUCI E UNA TRAVESTITA URLO': “AO' SPEGNETELE! IO STAVO A FA’ UN BOCCHINO. NUN ME NE FREGA ‘N CAZZO DE 'STA PINA!”

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…

shooting calendario pirelli 2026

A PRAGA SI SVAGA! – UNA PARATA DI STELLE STA PER INVADERE LA CITTÀ DI FRANZ KAFKA: PER LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO PIRELLI 2026 VENERDÌ 14, ALLA MUNICIPAL HOUSE, SONO ATTESI 500 ILLUSTRI OSPITI ACCOLTI DA MARCO TRONCHETTI PROVERA CHE AVRÀ AL SUO FIANCO TANTO BEL MONDO: DA TILDA SWINTON A GWENDOLINE CHRISTIE, GUERRIERA NEL ‘’TRONO DI SPADE’’, DALLE MODELLE IRINA SHAYK ED EVA HERZIGOVA, DALLA STILISTA SUSIE CAVE ALLA TENNISTA VENUS WILLIAMS, DA LUISA RANIERI A FAVINO – NON MANCHERÀ CHIARA FERRAGNI ALLACCIATA ALL’EREDE GIOVANNI TRONCHETTI PROVERA…

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...