MARCATURA, DURA E PURA - FABIO CANNAVARO (PALLONE D’ORO 2006): “OGGI AL DIFENSORE VIENE INCULCATA L’IDEA CHE DEVE IMPOSTARE IL GIOCO. MA DEVE INNANZITUTTO SAPERE DIFENDERE”

Enrico Currò per "la Repubblica"

Cannavaro, il Pallone d'oro cambia la vita?
«Non so se a me l'abbia cambiata più il Pallone d'oro o il Mondiale. Tutti dicono che il premio non gli interessa, però se non lo vincono gli brucia. Entri in una nicchia di eletti. E fa sempre discutere».

Fu così anche nel suo caso.
«Lo meritai, sia in Nazionale sia nella Juve. Ero il capitano dell'Italia campione del mondo e quell'anno giocai benissimo».

Oggi sono cambiati i criteri.
«Prima si valutava più l'annata, mentre ora con l'unificazione tra Pallone d'oro e Fifa World Player si tende a scegliere il migliore di tutto un periodo».

Prima lo assegnavano i giornalisti, ora anche capitani e ct: è più equo così?
«Io nel 2006 misi d'accordo tutti! Vinsi sia il Fifa World Player sia il Pallone d'oro. Oggi la giuria più allargata può diminuire le polemiche».

Mica tanto: si dice che Cristiano Ronaldo presenzi alla premiazione, dopo la gaffe di Blatter pro Messi, solo perché sa di avere vinto.
«I tre candidati erano tutti all'altezza».

Lei a chi l'avrebbe dato?
«A Ribéry, visto quello che ha vinto col Bayern. Però il favorito era Cristano Ronaldo: per quello che rappresenta, per quello che ha fatto in campo e per la continuità».

Non capiterà più che vinca un difensore come lei?
«Io vinsi nell'anno in cui Ronaldinho e Henry persero tutto e Zidane al Mondiale fece la cosa che tutti sappiamo. Se in 57 anni sono stato l'unico difensore puro premiato, un motivo ci sarà».

Fu il culmine, per la scuola difensiva italiana.
«Non vinse la scuola, vinsi io. Ma è stato importantissimo, per fare capire una cosa di cui ci siamo dimenticati in fretta: che la nostra scuola, con la nostra mentalità, ha saputo tirare fuori un Pallone d'oro. Oggi al difensore viene inculcata l'idea che deve impostare il gioco. Ma il difensore deve innanzitutto sapere difendere».

E' preoccupato?
«Molto. Si deve andare nelle scuole a fare capire ai ragazzi che va bene sapere impostare, ma l'essenziale è commettere pochi errori. L'attaccante può sbagliare, il difensore no. Oggi si difende come reparto e non a livello individuale. Ma se ti abitui così, poi non sai più difendere. Se un allenatore ha il dogma della difesa a 3 o a 4, è una sua sconfitta personale».

Infatti Prandelli teorizza la duttilità.
«Sa che dietro i tre della Juve, purtroppo, c'è ben poco. Non è normale vedere nei club italiani certi errori di attenzione, di posizione e di superficialità. Ora i difensori più bravi nell'uno contro uno sono stranieri: Ramos, Piqué, Thiago Silva, Pepe».

La famosa marcatura.
«La marcatura a uomo a tutto campo non tornerà più. Ma la concentrazione è indispensabile. L'Under 21 ha perso l'Europeo per errori difensivi individuali, non perché la Spagna fosse più forte. Si può lasciare saltare un avversario da solo in area?».

Parla da allenatore.
«Qui a Dubai ho iniziato ad allenare e mi sta piacendo molto. Ho idee chiare e non sono idee da difensore. Voglio condividere la mia esperienza con i giovani. In Italia o all'estero: a giugno mi scade il contratto ».

L'ultimo Pallone d'oro italiano resterà all'estero?
«L'Italia è casa mia, ma vedo una certa paura nell'affidarsi a noi "giovani", col pretesto che non avremmo esperienza: Gattuso, ad esempio, ha lavorato bene a Palermo, gli andava data più fiducia. L'importante è iniziare: io ormai, tra il corso e questa stagione, ho 3 anni di tirocinio. E una certa esperienza, in 20 anni da calciatore internazionale,
mi pare di averla accumulata».

Irrompono i campioni di Berlino.
«Per 15 anni ho preso appunti sulle cose buone e cattive dei miei allenatori e ogni tanto me li vado a rileggere: gli atteggiamenti prima e dopo la partita, i commenti a caldo, la gestione dello spogliatoio. Ho un sogno, che svelerò tra qualche anno ».

Allenare la Nazionale?
«Ora della Nazionale faccio il tifoso. In Brasile la squadra ha buone possibilità: un giusto mix tra giovani e veterani e 4 anni di esperienza sulle ceneri del 2010. Ha Buffon e Pirlo che allora s'infortunarono, De Rossi che è cresciuto, un ct bravo, Balotelli che può fare il salto di qualità. I giocatori devono cominciare a prepararsi da adesso».

Ma sarà un Mondiale condizionato dal clima.
«I diritti tv, gli sponsor e i paesi che spendono più soldi vengono ascoltati molto più dei calciatori».

In Qatar si deve giocare d'inverno?
«Vivendo a Dubai da 4 anni, ho giocato ad agosto con 42 gradi: ci giochi e ci vivi, per carità, ma d'estate sarebbe un Mondiale a chi si stanca più tardi. Se si è scelto il Qatar, bisogna sapere che in giugno e luglio è impossibile mettersi la cravatta, figuriamoci giocare a calcio».

Cannavaro, le capita di ripensare a quel Pallone d'oro?
«Ripenso all'esperienza fantastica del Mondiale, con 22 amici e con un allenatore straordinario, che si sta rimettendo in discussione in un altro mondo: Lippi è andato a vincere una Champions in un altro continente, ma non era bollito? Quella spedizione ci ha trasformato da giocatori normali in leggende. Peccato che stiamo facendo il possibile per rovinare l'immagine di Berlino. Stadi come zone franche in cui comandano i violenti, calcioscommesse, curve chiuse: è un messaggio che impoverisce il nostro calcio. Per fortuna non è irreparabile».

Come si aggiustano le cose?
«Partendo dalle scuole. A Napoli il nostro insegnante di educazione fisica, il professor Scarpitti, faceva educazione sportiva: la strada è quella».

 

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