ricchi e poveri

MENO RICCHI E PIU' POVERI SENZA FRANCO GATTI - PIPPO BAUDO SULLA SCOMPARSA DELLO STORICO COMPONENTE DEI RICCHI E POVERI, GLI "ABBA ITALIANI": "FRANCO CON QUELLA FACCIA RIUSCIVA A ESSERE COMICO. COME BUSTER KEATON. LA MORTE DEL FIGLIO L'AVEVA DISTRUTTO. MA, POI, COSA C'È DI PEGGIO CHE SOPRAVVIVERE A UN FIGLIO? I RICCHI E POVERI PRECURSORI DEI MÅNESKIN? PIÙ CHE ALTRO I SEGUACI DEL QUARTETTO CETRA. ERANO VERA COMMEDIA DELL'ARTE...” – VIDEO

 

Alessandra Comazzi per “la Stampa”

 

È triste, Pippo Baudo, e certo non è un'espressione di circostanza.

ricchi e poveri sanremo 2020

Ne sta vedendo tanti, vecchi compagni, vecchi amici, vecchi talenti genere «questo l'ho scoperto io», che se ne vanno, sempre troppo presto.

 

Come ricorda Franco Gatti?

«Era simpatico, riservato, non espansivo, ma generoso. Ha avuto una vita tribolata».

 

I Ricchi e Poveri vinsero uno dei tanti Festival condotti da lei nell'85 con Se mi innamoro. Com' era il brano?

«Come tutti i loro: orecchiabile, meno facile di quanto si sarebbe detto a un primo ascolto. E di grandissimo impatto. Non a caso sono tra gli artisti italiani più venduti al mondo di tutti i tempi».

marina occhiena angela brambati

 

I precursori dei Måneskin?

«Più che altro i seguaci del Quartetto Cetra. Io li vedo molto simili. Anche se i Cetra erano formati da una donna e tre uomini, si possono ugualmente notare dei parallelismi. Di sicuro, Gatti era Felice Chiusano, il pelato. Loro non scrivevano né musica né testi, ma interpretavano quelli che Mogol, Minellono, Nicola Di Bari, Bardotti, Cutugno, Balsamo, scrivevano per loro. Tutti i migliori».

 

E come interpretavano?

«Con forza, vivacità, eccezionale capacità di armonizzazione. Anche per questo ricordavano il Quartetto Cetra».

 

Che Italia era quella dei Ricchi e Poveri?

RICCHI E POVERI - RETROSCENA DELLA SEPARAZIONE 1981

«L'Italia che si poteva girare per due anni con uno spettacolo di teatro tenda, Alle nove sotto casa, si intitolava. Era il 1975, il nostro lavoro era ancora raccontato dai Cinegiornali Luce. E noi viveva praticamente insieme ».

 

Un teatro tenda alla Gassman? Portare lo spettacolo al pubblico, invece che il pubblico allo spettacolo?

«È stato anche quello. Era un varietà. Con le ballerine, le primedonne, le soubrette, i cantanti, ricordo Gianni Nazzaro con Solvy Stubing. Teatro vero come la vita, alla portata di tutti, un bell'esperimento. Quella era l'Italia. Contraddittoria. Periodo cupo, ma anche pieno di voglia di sperimentare, cambiamenti, nuove leggi, foriero di una nuova idea di spettacolo».

 

Come si spartivano i ruoli, i quattro?

pippo baudo foto di bacco (3)

«Sembravano i protagonisti della commedia dell'arte. Angela Brambati era la soubrette divertente, una Ninì Tirabusciò, per intenderci. Angelo Sotgiu era il bello, il cavaliere goldoniano. Marina Occhiena la maliarda conquistatrice e Franco il simpatico. Lui aveva una faccia sempre seria, ma con quella faccia riusciva anche a essere comico. Sa Buster Keaton, l'uomo che non sorrideva mai? Franco era un po' così. Ma come tutte le persone che sanno far ridere, era anche molto triste. La morte del figlio l'aveva distrutto, e prima l'aveva distrutto la sua vita. Ma, poi, cosa c'è di peggio che sopravvivere a un figlio?».

 

 

PIÙ POVERI SENZA FRANCO

Massimo Iondini per “Avvenire”

 

ricchi e poveri

Se ne va un pezzo d'Italia canora. Quello del tradizionale cantar leggero sanremese, dei cantagiri e delle canzonissime che i Ricchi e Poveri hanno incarnato. Il loro stesso nome evocava del resto qualcosa di simpaticamente "provinciale" e semplice. Alla "poveri ma belli", da commedia e televisivo bianco e nero.

 

Un nome affibbiatogli da altri, oltretutto. Il quartetto ora non c'è più, per davvero, definitivamente. Il secondo gruppo italiano per vendite di dischi dopo i Pooh (oltre 22 milioni) ha perso ieri il più anziano del quartetto, Franco Gatti. La critica, snob per definizione, aveva sempre storto il naso di fronte a quegli Abba nostrani. Ma la gente li amava.

 

E ora piange quello con i baffi e la voce più bassa, colui che sul palco sorrideva meno perché apparissero ancora di più la simpatia effervescente di Angela Brambati e il biondume della "rivale" Marina Occhiena con il "bello" Angelo Sotgiu che, nei primi anni 60, con Gatti faceva parte dei Jets.

 

Tre anni dopo ecco nascere i Ricchi e Poveri, quasi subito vincenti con quel perfetto assortimento estetico e vocale. Il trampolino di lancio, per loro tutti liguri, di Genova, non poteva che essere Sanremo. Con due titoli (c'erano ancora gli abbinamenti con altri artisti) a dir poco "profetici": La prima cosa bella nel 1970 (cantata anche da Nicola di Bari) e Che sarà l'anno dopo (in abbinamento con Josè Feliciano). Entrambe le volte un secondo posto.

 

franco gatti

Ma per Franco Gatti, ottant' anni appena compiuti (lo scorso 4 ottobre), la prima cosa bella della vita, più ancora della carriera artistica, era la famiglia. Quella che gli ha anche inferto il più atroce dei dolori, la perdita di un figlio. Quella che gli consentiva sempre e comunque di «andare avanti e vivere la vita nel miglior modo possibile, cercando di rallegrare se stessi e gli altri, senza dare mai fastidio ma cercando l'amicizia delle persone che lo meritano». Si raccontava così Franco nel 2020, anno della trionfale reunion dei Ricchi e Poveri a Sanremo.

 

Affranto dalla morte improvvisa del figlio Alessio, il 13 settembre 2013, proprio mentre i Ricchi e Poveri erano al Festival per ricevere un Premio alla Carriera, non ritirato, Franco aveva abbandonato il gruppo nel 2016 per dedicarsi solo alla famiglia, sua moglie e sua figlia. Si era poi fatto convincere a tornare a cantare, proprio ripartendo dal Teatro Ariston sette anni dopo, quasi per tentare di esorcizzare quel dolore esploso proprio lì, nella città dei fiori che tanto aveva rappresentato per lui e per il gruppo, dopo quella tragica telefonata.

 

ricchi e poveri.

«Credo che Ballata per Genova nel 2019 e il Festival di Sanremo nel 2020 siano stati tra i momenti più belli degli ultimi dieci anni della sua vita. Il mio pensiero - ricorda con commozione Amadeus - va innanzitutto alla sua famiglia ma anche agli stessi Ricchi e Poveri e a tutte le persone che hanno lavorato con lui. Mi piace ricordarlo proprio sul palco dell'Ariston: ho rivisto nei suoi occhi la gioia di una persona molto attaccata alla storia dei Ricchi e Poveri, sempre e comunque sorridente, ironico e simpatico».

 

Quello che emerge da chi lo ha conosciuto è il ritratto di una persona timida, riservata e buona. I Ricchi e Poveri sono stati la famiglia artistica di Franco Gatti dal giorno in cui, nel 1967, vennero ribattezzati così da Franco Califano perché, diceva, erano «ricchi di idee, ma poveri di soldi». Un giorno, dopo essere stati invitati per la quinta volta a pranzo da Califano, suggerisce loro, dopo aver scoperto che i quattro ragazzi non avevano molti soldi, di adottare il nome che li ha poi resi celebri. Decide di diventare il loro produttore, li fa restare a Milano, pagando loro albergo e vestiti, e crea un nuovo look per ognuno, che comprende un taglio maschile per i capelli di Angela e un'ossigenata a quelli di Angelo e Marina.

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«È andato via un pezzo della nostra vita. Ciao Franco», dicono ora commossi i suoi compagni di viaggio, quelli con cui ha calcato i palchi di mezzo mondo, con hit immortali come Sarà perché ti amo, Che sarà, Se m' innamoro, La prima cosa bella, Mamma Maria e Voulez vous danser. Tutti successi dalla melodia accattivante e testi all'insegna della spensieratezza e dell'allegria, cantati a memoria e amati da più generazioni.

 

Considerati, come detto, gli Abba italiani, i Ricchi e Poveri hanno un posto tutto loro nella storia della musica: un quartetto polifonico, formato da due voci maschili, il "baffo" Franco Gatti e il "biondo" Angelo Sotgiu, e due voci femminili, la "brunetta" Angela Brambati e la "bionda" Marina Occhiena. Quest' ultima aveva lasciato per prima il gruppo, nel 1981.

 

Da quel momento i Ricchi e Poveri si imposero come trio, fino al giorno dell'uscita di Franco che portò ad una pausa di riflessione e ad una breve parentesi in duo Angela e Angelo. Infine la reunion del quartetto, rimesso insieme con grande sensibilità dal manager Danilo Mancuso, che convinse Marina e Franco a tornare nel gruppo.

 

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Dopo l'esibizione a Sanremo, con la standing ovation in teatro e un picco di ascolti in tv, e dopo un nuovo album insieme, i Ricchi e Poveri sarebbero dovuti ripartire per un tour anche all'estero, toccando Paesi in cui sono celebri come la Russia, ma l'esplosione della pandemia da Covid, poi la guerra e la morte inattesa di Franco hanno interrotto il sogno.

 

L'ultima esibizione dei Ricchi e Poveri al completo è stata in una serata evento di Rai 1 lo scorso anno, condotta da Carlo Conti. «Per fortuna siamo riusciti a fare la reunion, lui voleva rivedere il gruppo riunito prima che succedesse qualcosa », ha raccontato Marina Occhiena ieri a Storie italiane, il programma condotto da Eleonora Daniele su Rai 1. «È stata una cosa bellissima, un grande dono anche per i fan che ci hanno seguito per così tanto tempo. Dopo Ballando con le stelle, nel settembre del 2020, non ci siamo più visti tutti insieme. Il Covid ci ha portato via due anni e all'età di Franco non sono pochi».

 

Domani a Genova, alle 11.30 nella chiesa di San Siro nel quartiere Nervi, l'ultimo saluto all'artista, omaggiato sui social da tanti colleghi, amici e politici, in primis la premier in pectore Giorgia Meloni.

 

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