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PIÙ DEL FANGO DELL’INDIGNAZIONE, POTÉ IL TANGO DELLA RETORICA - GIORDANO: “NON SE NE PUÒ PIÙ DI ‘STA MELASSA: “ANGELI” USATI COME SCHERMO PER COPRIRE CHI È SPARITO” - MARCENARO: “SEVERGNINI EVITI IL POMPINO A QUELLI CHE SPALANO”

1. ANDREA'S VERSION

Andrea Marcerano per "il Foglio"

 

Mario Giordano Mario Giordano

Senta, Severgnini, i ragazzi che spalano a Genova fanno bene a spalare, bene alla comunità e bene a loro stessi, ma eviterei, in questo momento, di fare un pompino agli angeli del fango. Sottrarrebbe preziose energie. Senta, Severgnini, non sono eroi, sono ragazzi normali, fanno una cosa normale, vanno in guerra senza spingere il nonno, come in tutte le guerre. E come in tutti i soccorsi.

 

Qualcuno di loro, magari tra qualche giorno, gonfierà un obeso dal culo e lei ci spiegherà, con indignazione non dissimile dalla sua odierna zuccherosità, come la nostra sia la perduta gioventù dei diavoli fangosi. Senta, Severgnini, lasci perdere. Che “noi adulti, nel nostro sconfinato egoismo, non siamo stati capaci, non abbiamo neppure il coraggio che viene dalla necessità”, è una scemenza di autocritica che non costa niente. O parli per sé.

Mario Giordano Mario Giordano

 

Che invece Renzi non possa limitarsi a dire “grazie ragazzi”, ma debba “finalmente fare”, questa non è davvero male, trattandosi di critica divinamente à la page. Le dirò una cosa. I ragazzi che andarono a Firenze, e nel Belice due anni dopo, tornarono giustamente fieri delle loro esperienze e non pochi tra loro guardarono chi non andò con un qual senso di superiorità. Con talune ragioni verso alcuni e molti torti verso altri. Si recuperò con fatica. Tra l’altro senta, Severgnini, io non ho motivo alcuno di sospettare che lei sia mai andato a Firenze, né nel Belice, né prima, né dopo, né da giovane, né da vecchio, né da così così. Nessunissimo motivo, sapesse quanti stronzi si incontravano anche là.

 

 

2. I DEMONI DEL FANGO

Mario Giordano per "Libero quotidiano"

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Non se ne può più di tutta ’sta melassa sugli angeli del fango. Ormai non c’è trasmissione, telegiornale, articolo, titolo, intervento, ragionamento sulla catastrofe genovese che non metta al primo punto il tributo alla «meglio gioventù», «all’impegno che dà fiducia», «le mani nere di fango» e le «bionde trecce sporche di melma», come canta Beppe Severgnini ispirato da Lucio Battisti nell’editoriale del Corriere. Commovente.

 

E gli altri non sono da meno: Adriano Sofri su Repubblica celebra le «vanghe precarie», il Secolo XIX esalta «l’esercito in T-shirt», la Stampa si intenerisce di fronte ai «pantaloncini corti» e «pale più grosse di loro», tv e quotidiani riportano in continuazione le frasi di questi ragazzi che dicono cose fondamentali come «È importante dare il proprio contributo» oppure «Voglio essere utile perché siamo tutti fratelli».

SEVERGNINI A BAGNAIA SEVERGNINI A BAGNAIA

 

Lasciando alla fine l’amara sensazione che la nuova alluvione, quella della retorica, a Genova sta facendo più danni che il Bisagno in piena. La folla di ragazzi che spala, infatti, non serve altro che a coprire l’assenza degli altri. Delle istituzioni locali. Dei responsabili veri. Di amministratori e governatori, del commissario alle alluvioni, di tutti quelli che non hanno fatto nulla prima per evitare il disastro e non hanno fatto nulla dopo, quando il disastro è avvenuto.

 

L’altro giorno, mentre scorrevano le ennesime immagini di queste torme di giovani volonterosi che toglievano fango da un tombino, magari solo per metterlo in un altro tombino, in un clima generoso e compiaciuto, a metà fra il «c’ero anch'io» e la gita scolastica, un amico mi ha chiesto: «Bisogna fare i complimenti a tanto slancio altruistico, per carità. Ma non è che tutta sta gente improvvisata intralcerà i lavori dei professionisti?».

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Io l'ho guardato un po' stupito: e chi vuoi che intralcino, amico mio? Non lo vedi che dietro di loro non c’è nessuno? Ecco, il problema è proprio questo: sotto la retorica, nulla. Dietro il beau geste, la devastazione. E così continuiamo a riempire pagine di lacrime e emozioni, con le gote rosse e gli occhi azzurri, mare nero mare nero mare ne, l’immigrata che spala a fianco di quelli che la insultano, lo sportivo che ovviamente «gioca la partita più importante», le magliette-ricordo «Non c'è fango che tenga», ci commuoviamo per la passerella dei campioncini locali, il terzino del Genoa, il giocatore di rugby («Noi nel fango ci muoviamo bene».

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Ah ah, che ridere), l'artista di quartiere in cerca di gloria e magari un po’ di pubblicità. E ci spelliamo le mani quando vediamo arrivare un centinaio di venditori ambulanti senegalesi, organizzati e guidati da tal Mamadou Bousso, con le t-shirt «Nessuno è straniero». Tanto slancio fa dimenticare persino qualche risposta un po’ avventata, come quella della ragazza intervistata al telegiornale che alla domanda: «Da quanto scavi?», risponde: «Da mezzogiorno».

 

Con calma, ovvio. E fino a quando continuerai? «Fino alle 17». Si capisce: dopo bisogna prepararsi per l’aperitivo. Ma i ragazzi fanno i ragazzi, generosi, idealisti, con voglia di partecipare e di sentirsi importanti, magari anche di divertirsi (belli i balletti e i flash mob organizzati tra una spalata e l’altra, finiscono subito sul web), che male c'è? Se sono lì, in mezzo al fango, meritano rispetto e basta. Quello che non merita rispetto è la retorica con cui li raccontiamo, è l’averli subito ribattezzati «angeli» e trasformati in «eroi», perché è stato fatto appositamente, in modo subdolo, per usarli come schermo, per coprire con le loro «bionde trecce», gli oscuri intrecci di chi invece è sparito.

GENOVA - BISAGNO 3GENOVA - BISAGNO 3

 

L’esercito non si è visto per tre giorni, eppure era pronto a partire: perché nessuno l'ha chiamato? La Protezione civile offriva rinforzi, con uomini super addestrati, da altre parti d'Italia: perché nessuno li ha chiamati? Davvero qualcuno pensa che possano bastare gli angeli del fango? O questi ultimi sono stati enfatizzati proprio per coprire le latitanze altrui? Lo ripetiamo: il comune è stato governato dalla sinistra negli ultimi 22 anni consecutivamente. La Regione è stata governata dalla sinistra per 17 anni su 22.

 

L'attuale governatore Burlando ha avuto qui tutti i poteri possibili e immaginabili, compresi quello di commissario straordinario per l'alluvione. E il premier Renzi si è tenuto la delega alla Protezione civile. Fra l'altro risulta che il 5 agosto scorso le imprese che dovevano eseguire i lavori per la messa in sicurezza di Genova avevano scritto al presidente del Consiglio, per altro senza riceverne risposta. E lo avvertivano: tutti i i ricorsi sono stati respinti, i cantieri possono aprire, perché nessuno si muove? Si rischia un altro 2011... In effetti: è quello che è successo. Dunque: gli amministratori potevano agire ma non l'hanno fatto.

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E adesso, dopo averla buttata in caciara prendendosela con la burocrazia, i cavilli, la giustizia lenta e il destino cinico e baro, pensano di cavarsela con le lacrimucce per i bravi ragazzi con le mani nella melma? O con qualche frase ad effetto? Quella del premier l'altro giorno («Spalerò la burocrazia come gli angeli del fango spalano a Genova»), fra l'altro, è forse una delle più fastidiosamente retoriche che gli sia mai uscita. Non l'avrebbero lasciata passare nemmeno sul Manuale delle Giovani Marmotte.

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«Questa tragedia ci rende migliori», dice uno studente 18enne con la pala in mano a Repubblica. E forse lui, dal suo punto di vista, ha ragione. Questa tragedia forse rende davvero migliori i ragazzi che stanno spalando. Ma temo che possa rendere peggiore il Paese. Perché per rendere migliore il Paese, oltre che dalla melma, bisogna liberarsi dalla melassa. Oltre che "la meglio gioventù", bisogna indicare chiaramente le peggiori responsabilità. E prima ancora di capire chi sono gli angeli, per beatificarli, bisognerebbe capire chi sono i demoni del fango. Per cacciarli.

 

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