achille lauro

"C’E’ STATO BISOGNO DI ACHILLE LAURO PER SPIEGARE CHE IN ITALIA È IMPOSSIBILE ESSERE ARTISTI" - IL MARCHESE FULVIO ABBATE: "LA MASSIMA POSSIBILITÀ DI ESPRESSIONE ARTISTICA CONCESSA PER ANNI INQUADRAVA GIUSTO RENATO ZERO. COSÌ FINO ALL’AVVENTO DI ACHILLE LAURO. UN “ARTISTA” IL CUI NOME CUSTODISCE UNA POTENZA FLUORESCENTE. L’ELEMENTO DELL’AMBIGUITÀ DI GENERE E CITAZIONISTICA, RIFERITA UNA FANTASMATICA FLUIDITÀ SESSUALE, AMPLIFICA IL GLAMOUR..." - VIDEO

 

Fulvio Abbate per huffingtonpost.it

 

 

achille lauro

C’è stato bisogno dell’arrivo di Achille Lauro per spiegare lo stato dell’arte - esattamente dell’Arte come strumento di agitazione creativa o presunta tale – nella percezione media nazionale. È bene sappiate che nella nostra amata Italia è impossibile esserlo, ossia artisti riconosciuti come tali, con accluso salvacondotto di anticonformismo; colpa di un freno moralistico, per senso della misura piccolo borghese. Giusto ai papi si concede la pompa magna, flabelli compresi.

 

Nel migliore dei casi, nel quotidiano comune è permesso riconoscersi nel ruolo di condomini, anche nell’abbigliamento, ciò che nel lessico sciampistico prevalente è detto “look” e “outfit”,  parole che meritebbero una Norimberga linguistica, almeno per chi abbia il senso dell’originalità, se non del ridicolo.

 

ACHILLE LAURO BOSS DOMS

Il Belpaese, così nelle parole dall’abate Stoppani, che ci contempla ancora adesso dalla stagnola del formaggio, in termini di etichetta cavalleresca condivisa, non è mai andato oltre l’orizzonte “Davide Cenci”, ministeriale, blazer d’ufficio, grisaglia, scarpe mortuarie. Per la dama invece tailleur “Luisa Spagnoli” o in subordine sbarazzino “Zara”, così per ossequio al senso comune, gli stilisti di cui si favoleggiava negli anni Ottanta, gli Armani, i “Versaci”, le Krizia, questi ultimi sono soprattutto beni da esportazione. Forse soltanto Elio Fiorucci ha suggerito una via di liberazione dall’insignificante al limite dell’opzione espressiva, estetica.

 

achille lauro

Per farla breve, la massima possibilità di espressione artistica concessa, nel senso di fantasiosità (esempio: la signora a cui viene chiesto che lavoro esatto svolge un genero che dovesse presentarsi con il medesimo stile di un Morgan, così risponde alla dirimpettaia: “È un tipo estroso!”) per anni inquadrava giusto Renato Zero, metti, in costume da Pierrot autarchico, una colomba a sormontarne la bombetta di un bianco immacolato, questo e nient’altro. Va poi ricordato che ogni tentativo nostrano di body art si è sempre dimostrati infruttuoso, lontanissimo dalla grazia dei britannici Gilbert & George, incapaci di buttare giù il muro di Ladispoli o di Lignano Sabbiadoro o di Ficarazzi, per indicare un orizzonte oltre il nazionalpopolare.

 

Così fino all’avvento di Achille Lauro. Un “artista” il cui nome custodisce una potenza fluorescente, nonostante, almeno ai minimamente informati di storia patria, faccia riverberare il volto e le scarpe spaiate elettorali del trascorso armatore partenopeo, e ancora l’immagine di una sedia a rotelle che viene giù con il suo passeggero di religione ebraica, Leon Klinghoffer, così dal ponte dell’omonimo natante da crociera, assassinato da terroristi palestinesi.

achille lauro boss doms

 

Intendiamoci, Achille Lauro non è un cantante, meglio, irrilevante che lo sia, secondario perfino che qualcuno ne ricordi i brani, Achille è ciò che l’uomo medio osserva per poi dire a se stesso: “Guarda, c’è l’artista!” “Lui sì che se lo può permettere!”. L’elemento dell’ambiguità di genere e citazionistica, riferita una fantasmatica fluidità sessuale, amplifica il glamour, un ismo estetico-concettuale che ha alle spalle, fra molto altro, l’icona di Bowie. Aggiungiamo che i più severi studiosi di estetica, non gli “hair stylist” di Miss Italia, suggeriscono da tempo che l’unica forma di vitalità creativa presente nel tramonto dell’Occidente post-capitalistico giunge proprio dal mondo Lgbt.

 

achille lauro

In realtà, posto che il sistema dell’arte con i suoi stand (sia detto anche in senso tecnico di espositore di abiti) è governato dai comma 23 del glamour, occorre dire che una semplice vetrina “Gucci” o “Dolce & Gabbana” di via Monte Napoleone surclassa ogni possibile “Biennale” veneziana o “documenta” di Kassel. Non è un caso d’altronde che proprio dalla “Gucci” si siano presi in carico l’allestimento spettacolare di Achille nostro.

 

Rammentate la scena de “La grande bellezza”, dove la performer prova ad aver ragione dell’Acquedotto Claudio a testate in nome delle “vibrazioni”? Lì si vorrebbe citare Marina Abramovich e le sue performance, certo filone aureo artistico, gli anni ’70, l’apogeo della “body art” come luogo di “scandalo”, appunto.

 

achille lauro

L’ho già detto, qui da noi è impossibile essere artisti, no? Nel migliore dei casi ci si può riconoscere nel prevedibile Oscar come non protagonisti di condomini, anche nell’abbigliamento privo di deragliamenti estetico-formali. A latere, appare una Vanessa Beecroft, i cui “tableau vivant” di modelle acconciate in una sorta di peplum art, a dispetto d’ogni riscontro tra la bella gente e dei committenti sono solo vetrinismo, così da suggerire celeste nostalgia perfino per il più povero universo “Facis” già caro a zio Manlio, impiegato all’annona.

 

Nel momento in cui dalla “Gucci” suggeriscono a Lauro di testare su di sé l’icona di San Francesco al meglio del suo fulgore alla corte del sultano, come fosse Erté, l’unico dandy della moda cui sia mai stato concesso di intonare i propri abiti ai tendaggi di casa nella Parigi dei trascorsi anni ’20, poi il piumaggio boldiniano della marchesa Luisa Casati, “Coré” nelle parole di D’Annunzio, con la quale condivideva il piacere per la “mattonella di Persia” (così il Vate chiamava la cocaina) e ancora, e ti pareva, David Bowie, il viso solcato dalla saetta di “Aladdin Sane”, in quello stesso momento mettendo in moto il girmi del glamour con la sua dorata banalità, tutti noi abbiamo la certezza che non si stia dando sedizione, più semplicemente la certezza rassicurante di demandare ad altri la libertà di trascendere la modestia del pigiama e delle ciabatte del nostro già menzionato detestabile quotidiano.

achille lauro con il copricapo di gucci

 

A nessuno di noi sarebbe concesso di andare nudi e neppure in mutanda tattica, metti “dal cinese sotto casa” a comprare la lettiera per il gatto, all’“estroso” Achille Lauro, invece sì. L’artista, la boy art insomma si riconosce qui da noi dalla libertà di trascendere il pigiama.    

achille lauro gucciachille lauro gucciachille lauroACHILLE LAURO - MAGO FORRST - FABIO FAZIOachille lauromara venier achille lauro boss domsachille lauroachille lauroachille lauroachille lauroachille lauro con il copricapo di gucciachille lauro sanremo

Ultimi Dagoreport

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL COLLE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI, E A FRANCESCO GAROFANI C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA) - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? FORSE NON ESISTE. PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? ANCHE SE CI FOSSE PROBABILMENTE NON POTREBBE, PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?