LA STORIA DEL MANAGER SIMONE PEROTTI CHE LASCIA IL LAVORO E SI TRASFERISCE SU UN'ISOLA GRECA (E SI E’ COSTRUITO UNA CASA DA SOLO): “IL MIO OBIETTIVO ERA UN NUOVO MODELLO DI VITA: VIVERE CONSUMANDO MENO, AUTOPRODUCENDO TUTTO, DALL'ENERGIA AL SAPONE, IMPATTANDO MENO SULL'AMBIENTE, RIDUCENDO TUTTO QUELLO CHE ALIENA" - "IN ITALIA SAREBBE STATO IMPOSSIBILE: LE ZONE COSTIERE SONO MOLTO COSTOSE" - LA SUA STORIA NEL LIBRO “L’ALTRA VIA” 

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Candida Morvillo per il "Corriere della Sera"

 

All' inizio di marzo 2020, Simone Perotti e la sua compagna Federica si sono trovati isolati su un' isola senza isolani : «Sembrava un tragico scioglilingua», scherza lui.

 

Nei mari greci, fra Ionio e Egeo, erano arrivati per una sfida radicale: ricostruire un rudere con le proprie mani e abitarci, scommettendo che si può vivere meglio con meno. Nel 2009, Perotti, già manager del marketing e della comunicazione, aveva scritto Adesso Basta , sottotitolo: lasciare il lavoro e cambiare vita. Lui si era licenziato allora, senza aver ereditato e cominciando a vivere del poco che si guadagna coi libri, però coltivando l' orto, facendo il pane, riciclando e recuperando tutto. La casa dell' isola di Citera doveva essere l' ultima tappa del percorso. Pandemia e lockdown l' hanno complicata non poco. Ne è nato un nuovo libro, L' altra via, appena uscito per Solferino editore.

simone perotti l'altra via simone perotti l'altra via

 

«Quando ci siamo ritrovati lì», racconta, «con un traghetto prenotato nel novembre prima, la macchina strapiena, una tenda per accamparci, quella prenotazione si è rivelata l' ultimo elicottero da Saigon. Siamo sbarcati con la sensazione che dietro di noi crollassero i ponti».

 

Alla fine, mentre milioni di italiani si lamentavano di stare sul divano, voi avete costruito una casa vera?

«Lo dico piano, col rispetto per chi ha sofferto, ma è interessante pensare a come questa pandemia ha trovato ciascuno di noi. Stavi già sul divano o stavi controcorrente, provando a realizzare quello che sognavi? Eri incollato a una scrivania o già lontano da città non più adatte alle sfide contemporanee, come il Covid ha dimostrato? Beccarsi i problemi della storia mentre stai facendo tutto quello che puoi per il tuo progetto è anche un gesto politico sociale».

 

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Qual era il progetto?

«Costruire un nuovo modello di vita: vivere consumando meno, autoproducendo tutto, dall' energia al sapone, impattando meno sull' ambiente, riducendo tutto quello che aliena. Si può fare, se hai bisogni molto bassi».

 

Perché la Grecia?

«Io amo il mare, ho girato tutto il Mediterraneo con un 18 metri a vela in comproprietà con altre 50 persone. Federica è apneista. Prima, faceva la biologa e uno dei suoi progetti è fare qui un orto sinergico, mentre io ho un progetto di pesca per mangiare. Un' isola remota, non turistica, e un rudere a pochi euro era il luogo ideale. In Italia, sarebbe stato impossibile: le zone costiere sono o costose o, per fortuna, protette. E la burocrazia è tale che qualunque altro Paese è più facile del nostro».

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Qual è la soddisfazione di costruire una casa da soli?

«Io sono convinto che un cacciavite ci salverà: non possiamo annullare la dimensione fisica pensando di salvare quella psichica, non possiamo fare tutto con l' elettricità, l' ascensore, e poi andare dall' osteopata o al Pilates perché, guarda caso, la schiena non funziona più. Io ho bisogno di stancarmi fisicamente, se no, non mi rigenero.

 

E poi, costruire è bellissimo: all' inizio ti senti un inetto, perché ce l' hanno fatto credere, ma se ci provi cento volte impari a fare qualunque cosa. Noi consideriamo un insuccesso comprare qualcosa, acquistiamo al massimo collanti e viti. Sull' isola abbiamo fatto dei tavoli bellissimi con legno di recupero: basta bagnarlo di continuo e metterci sopra dei pesi per ridargli forma. Ci abbiamo messo settimane. Con l' acqua e il sole, vedi il legno che si raddrizza di ora in ora: sono cose che fanno bene all' anima, non al tavolo».

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Soddisfazione maggiore?

«Il forno a legna fatto con l' argilla e i mattoni di recupero, senza cemento. Abbiamo sfornato le prime focacce davanti al mare, dopo aver temuto che crollasse tutto. Pensavo: il mio epitaffio sarà "un giorno, quest' uomo, ha chiuso una volta di mattoni e argilla"».

 

Cosa è la nuova élite di cui parla nel libro?

«Sono convinto che, in pandemia, un' enorme quantità di persone non ha perso la brocca: sono persone che non credono alle cose che gli dicono, tipo che bisogna consumare, consumare, consumare; sono persone che verificano le notizie, non comprano niente se non hanno capito di che si tratta. E sono una foresta silenziosa, che non fa rumore rispetto a negazionisti, no-mask e terrapiattisti vari. Potrebbero guidare il mondo se solo acquisissero una sorta di coscienza di classe».

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Come è andata la vita di coppia, coi disagi e la fatica?

«Federica ha lavorato tanto, non si stanca mai: ha dipinto tutto il soffitto che neanche una batteria di pittori, e su una scala alta quattro metri; ha spostato sacchi di cemento come me. In Grecia ci siamo anche sposati. Ci sembrava un gesto di speranza, bello da condividere con gli abitanti dell' isola che ci hanno aiutato, sostenuto, accolto. Abbiamo fatto la lista nozze in ferramenta: una tonnellata di sabbia, una di calce, motosega, levigatrice... Impazziamo per questi strumenti. Gli oggetti non ci dicono niente, a meno che non servano a costruire qualcosa».

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