calabria coronavirus

UNA BOMBA SANITARIA IN CALABRIA - 18 MORTI E 101 NUOVI CASI POSITIVI, 52 SOLO NELLA CASA PER ANZIANI DI CHIARAVALLE. IL FOCOLAIO RISCHIA DI MANDARE IN TILT IL SISTEMA DELLA SANITA’ CALABRESE - NELLA STRUTTURA DEL CATANZARESE, SU 60 OSPITI E 41 DIPENDENTI IN MENO DI 24 ORE RISULTATI POSITIVI AL VIRUS 40 DEGENTI E 12 OPERATORI - GLI OSPEDALI DELLA REGIONE SONO GIÀ IN AFFANNO

ALESSIA CANDITO per repubblica.it

 

 

ITALIA Coronavirus

Un focolaio che rischia di mandare in tilt l'intero sistema sanitario regionale calabrese. Una residenza per anziani che, dopo Lodi, Palermo, Messina, Brescia, e le innumerevoli ancora sotto osservazione, si trasforma in una potenziale bomba sanitaria. Alla Domus Aurea di Chiaravalle centrale, in provincia di Catanzaro, su 60 ospiti e 41 dipendenti, in meno di 24 ore sono stati accertati 52 casi positivi al coronavirus, tra i quali 40 degenti e 12 operatori, di cui 34 già con febbre e 7 immediatamente trasferiti in ospedale. Altri ulteriori 15 casi sono da rivalutare perché dubbi. "Una catastrofe" si commenta al Dipartimento Salute della Regione, dove si inizia a ragionare sui numeri. E lo scenario è potenzialmente disastroso.

GIOIA TAURO - SEQUESTRATI FALSI KIT PER DIAGNOSTICARE IL CORONAVIRUS

 

 

A tre settimane dal primo lockdown che ha chiuso l'Italia in casa e reso concreta e urgente la necessità di prepararsi su tutto il territorio nazionale al potenziale dilagare dell'epidemia, la Calabria continua a fare i conti con l'esiguità del suo sistema sanitario. A dispetto delle promesse di rapido potenziamento, i 107 posti di terapia intensiva, già occupati per l’80% dunque con poco più di 20 letti realmente disponibili, di tre settimane fa sono aumentati solo di poche decine. Adesso sulla carta sono 139, ma la dotazione già è stata erosa dai primi 23 pazienti positivi al Covid-19 che necessitano di assistenza respiratoria. Traduzione, in tutta la regione rimarrebbero solo una quarantina di posti, meno dei 52 risultati positivi solo a Chiaravalle, mentre i contagi crescono in tutta la Calabria.

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"Abbiamo 73 posti di pneumologia, 53 in attivazione, e 146 posti in Malattie infettive" ha detto ieri la governatrice Jole Santelli al Consiglio regionale, che a due mesi dalle elezioni si è riunito per la prima volta. Ma dall'ultimo bollettino regionale 101 sono già stati occupati, con una percentuale di crescita dei casi che si aggira attorno ai 30 in più al giorno. Un numero destinato a schizzare verso l'altro con quello che in Calabria è già il "caso Chiaravalle".

rep

 

A svelare il guaio, il rapido aggravarsi delle condizioni di salute di una degente ultranovantenne. Febbre persistente, tosse senza tregua. I sintomi erano chiari e ormai fin troppo noti ed è stata subito sottoposta a tampone. Quando l'esito positivo è arrivato, subito è scattato l'allarme. Pazienti e personale sono stati tutti sottoposti a screening e il risultato - ancora parziale - è motivo di allerta per tutta la regione. E non solo perché un focolaio in una struttura in cui si concentrano i "casi sensibili" e ad alto rischio ospedalizzazione, nonché mortalità, rischia di mandare in affanno l'intero sistema, ma soprattutto perché potenzialmente infinite sono le reti sociali che si intrecciano alla Domus Aurea di Chiaravalle.

 

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Paesino di seimila anime che guarda allo Jonio dalle colline, Chiaravalle centrale fa da cerniera fra il catanzarese e il vibonese e vive in simbiosi con tutti i Comuni limitrofi. Insieme ad altri quattro è stato dichiarato zona rossa da cui non si può né entrare, né uscire, ma i virus non rispettano i check point ed è un'intera area - da cui provengono dipendenti e famiglie dei degenti, fino a qualche tempo fa autorizzate a regolari visite - a gravitare attorno alla Domus Aurea. Un'indagine epidemiologica però al momento è sostanzialmente impossibile. Secondo alcune indiscrezioni, mancano tamponi e operatori sufficienti. Mancano mascherine, tute, occhiali. Per adesso dunque, si cerca di tappare la falla. La Regione ha affidato all'assessorato alla Sicurezza l'istituzione un'unità di crisi per gestire la situazione, ma al momento ci si arrangia come si può.

 

Tramontata per indisponibilità dei gestori o carenze strutturali l'ipotesi di spostare degenti e operatori positivi in un albergo per la quarantena, si è deciso di dividerli per piani all'interno della stessa residenza. Un drastico cambio di rotta dettato dall'unità di crisi regionale, che ribalta le prime disposizioni con cui i responsabili della residenza avevano obbligato tutti - inclusi i dipendenti negativi - a non lasciare la struttura, senza disporre alcun tipo di divisione per cluster.

 

Nel frattempo, si tenta quanto meno di ricostruire su carta la mappa dei contatti di operatori e degenti, in modo da avere cognizione chiara dell'esercito di persone da monitorare e da mettere quarantena. Per testarli non sembrano esserci mezzi. E poi c'è il giallo su come l'epidemia sia arrivata fra gli anziani della Domus Aurea. Secondo le indiscrezioni, il "paziente zero" sarebbe un operatore, che subito avrebbe avvertito i responsabili della struttura di avere un conoscente positivo al Covid-19. Ma la sua richiesta di astensione dal lavoro per la necessaria quarantena sarebbe stata rispedita al mittente. Tutte circostanze da verificare, dicono dalla Regione. Ma dopo. Adesso la priorità è tentare di tappare la falla, nella speranza che non diventi un cratere in grado di affondare la nave.

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