MA NON ERA SOLO UNA COMPARSA? E' NATA LA FIGLIA DI MARIANNA PODGURSKA, LA MAMMA CON IL PIGIAMONE A POIS DIVENTATA IL SIMBOLO DEL BOMBARDAMENTO ALL'OSPEDALE DI MARIUPOL: "L'ABBIAMO CHIAMATA VERONIKA PERCHE' SIGNIFICA 'COLEI CHE PORTERA' VITTORIA'" - LA PROPAGANDA RUSSA AVEVA SOSTENUTO CHE QUELLO NON ERA UN OSPEDALE ATTIVO, MA "UN EDIFICIO USATO DAI NEONAZISTI UCRAINI DEL BATTAGLIONE AZOV" E CHE LA DONNA ERA SOLO UN'ATTRICE... - VIDEO

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Monica Perosino per "La Stampa"
 

Marianna con la figlia Veronika Marianna con la figlia Veronika

La propaganda è un'arma infame, dalla potenza tanto invisibile quanto micidiale. È infame, perché non concede nemmeno l'onore della battaglia alle sue vittime. In guerra, e in pace, spara da entrambe le linee del fronte, controlla cervelli, infiamma complotti, seppellisce la verità. Ma questa volta la vita s'è presa un riscatto.
 
«L'abbiamo chiamata Veronika, perché significa colei che porterà la vittoria». Veronika è nata in un rifugio di Mariupol giovedì alle 22, pesa 3.200 grammi ed è la figlia di Marianna Podgurska, la mamma con il pigiamone a pois diventata il simbolo, suo malgrado, di uno dei momenti più terribili, finora, di questa guerra. «Stiamo bene, ma qui fa freddo e continuano a bombardare», dice Marianna, in contatto con la zia Tetyana che è al sicuro in Turchia.
 

Marianna con la figlia Veronika 2 Marianna con la figlia Veronika 2

L'immagine del suo viso spaventato mentre fugge dall'ospedale pediatrico bombardato dai russi è diventata in poche ore la prova del «genocidio in corso» in Ucraina, aveva detto Zelensky, un «pianto patetico dei media occidentali», aveva obiettato il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov. È in quell'istante, pochi minuti dopo quella foto, che le mani della propaganda russa hanno afferrato e insozzato Marianna.
 
Le autorità russe hanno prima "spiegato" che quello non era un ospedale attivo, ma un edificio usato dai «neonazisti ucraini del Battaglione Azov», poi si sono spinte oltre, sostenendo che le donne in fuga erano delle attrici. La tesi è stata twittata anche dall'ambasciata russa in Gran Bretagna, con tanto di foto di Marianna e un timbro rosso «Fake news».
 

Marianna Podgurskaya durante i bombardamenti a mariupol Marianna Podgurskaya durante i bombardamenti a mariupol

La giovane mamma veniva accusata di aver interpretato due ruoli sullo stesso fantomatico set. «È la beauty blogger Marianna Podgurskaya. In realtà ha interpretato i ruoli di entrambe le donne incinte nelle foto», scriveva sul suo profilo Twitter la sede diplomatica, sottolineando che gli scatti sono del fotografo «propagandista» Evgeniy Maloletka (il pluripremiato fotografo di Ap). Dava manforte l'ambasciata russa in Italia, che definisce la «presunta distruzione» dell'ospedale «il massimo del cinismo e della campagna di menzogne».
 

Marianna Podgurskaya durante i bombardamenti a mariupol Marianna Podgurskaya durante i bombardamenti a mariupol

Peccato che dai video e dalle foto si distinguano chiaramente i volti di due donne diverse, una è Marianna e non somiglia affatto all'altra donna portata in barella tra le macerie. Peccato che oltre ai «giornalisti propagandisti» anche i medici di Msf abbiano confermato l'attacco. Peccato che l'ospedale numero 2 di Dnipro sia sempre stato in funzione, peccato che Marianna non fosse lì per interpretare una parte, ma «per prepararsi al parto imminente», spiega la zia.
 
Marianna avrebbe dovuto partorire il 9 marzo, «ma è stata ricoverata in ospedale il 6 marzo per ragioni di sicurezza: in caso di necessità l'ambulanza non sarebbe mai potuta arrivare sotto i bombardamenti», spiega la zia, grazie al "ponte" telefonico messo in piedi dalla giornalista e analista ucraiana Olga Tokariuk. Dopo l'offensiva della propaganda russa, che ha pure sbagliato il nome dell'ospedale (quello in cui ci sarebbe stato il Battaglione Azov era il Numero 1, quello bombardato il Numero 2, dall'altra parte della città) Marianna è stata bersagliata da minacce, insulti, accuse di «essersi venduta al nemico».
 

Marianna Podgurskaya durante i bombardamenti a mariupol Marianna Podgurskaya durante i bombardamenti a mariupol

Lei, che contrariamente a quanto detto dalle autorità russe, non ha mai fatto l'attrice ma, dopo una breve carriera come modella di abiti da sposa, ha iniziato a vendere cosmetici su Instagram. La zia Tetyana è l'unico contatto con l'esterno di Marianna, che continua ad essere bloccata a Mariupol, assediata dai bombardamenti, senz'acqua, cibo, elettricità da giorni e dove la conta delle vittime è già salita a 1.582. «Ci sentiamo per pochi secondi alla volta - dice - prego perché lei e la neonata vengano evacuati il prima possibile, devono vivere».
 
A destare ulteriore preoccupazione è l'odio esploso nei confronti di Marianna innescato dalla propaganda russa, che ancora non parla di «invasione dell'Ucraina» ma di «operazione militare speciale». Paradossale che la propaganda russa, che vorrebbe "denazificare" l'Ucraina, usi così bene i principi di Herr Doktor, come chiamava Hitler il suo ministro della Propaganda Joseph Goebbels, raccolti nel suo diario: evita idee astratte, ripeti costantemente solo alcune idee; individua in modo preciso un unico bersaglio; usa frasi stereotipate; esponi solo un aspetto dell'argomento; critica continuamente i tuoi avversari; induci un livello ottimale d'ansia.
 

ucraina mariupol sotto attacco 3 ucraina mariupol sotto attacco 3

Oggi, la potenza a moltiplicatrice dei social fa il resto, instillando il sospetto, la paura, e infine, le teorie del complotto. Anche in Italia, una pletora di "esperti" ha riempito i social di odio, dubbi e minacce contro Marianna, uno stillicidio di "analisi" che mettevano in dubbio la veridicità delle bombe, dell'orrore, delle donne in fuga.
 
Perfino un seguitissimo sito di "giornalismo" ambientale italiano si è spinto a cercare la verità su Mariupol, citando tra le fonti il "canale telegram russo" Wargonzo, noto strumento della propaganda estrema. «Sono choccata da quello che succede - dice Tetyana -, mentre noi ci preoccupiamo solo della vita di una giovane mamma e della sua bambina».

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