FUNZIONANO LE CURE CON LA CLOROCHINA? “IL PLAQUENIL, IL FARMACO PRESCRITTO SOPRATTUTTO PER COMBATTERE L'ARTRITE REUMATOIDE È EFFICACE CONTRO IL VIRUS SE ASSUNTO ALL'INIZIO DELLA MALATTIA” – IL PROGETTO NELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA: 156 PAZIENTI IN ASSISTENZA DOMICILIARE, DEI QUALI SOLO TRE HANNO POI AVUTO BISOGNO DEL RICOVERO...

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Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”

 

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Quando è passata dall' altra parte, da medico a malato, Paola Varese non si è persa d' animo. Con i suoi colleghi della Asl di Alessandria, la provincia più colpita del Piemonte, ha varato un progetto chiaro fin dal nome, «Covi a casa». Come prendere in cura a domicilio le persone con sintomi da coronavirus grazie a un protocollo che si basa soprattutto sulla somministrazione di idrossiclorochina, ovvero il Plaquenil, un farmaco prescritto soprattutto per combattere l' artrite reumatoide.

 

 

Lei, primario di oncologia a Ovada, aveva scoperto di essere positiva al virus lo scorso 5 marzo. «Avevo un quadro respiratorio importante, stavo male. Ma ho deciso di non ricoverarmi e di iniziare subito la terapia su me stessa». Le cose sono andate meglio, con l' attenuazione della febbre.

 

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«Covi a casa» è partito il 18 marzo, e finora può contare 156 pazienti in assistenza domiciliare, dei quali solo tre hanno poi avuto bisogno del ricovero. «Con la sua funzione antinfiammatoria e antivirale, il Plaquenil può bloccare il virus agli inizi, aiutandoci a tenere la gente lontano dagli ospedali».

 

 

Ci credono in tanti, alle virtù terapeutiche del Plaquenil, che lo scorso 17 marzo ha ricevuto il via libera dell' Aifa, l' Agenzia italiana del farmaco, per l' utilizzo in modalità off label , con condizioni diverse da quelle per cui è stato autorizzato. Qualcuno si era già portato avanti. La primogenitura se la contendono il direttore del reparto di ematologia dell' ospedale di Piacenza Luigi Cavanna, che dalla fine di febbraio a oggi ha curato così 218 pazienti, con la riduzione del 30 per cento dei ricoveri nei giorni di picco dell' epidemia, e il suo collega Pietro Garavelli, che dopo essere diventato nel 1998 il più giovane primario italiano con i suoi 38 anni di allora, non si è mai più mosso dall' infettivologia dell' Ospedale maggiore di Novara.

 

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«Non inventiamo nulla» sostiene Garavelli. «Quando abbiamo avuto i primi casi di positività, tutte persone che erano state a contatto con Codogno, una mia collaboratrice che aveva lavorato con i ricercatori italiani che tra il 2002 e il 2003 avevano usato l' idrossiclorochina contro la Sars, ha avuto l' idea. E ha funzionato. Prima in ospedale, poi fuori». Garavelli è diventato un portabandiera del Plaquenil. «Un farmaco prezioso, perché impedisce la replicazione del virus e il suo attacco alle vie respiratorie, infatti è usato anche come anti-malarico, e poi risponde bene all' infiammazione che ne deriva». Il Piemonte orientale è la capitale non dichiarata di questo trattamento, con sconfinamenti anche nella provincia di Varese.

 

A oggi, sono cinque le Asl e quattro gli ospedali che hanno adottato protocolli basati sul Plaquenil, dalle Marche alla Puglia, per un totale di quasi duemila pazienti, un dato che pone l' Italia appena dietro la Francia, capofila del Plaquenil per via dell' auto nominato inventore della cura, Didier Raoult che afferma di aver finora curato nel suo ospedale 3.200 persone positive al Covid-19.

 

Proprio la visita del presidente francese Emmanuel Macron al professore di Marsiglia, avvenuta lo scorso 9 aprile, ha dato una accelerazione alle sperimentazioni in corso ovunque per verificare l' efficacia del Plaquenil. Al momento se ne contano 86, una cifra enorme. I primi tre a essere stati pubblicati all' inizio di maggio sul Journal of American Medical Association , sono stati seguiti da un gruppo di medici di Lione, San Paolo e Boston, pongono seri dubbi sull' efficacia del Plaquenil contro il coronavirus, almeno quando è in fase conclamata, e sottolineano il rischio di «aritmie ventricolari ed eventi cardiovascolari» nelle persone ospedalizzate o in terapia intensiva.

 

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I trials fin qui pubblicati non hanno trovato differenze tra i pazienti curati con il placebo e quelli trattati esclusivamente con idrossiclorochina. «Non è stato possibile riscontrare un differenziale terapeutico apprezzabile» conclude ad esempio la sperimentazione americana. Gli studi pubblicati non consentono di valutare l' efficacia del Plaquenil all' inizio della positività. Bassa numerosità dei test, dimensioni del campione di pazienti non adeguato per una casistica ufficiale. A farla breve, la comunità scientifica internazionale non è ancora in grado di dire se la febbre e i sintomi peggiori passano grazie al contributo esclusivo dell' idrossiclorochina, o con l' aiuto di madre natura. L' unica cosa certa è la nocività per i pazienti con patologie cardiache. I medici italiani sostenitori del suo utilizzo hanno in qualche modo preso atto delle controindicazioni, spostando all' indietro tempi e modi di somministrazione. E anche l' orizzonte.

 

Non è più una terapia vera e propria, ma una profilassi, una procedura medica di prevenzione. Garavelli riconosce che il fattore tempo è prezioso. «Prima si inizia la cura, meglio è. Gli effetti collaterali ci sono, certo, ma il farmaco va dato sotto stretto controllo medico». All' Istituto Scientifico Romagnolo per la cura e lo studio dei tumori di Meldola è stato avviato il primo studio europeo (coordinato dagli infettivologi Giovanni Martinelli e Pierluigi Viale) su 2.500 pazienti non colpiti dal virus, ma in contatto passato o presente con persone positive al Covid-19.

 

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«L' obiettivo è capire se l' idrossiclorochina può essere una copertura per evitare l' insorgere della patologia oppure per ridurne subito gli effetti» dice Mattia Altini, direttore sanitario dell' Irst. Una ipotesi di partenza diversa da quella degli studi eseguiti finora a livello mondiale. «Infatti le nostre dosi sono quelle classiche da profilassi prima di una vacanza in Kenya». Anche Paola Varese fissa i paletti del suo Covi a casa. «I risultati si hanno nei primi tre giorni dall' inizio del virus o dei suoi sintomi. Se usata tardi, l' idrossiclorochina non può essere efficace». La dottoressa di Ovada è ancora convalescente dopo due mesi di malattia. Mercoledì scorso ha avuto finalmente il primo tampone negativo. Ma il secondo si fa attendere. In provincia di Alessandria hanno finito i reagenti.

 

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