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1. IL GOVERNO GRECO CONFERMA: “QUATTRO CORPI SONO STATI RINVENUTI IN ACQUA”
Ansa.it - Il ministro della Marina mercantile greca, Miltiadis Varvisiotis, ha confermato che quattro corpi sono stati rinvenuti in acqua nelle operazioni di salvataggio del Norman Atlantic. Lo scrive su Twitter Kathimerini.
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"Io e mio marito siamo stati più di 4 ore in acqua: ho tentato di salvarlo ma non ci sono riuscita, lui mi diceva 'moriamo, stiamo morendo'": così il racconto di Teodora Douli, di 56 anni, greca, moglie del 62enne morto durante le fasi successive all'incendio divampato a bordo del traghetto, al largo delle coste albanesi.
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"Ho visto quattro persone morte, con i miei occhi, sono sicurissimo, erano davanti a me". Lo ha detto ai giornalisti un uomo di nazionalità turca, appena sceso dalla nave mercantile che lo ha portato nel porto di Bari.
La procura di Bari ha aperto un fascicolo per naufragio colposo per l'incendio a bordo del traghetto Norman Atlantic. Il procuratore, Giuseppe Volpe, ha precisato che si tratta di una prima configurazione di reato.
La società armatrice Visemar assicura intanto di aver seguito fin dall'inizio le operazioni di soccorso "fornendo tutta la collaborazione possibile al Comando generale che sta coordinando le operazioni di salvataggio dei passeggeri e dell'equipaggio: sono a disposizione delle autorità, del Comandante e dell'equipaggio". Lo dice all'ANSA l'armatore Carlo Visentini,in relazione all'incendio del Norman Atlantic.
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Giuseppe Mancuso, 57 anni, un camionista di Rocca di Caprileone (Me) è tra le persone a bordo della Norman Atlantic. Lo dice il sindaco del comune nebroideo Bernadette Grasso, secondo cui l'ultimo contatto dell'uomo con la famiglia è avvenuto alle cinque di ieri mattina. ''Siamo disperati. Da 30 ore non abbiamo notizie - dice il figlio dell'uomo, Calogero Mancuso, consigliere comunale a Rocca di Caprileone - Abbiamo chiamato l'unità di crisi e non esiste un elenco delle persone salvate''.
2. NAVI, ELICOTTERI, AEREI E CAVI SPEZZATI MA È POLEMICA SULLA SCELTA DEL PORTO
Mauro Favale per “la Repubblica”
Il Norman Atlantic non si lascia domare facilmente. Accerchiato da otto mercantili e due motovedette, una della Capitaneria di porto italiana e una della Capitaneria albanese, sorvegliato dall’alto da due Atr, lambito da 9 elicotteri, guardato a vista a un miglio di distanza dalla nave San Giorgio, alle 21.30 continua a «scarrocciare » a 13 miglia dalle coste dell’Albania.
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Diciassette ore dopo le prime fiamme, dopo quella sirena risuonata per avvertire i 422 passeggeri alle 4.30 del mattino, il traghetto partito da Patrasso e diretto ad Ancona è ancora in balia delle onde. Giù, in acqua, con un mare forza 8 e un vento a 40 nodi, da un’intera giornata vanno avanti le operazioni di soccorso, ennesimo tentativo di agganciare la nave, stabilizzarla, fermarne il continuo dondolio.
È questa la fotografia di «una delle operazioni di salvataggio più complesse degli ultimi anni», come l’ha definita il governo greco, partita ufficialmente alle 4.47 del mattino, con un dispaccio diramato dal centro di coordinamento ricerche marittime di Roma, e terminata soltanto all’alba di oggi con una polemica sull’attracco del Norman che le autorità elleniche avrebbero preferito a Valona anziché a Brindisi. Opinione condivisa dal sindaco del capoluogo pugliese, Mimmo Consales: «Se la priorità è il salvataggio dei passeggeri, perchè non trainare il Norman in Albania? Sulla nave si rischia l’ipotermia».
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Già, perchè a notte fonda il trasbordo verso i mercantili si blocca. Troppo buio, troppo fumo, troppo vento e troppa pioggia. E così gli oltre 200 passeggeri rimasti sul ponte numero 9 del traghetto non si possono muovere. La loro destinazione è quella della nave che dovrebbe arrivare a Brindisi soltanto stamattina. Salvo non si cambi in corsa, a seconda delle condizioni meteo.
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Alle 23 le sorti dei 422 passeggeri e dei 56 membri dell’equipaggio si dividono: a quell’ora in 200 erano riusciti ad abbandonare il Norman, ormai bollente, per essere trasportarti su un più stabile mercantile, lo Spirit of Pireus o l’ Mn Aby Jeannette , pronti, uno alla volta, a rientrare a Brindisi. Gli altri restano lì, ad aspettare da ore l’occasione giusta che tarda ad arrivare. E dire che soltanto un’ora prima, alle 22 il rimorchiatore Asmara dei brindisini fratelli Barretta era riuscito ad agganciare la nave con un cavo d’acciaio e uno di nylon.
Due ore prima, l’altra fune aveva retto solo mezz’ora, letteralmente fusa per il calore delle fiamme sprigionate dal Norman. «Il problema — spiega da terra il comandante Giannuzzi — è che ci dev’essere qualcuno che arrivi a prua a lanciare in acqua un pezzo di cavo». E per arrivare a prua bisogna farsi trasportare da un elicottero da una parte all’altra del Norman per superare fumo e fiamme.
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«Fare prima era impossibile», assicura Giannuzzi. Colpa del mare e colpa del vento che ieri sul canale d’Otranto tirava fortissimo, anche a 50 nodi, 100 km all’ora. Lo dice anche l’ex generale dell’aeronautica Vincenzo Camporini: «Sorvolare così le fiamme non è una cosa che si fa con tranquillità. In più — prosegue — c’è un notevole numero di istituzioni che devono coordinarsi tra loro e questo complica le cose». Quando a un miglio dal Norman, dopo 4 ore di navigazione, arriva la San Giorgio, la nave della Marina militare, è lei a prendere il comando.
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Nel frattempo, il governo italiano resta in costante contatto con quello greco. Matteo Renzi, da palazzo Chigi, sente per telefono il premier ellenico Antonis Samaras. «Dobbiamo salvare tutti, non possiamo abbandonare nessuno», dice il presidente del Consiglio. Poi, in serata, su Twitter, ringrazia «chi lavora da ore, tra Ravenna (luogo di un’altra collisione tra due mercantili, ieri, ndr) e Norman. L’Italia è orgogliosa della vostra tenacia! Sarà una lunga notte. Intanto grazie!».
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Nessun accenno al conflitto sollevato dalle autorità greche sul luogo di attracco della nave in fiamme, di proprietà della Visemar. Il ministro della Marina greca, Miltiadis Varvitsiodis, polemizza: «Avevamo consigliato gli italiani di attraccare a Valona, la scelta più logica per la vicinanza». Di diverso avviso, l’armatore Carlo Visentini e la Marina. Si tenterà Brindisi. Ma alla fine la sorte della nave che non si fa domare si deciderà a seconda del tempo.
3. Perché QUELLA NAVE ANDAVA FERMATA
Ettore Livini per “la Repubblica”
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Porte anti-incendio: malfunzionanti. Piani d’evacuazione: non approvati. Luci d’emergenza: assenti. Saracinesche stagne: non a norma. Più due altri problemi alle dotazioni di sicurezza. Due cartellini gialli, nel calcio, valgono l’espulsione. I 6 alzati dieci giorni fa dalle autorità portuali di Patrasso alla Norman Atlantic non sono bastati invece a fermarla.
Quanto sono davvero sicure allora le navi su cui ci imbarchiamo? Come si può essere tranquilli salendo a bordo, ricordando gli allarmi ignorati sugli “inchini” della Costa Concordia e le “finte prove in mare” evocate in alcune intercettazioni rilanciate da “Report” e costate due mesi fa un’ispezione ministeriale al Rina, società che certifica l’affidabilità della flotta tricolore?
Le autorità di controllo europee, comprensibilmente, dicono che possiamo stare tranquilli. E che per assurdo il controllo ai raggi X della Norman Atlantic nel porto ellenico alla vigilia di Natale è il segno che le verifiche ci sono e i regolamenti (sempre che vadano bene) sono rispettati alla lettera. Il Paris Mou, incaricato di vigilare sulla sicurezza dei mari del Vecchio continente, ha mandato in porto nel 2013 ben 17.867 ispezioni.
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Come dire che ogni imbarcazione è stata visitata almeno 1,3 volte. E nel 58% dei casi — dato che in effetti non è proprio tranquillizzante — il rapporto finale ha evidenziato almeno una delle deficiencies , come le chiamano i tecnici, scoperte pure sulle dotazioni della Norman Atlantic.
Impianti di allarme che non funzionano, scialuppe di salvataggio che faticano a scendere in acqua, procedure d’emergenza trascurate. In 12 mesi di questi “piccoli problemi” ne sono stati scoperti 49.074 e il più frequente (il 13,5% del totale) è, guarda caso, quello relativo proprio alla manutenzione degli impianti anti-incendio.
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Fermare una nave ai box per riparare i danni però non è facile per nessuno: i trasporti navali sono uno dei pochi settori in cui l’Europa — grazie in particolare agli armatori greci — ha mantenuto la leadership mondiale con il 40% del tonnellaggio globale. La flotta del Vecchio continente occupa 2,3 milioni di persone tra il Mare del Nord e l’Egeo e garantisce secondo le stime del settore 145 miliardi l’anno al Pil della Ue.
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E la crisi degli ultimi anni, con molte navi ferme alla fonda con le stive vuote e i traghetti massacrati da improvvide gestioni pubbliche o dai tagli agli aiuti statali per le rotte “minori”, ha finito — dicono molti osservatori — per influenzare il capitolo delle spese per la sicurezza. Problema ancor più sentito in un mondo dove le cifre in ballo sono altissime — in Italia, assicurano i big di casa nostra, sono stati investiti 15,5 miliardi in dieci anni — ma le strutture proprietarie sono ancora familiari e dinastiche.
E dove molto spesso (è successo anche alla Norman Atlantic nei suoi pochi anni di vita) le singole unità passano di mano come figurine Panini.
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Il risultato, a voler leggere i numeri in controluce, è che la benemerita pioggia di cartellini gialli molto raramente si traduce in un sacrosanto cartellino rosso: succede «quando i problemi comportano chiari pericoli per la sicurezza» recitano le regole del Paris Mou. E nel 2013 — malgrado le quasi 50mila anomalie riscontrate — è capitato solo 669 volte, una in più dell’anno precedente.
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La metà («ma i numeri non sono comparabili», ammonisce Paris Mou) del 2007. Su 100 ispezioni solo nel 3,65% dei casi i controllori dicono “stop” e obbligano le navi a fermarsi per le riparazioni. L’Italia, nel suo piccolo, è stata inserita nei Paesi della lista “bianca”, quelli più virtuosi. Su 373 ispezioni a navi che battono il tricolore sono stati riscontrate 213 deficiencies e solo 6 sono state spedite in cantiere, l’1,61%.
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Dato però da prendere con le pinze visto che qualche barca di casa nostra naviga forse sotto bandiera panamense (2.021 ispezioni e 144 “stop”) o maltese (1.404 controlli, 41 imbarcazioni fermate). E forse, dopo la tragedia di ieri sulla rotta Igoumenitsa-Ancona e nell’interesse di passeggeri ed equipaggi che ogni giorno salgono a bordo di un traghetto e di una nave da crociera, è lecito attendersi — in caso di “porte anti-incendio non funzionanti” e di luci di sicurezza “assenti” — un po’ di severità in più anche da parte degli arbitri.