Estratto dell’articolo di Francesco Rigatelli per “la Stampa”
Una piccola di otto mesi abbandonata nel 1965 a Villa Borghese a Roma ricorda il caso attuale di Enea.
Quella bambina oggi è Maria Grazia Calandrone, 58 anni, candidata al Premio Strega con il libro Dove non mi hai portata (Einaudi), in cui ricostruisce la storia dei suoi genitori, che dopo averla lasciata si suicidarono buttandosi nel Tevere.
Si sente un po' Enea?
MARIA GRAZIA CALANDRONE - DOVE NON MI HAI PORTATA
«Forse sì, anche se abbiamo età diverse. Ci accomunerà probabilmente nel corso dell'esistenza il bisogno di capire, il dover rovesciare il tavolo dell'abbandono. Io ci ho messo quasi sessant'anni. Auguro il meglio a Enea, che tra l'altro ha un nome tutto un programma, carico di responsabilità».
Rovesciare il tavolo, cioè?
«Nel libro ci ho messo molte pagine a spiegarlo, ma in pratica significa sostituire il risentimento dell'abbandono da parte dei genitori con la compassione per chi ha compiuto un simile gesto.
A meno di specifici problemi non credo ci possa essere chi fa una scelta del genere a cuor leggero. Lo dico da donna realizzata con due figli, che sono la cosa più preziosa della mia esistenza.
Ho letto del medico che ha chiesto alla madre di tornare da Enea e temo che le abbia girato il coltello nella piaga, mentre lei probabilmente si sta strappando un pezzo di corpo. Quella donna ha tutto il mio rispetto».
La storia di Enea le conferma che non prova più rabbia?
«Solo una grande tenerezza ormai. Il lavoro che ho fatto sulla storia dei miei genitori mi ha portato a comprendere cosa significhi un gesto del genere.
Va considerato che l'abbandono può essere un atto d'amore estremo. Succede quando non si ritiene di poter offrire ai figli una vita accettabile. Per esempio per i miei genitori, Giuseppe e Lucia, io ero la figlia illegittima di due migranti interni.
Il loro è stato un atto generoso […] I giornali dell'epoca insistettero sull'ipotesi dell'omicidio-suicidio, ma tutto porta a un doppio suicidio.
Certo non li ho visti, però li ho talmente immaginato che mi pare di averlo fatto. E forse pure Enea un giorno vedrà sua madre dentro di sé».
[…] Insomma, conta solo l'amore che si riceve?
«Conta la prassi. Chi è presente, ti accudisce e ti dimostra affetto diventa il tuo genitore.
Poi resta sempre una domanda sull'origine, ma nel mio caso non è stata ossessiva». […]
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