“DICEVANO CHE MI AVREBBERO TENUTO IN INDIA E AVREBBERO BRUCIATO IL MIO PASSAPORTO E MINACCIAVANO DI DARMI FUOCO” – LA STORIA DI MANDEEP, 23 ANNI NATA NEL PUNJAB, COSTRETTA DALLA FAMIGLIA A UN MATRIMONIO COMBINATO IN INDIA CHE POI E' STATO ANNULLATO DA UN TRIBUNALE ITALIANO – LA RAGAZZA, CRESCIUTA A MODENA, ERA STATA “MINACCIATA DI MORTE” SE NON SI FOSSE SPOSATA CON IL RAGAZZO CON CUI I PARENTI AVEVANO TRATTATO – MANDEEP HA TROVATO IL CORAGGIO DI DENUNCIARE E ORA POTRÀ SPOSARE IL RAGAZZO CHE AMA...

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Andrea Pasqualetto per www.corriere.it

 

MANDEEP MANDEEP

Mandeep ha lottato, ha rischiato e ha vinto. E ora le scendono le lacrime pensando alla montagna che ha scalato, contro tutto e contro tutti. Contro la sua famiglia, che l’ha data in sposa a uno sconosciuto, contro le tradizioni della terra dov’è nata, il Punjab, contro certi tabù e contro l’integralismo induista del matrimonio combinato. 

 

Costretta alle nozze a 23 anni nel villaggio indiano di Padhiana, dopo averne trascorsi 18 in Italia, si era ribellata e aveva denunciato per minacce padre, zio e marito chiedendo al giudice civile la cancellazione del matrimonio: «Perché il consenso è stato estorto con violenza», scriveva nel suo sfogo. Ora il Tribunale ordinario di Modena le ha dato ragione: «Si annulla il matrimonio contratto in India il 12 febbraio 2017, trascritto in Italia agli atti dello Stato civile di ... (in provincia di Modena, ndr)».

 

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Sentenza storica, assicurano i suoi avvocati, che premia il coraggio di Mandeep e alimenta le speranze delle giovani donne costrette a sposare uomini che spesso neppure conoscono, come nel suo caso. «Non credevo fosse possibile, mi sembra di rinascere, è un sogno che si realizza perché ora posso sposare il ragazzo che amo», si è commossa lei quando il presidente del Tribunale ha letto la decisione del collegio giudicante: «Si accoglie la domanda dell’attrice», il matrimonio è sciolto.

 

A costringerla al legame con quel giovane era stato soprattutto il padre, che aveva concordato tutto con la casta di appartenenza. Sull’altare di Padhiana l’ha impalmata un indiano del villaggio, per il quale avevano trattato i parenti. Non riuscì a evitare quel destino. 

 

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«Perché ero minacciata di morte». Non si oppose, cioè, come fece la pachistana Saman Abbas che rifiutò il matrimonio e per questa difficile scelta perse la vita. No, Mandeep convolò e andò in viaggio di nozze insieme con i genitori e pure con i suoceri. Un incubo. Ma lì iniziò a dire no. «L’ho rifiutato, dopo quel viaggio non ho mai abitato con lui».

 

Punto nell’orgoglio, il marito è tornato alla carica. Le ha provate tutte per riuscire a trattenerla, anche la violenza, ha raccontato lei. Tanto che si è convinta di sporgere denuncia. Non solo. Ha voluto portare le prove di quel che aveva messo nero su bianco, registrando le conversazioni del padre, in particolare quelle con il genero: «Gli diceva di tenermi in India e di bruciare il mio passaporto e anche di darmi fuoco», aveva dichiarato agli inquirenti.

 

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A quel punto, la rottura con la famiglia era scritta. «Mi dissero che per loro ero morta». I genitori se ne andarono in Germania, lasciandola sola in questo paesino della provincia di Modena dove è arrivata da bambina. «Ma devo dire che poi si sono pentiti per quello che hanno fatto, hanno anche sofferto e adesso non ci sono più i problemi di prima». 

 

Mandeep ha così ritirato la querela nei confronti del padre e anche del cugino. «Non so se l’indagine penale è stata archiviata — spiega l’avvocato Davide Ascari che con il collega Edoardo Vitale la assiste —. 

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Anche perché rimane in piedi quella nei confronti del marito, che per lei è comunque diventato un corpo estraneo. L’uomo è rientrato in India nel 2019. «L’annullamento del matrimonio ha efficacia anche lì, quindi se vuole può risposarsi». Lei invece è rimasta in Italia, ha un’occupazione fissa e questo fidanzato con il quale vorrebbe mettere su famiglia. «Finalmente Dio ha ascoltato la mia preghiera».

 

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