“IL TALENTO VALE IL 5%. IL RESTO È CAPARBIETÀ” – L’EPOPEA DI ALAIN DUCASSE, L’IMPERATORE DELLA CUCINA FRANCESE, 20 STELLE MICHELIN, UNICO SOPRAVVISSUTO ALLO SCHIANTO SU UN GHIACCIAIO DI UN AEREO - DOPO UN ANNO IN OSPEDALE, LA SCALATA: 20 RISTORANTI CON 2MILA DIPENDENTI IN 11 PAESI – “LA PANDEMIA? L'UNICA AZIONE SENSATA È ADATTARSI. A NEW YORK NON HO MAI CHIUSO. IN FRANCIA E IN ITALIA NON AVREBBE FUNZIONATO: QUI SE C'È UNA LEGGE TUTTI VOGLIONO INFRANGERLA” – IL RISTORANTE SENZA CAMERIERI E QUELL’INCONTRO SU UN VOLO CHE…

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Gabriele Principato per “Cook - Corriere della Sera”

 

alin ducasse e dominique lory alin ducasse e dominique lory

I resti di un aereo sono apparsi due settimane fa nella foresta di Épine. Il riscaldamento globale ha sciolto il ghiacciaio che li custodiva. Si è creduto fossero del Piper Aztec schiantatosi 37 anni fa su una vetta delle Alte Alpi affacciata sulla Costa Azzurra. «Il passato è tornato tutto insieme. Mi sono trovato a rivivere quel momento... è stato strano».

 

Ne parla sottovoce Alain Ducasse, anche ora che la carcassa si è saputo appartenere ad un altro velivolo. È l'unico argomento capace di rendere cupo lo sguardo serafico dell'«imperatore della cucina francese».

 

Alla guida d'una galassia che anche durante la pandemia non ha smesso di aggiungere insegne alle 30 già attive in 11 Paesi e tre continenti. Con 2.000 dipendenti e 20 stelle Michelin. Più di quelle possedute da qualsiasi altro chef. Era il 9 agosto 1984. Un giovedì. Ducasse aveva 27 anni, era già un cuoco affermato.

 

astiche blu con patate, rabarbaro e bacche di mirtillo astiche blu con patate, rabarbaro e bacche di mirtillo

Da qualche mese la Rossa gli aveva conferito i primi due Macarons a «La Terrasse» dell'Hotel Juana di Juan-les-Pins, località marittima a 15 minuti d'auto da Cannes. Quel giorno doveva raggiungere Courchevel, meta sciistica della Savoia dove stava per avviare un ristorante all'Hotel Byblos des Neiges. Decolla da Saint-Tropez.

 

 Con lui a bordo ci sono tre collaboratori e il pilota. C'è maltempo. Nel tentativo di superare le fitte nuvole volano bassi. Poi, lo schianto su un ghiacciaio. Sopravvive solo Ducasse. «Mi bruciavano gli occhi - ha raccontato - vedevo solamente un lembo bianco di cielo. Il vento mi urlava nelle orecchie. Un dolore tremendo trafiggeva l'addome, le gambe, le braccia. Avevo freddo». Attende sei ore nella foresta, fra i detriti.

 

alain ducasse 14 alain ducasse 14

«Sto per morire», pensa. «Poi è comparso un elicottero con un uomo sospeso all'estremo di una corda. Ero salvo». Passerà 12 mesi in ospedale. «Al risveglio mi è stato detto che avevo perso un occhio. Si è parlato anche di amputare un piede, per fortuna non è successo». Subirà però 13 operazioni, a cui seguiranno sedia a rotelle, stampelle e quattro anni di riabilitazione. «Le persone pensavano che non avrei più camminato o visto.

 

un piatto di alain ducasse un piatto di alain ducasse

E non sarei mai tornato a fare lo chef. Così il telefono ha smesso di squillare». Da quando a 16 anni aveva lasciato Sarrazin, villaggio di mille abitanti in Nuova Aquitania, di esperienze ne aveva avute molte. Sfidando i genitori agricoltori era andato a lavorare da apprendista nella cucina del «Pavillon Landais», affacciato sull'Atlantico. Da lì, era passato nelle brigate di Michel Guérard e Gaston Lenôtre, mostri sacri della nouvelle cuisine.

 

Poi, a fianco del tristellato provenzale Roger Vergé. E, ancora, con Alain Chapel, dove cucina senza tregua piatti come polli di Bresse in vescica e conigli in cocotte. Fino alla chiamata da «L'Amandier» di Mougin: diviene chef a soli 24 anni. E conquista subito la prima stella Michelin, attirando l'attenzione dei critici. «Dopo l'incidente ho capito che l'unico vero ostacolo è avere un'infermità tale da non essere autosufficiente: tutto il resto ha una soluzione. La vita mi ha concesso una seconda possibilità e l'esistenza è troppo breve per accontentarsi del tiepido e dell'insipido». Rimessosi in piedi va a guidare il «Le Louis XV», insegna dell'Hotel de Paris di Montecarlo, dello storico gruppo Société des Bains de Mer.

alain ducasse 15 alain ducasse 15

 

 «Durante il primo anno non presi neanche un giorno di riposo», racconta. Per essere libero in cucina aveva accettato una clausola che prevedeva l'interruzione del contratto in caso non conquistasse tre stelle Michelin in quattro anni. Ne servì uno in meno. Nessun ristorante d'albergo aveva ricevuto un tale riconoscimento.

 

E neanche uno chef così giovane. Fu l'inizio della consacrazione. Seguirono l'apertura delle dimore La Bastide des Moustiers e l'Abbaye de la Celle in Provenza. La creazione di Les Collectionneurs, community mondiale di ristoratori e albergatori. La conquista di altre tre stelle a Parigi nel '95 dentro l'Hotel du Parc: indirizzo trasferito cinque anni più tardi all'Hotel Plaza Athénee, dove è tuttora. Dopo, le inaugurazioni non si contano. Da New York a Tokyo, Beirut e Hong Kong. Nel 2010 altro record. Tre stelle all'hotel Dorchester di Londra lo rendono il primo cuoco a firmare in contemporanea tre insegne tristellate. Trionfi a cui si aggiungono libri best seller.

pane sfornato al louis xv pane sfornato al louis xv

 

La collaborazione con l'Agenzia Spaziale Europea per lo sviluppo di cibi per gli astronauti. E, tanti riconoscimenti. Come la nomina di Cavaliere della Legion d'Onore nel 2004 dal presidente Jacques Chirac. Il premio «Lifetime Achievement», dato dai World's 50 Best agli chef che hanno scritto la storia dell'ultimo mezzo secolo. Oppure, l'entrata fra le 100 persone più influenti al mondo secondo Forbes. Certo, non sono mancati momenti complessi.

 

Come quello attuale, in cui il suo impero sta affrontando la crisi causata dal Covid. «Nelle difficoltà l'unica azione sensata è adattarsi. Se non si progredisce si resta indietro». E, infatti, durante un anno di chiusure a singhiozzo, Ducasse ha dato vita a un fortunato servizio di delivery e take away con ricette studiate ad hoc.

 

alain ducasse 12 alain ducasse 12

Ma pure reso concreti progetti che aveva in mente da tempo. «L'haute cuisine ora deve scendere in strada», dice. Dal 2014, partendo da «Plaza Athénée», ha avviato una rivoluzione fondata sulla naturalité: un'alta cucina rispettosa del pianeta e della salute, basata su verdure, cereali e pesce da pesca sostenibile. Sono nati così piatti come l'insalata tiepida di primizie di campagna con pane di grano truffier frullato e tostato. O un piatto simbolo come il cookpot: sette verdure, - che variano con le stagioni -, cotte in una pentola di porcellana bianca. «Cerco l'eccellenza gustativa, visiva ed emozionale partendo dal sapore estremo degli ingredienti».

 

la preparazione della sala all'hotel de paris la preparazione della sala all'hotel de paris

Un approccio dal quale nascono format come i café e le botteghe del cioccolato. «Fra due settimane inauguro a Parigi una gelateria artigianale con un portento italiano, Matteo Casone: offriremo un gelato mantecato davanti al cliente e realizzato con ingredienti freschi e sani». Ma non è l'unica novità.

 

Sempre nella capitale tra due mesi aprirà, invece, «Sapide»: «Un ristorante senza camerieri in cui i piatti, perlopiù vegetali, si ordineranno con lo smartphone e saranno pronti in meno di 10 minuti. Un pasto completo costerà 25 euro». Gli interni saranno arredati con oggetti di seconda mano e l'offerta adeguata ai tempi. «Si potrà consumare sul posto o ordinare take away e delivery: sarà un'alta cucina per tutti i giorni», sorride Ducasse.

 

La voce è di chi sente di essere nella giusta direzione. Il tono non cambia, però, neanche se gli si chiede delle scelte del governo d'Oltralpe, che per contenere la pandemia ha tenuto chiusi i locali per quasi tutto l'ultimo anno. «Macron si è confrontato con me», racconta. Fra i due c'è sempre stata stima. Nel 2017 Ducasse invitò persino a votarlo alle presidenziali.

 

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 «Mi ha chiesto quale fosse il modello migliore. Gli ho raccontato come a New York il mio ristorante non avesse chiuso neanche nei momenti più critici: continuando il servizio in sicurezza, a capacità dimezzata, sanificando e usando i dehor. Così, non si è perso contatto con clienti e collaboratori. E non c'è stata necessità di aiuti economici.

 

Controlli serrati hanno garantito che il sistema funzionasse. La gente ha rispettato le regole. E adesso che si riparte, il governo americano sta dando soldi per far riprendere l'economia. In Francia, come in Italia, questo approccio non avrebbe funzionato». Sospira. «Qui se c'è una legge tutti vogliono infrangerla». Ma lo chef non è pessimista. «Le misure di sostegno sono state considerevoli, quando si riaprirà noi ristoratori avremo in mano il nostro futuro. Dobbiamo essere consapevoli che per le attività il peggio deve venire, i clienti avranno poco da spendere. Ma la soluzione c'è...».

la sala dell'hotel de paris la sala dell'hotel de paris

 

Quale? «Chi pensa che tutto tornerà come prima sbaglia. Servono nuovi modelli di business. Ad esempio, presto aprirò una bottega di shortbread fatti a mano. Non è strano. Sto trasformando in attività dedicate alla vita quotidiana le mie competenze da chef». Mentre parla nell'acquario della cucina del «Le Louis XV» - la stanza dalle pareti di vetro che custodisce lo chef' s table - lo smartphone di Ducasse vibra di continuo. «Je suis désolé», ripete prima di rispondere. Nonostante la pandemia, quest' anno ha messo in cantiere anche altri progetti.

 

alain ducasse 2 alain ducasse 2

 Tra gli ultimi l'inaugurazione di due indirizzi a Kyoto. «Per la prima volta ho seguito un'apertura da lontano. Ho ritenuto più sicuro non spostarmi da Francia e Montecarlo». A Monaco Ducasse vive stabilmente. Il principe Alberto II gli ha conferito la cittadinanza nel 2008, con tutti i vantaggi fiscali che comporta. Fra i due c'è una decennale amicizia e lo chef pluristellato ha anche firmato il banchetto del suo matrimonio con Charlene Wittstock. Una delle tante tavole di potenti del mondo che ha curato. Fra le più recenti e discusse: il pranzo di Vladimir Putin alla Reggia di Versailles e la cena di Donald e Melania Trump al ristorante «Jules Verne» nella torre Eiffel.

 

un piatto di alin ducasse un piatto di alin ducasse

Se gli si chiede come faccia a far funzionare un impero così variegato, sospira. «Sono come un direttore artistico: ho una visione e scelgo collaboratori capaci di realizzarla». Nelle sue brigate sono cresciuti talenti - citando gli italiani - come Andrea Berton, Massimo Bottura, Carlo Cracco e Gennaro Esposito. «Davide Oldani è l'esempio perfetto di come si apprende il metodo e lo si fa proprio», dice. Nell'ultimo anno Ducasse ha anche trasformato la sua École di cucina in un immenso campus alle porte di Parigi in collaborazione con il colosso svizzero Sommet Education.

 

alain ducasse all'hotel de paris alain ducasse all'hotel de paris

E, il mese scorso, ne ha inaugurato una sede in Thailandia. «Il talento vale il 5 percento per uno chef. Il resto è caparbietà e formazione, anche umana», spiega. «Io ho dei valori. E chi lavora con me li deve condividere. Pretendo rigore e eccellenza, ottenuti con armonia e rispetto». Nel 2000, ad esempio, Ducasse ha sorpreso l'executive chef di New York a prendersela con un commis di colore e omosessuale.

 

«Ce n'était pas recevable». Ripete con tono sbrigativo, come se l'episodio ancora lo turbasse. «Lo stava umiliando. Un'ora dopo non lavorava più a casa mia», racconta. «Da allora le mie squadre sanno che sono intransigente su qualsiasi forma di abuso, sessista o razzista. Per pretendere il meglio dai dipendenti si può esercitare una sana tensione, ma bisogna amarli, farli sognare, promuoverli». Ma anche infondere tenacia. «Je n'ai jamais abandonné».

 

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«Non mi sono mai dato per vinto», dice. Come quando nel '97, su un volo Parigi-New York, conosce Gwenaëlle Guéguen. Lei è architetto. Parlano per ore. Tra loro scatta qualcosa. All'atterraggio lei gli dà il numero di telefono. Ma sbaglia una cifra. Quando se ne accorge Ducasse è lontano. Non sa come trovarla. Ricorda però il nome della famiglia che la ospita. Tanto basta.

 

«Arrivato al mio ristorante ho preso l'elenco telefonico e chiamato tutte le persone con quel cognome: dopo quattro pagine e qualche decina di numeri composti l'ho trovata». Da allora stanno insieme e nel 2007 si sono sposati. E oggi hanno tre figli, Arzhel (11 anni), Dae (9 anni) e Tenzor (7 anni). Lui è anche padre di Audrey (39 anni), nata da una precedente unione. Se gli si chiede come faccia a essere un padre presente resta un attimo in silenzio. «Basta volerlo - risponde -, sono padrone del mio tempo».

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