paolo borsellino strage via damelio

NON SONO "STATO" IO – PERCHÉ TOTO RIINA DECISE DI CONCENTRARSI NELL’UCCISIONE DI BORSELLINO? FORSE PERCHÉ IL MAGISTRATO AVEVA SCOPERTO DELL’ESISTENZA DELLA TRATTATIVA STATO-MAFIA? – LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA CHE HA CONDANNATO MORI, SUBRANNI E DE DONNO, L'INATTENDIBILITÀ DI CIANCIMINO E IL RUOLO DI DELL’UTRI, A 26 ANNI DALLA STRAGE DI VIA D’AMELIO LA VERITÀ È ANCORA LONTANA

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

PAOLO BORSELLINO

Ad ammettere l' accelerazione della strage di via D' Amelio fu lo stesso Totò Riina, nelle conversazioni col suo compagno di passeggio intercettate in carcere nel 2013.

 

«Ma non era studiato da mesi, studiato alla giornata...», disse in un' occasione il boss. E pochi giorni dopo: «Arriva chiddu (quello, ndr), ma subitu... subitu!... rammi un pocu ri tempu (dammi un po' di tempo, ndr)...». Per i giudici queste parole «sono la conferma» che «effettivamente nei giorni precedenti la strage ebbe a verificarsi un qualche accadimento che ha indotto il Riina a concentrarsi, con immediatezza, nell' uccisione del dottor Borsellino».

 

STRAGE DI VIA D'AMELIO

Che questo «accadimento» fosse la scoperta, da parte del magistrato, della trattativa fra pezzi delle istituzioni e Cosa nostra non è provato, ma è una «conclusione che trova una qualche convergenza nel fatto che, secondo quanto riferito dalla moglie Agnese, Borsellino poco prima di morire le aveva fatto cenno a contatti tra esponenti infedeli delle istituzioni e mafiosi».

 

PAOLO BORSELLINO - STRAGE DI VIA DAMELIO

Le motivazioni della sentenza che tre mesi fa ha condannato i tre ex ufficiali dei carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, oltre all' ex senatore Dell' Utri, per il reato di «violenza o minaccia a un Corpo politico dello Stato» commesso insieme ad alcuni boss mafiosi tra il '92 e il '94, parlano della strage di 26 anni fa, ma anche di molti altri fatti verificatisi in quella stagione di bombe e di profonde mutazioni politiche.

 

PAOLO BORSELLINO

Analizzando, inevitabilmente, l' arrivo al governo di Silvio Berlusconi con il partito di Forza Italia, costruito in pochi mesi insieme a Dell' Utri che aveva rapporti diretti con i boss, come dimostrato dalla sentenza di condanna per concorso esterno in associazione mafiosa richiamata più volte dai giudici della corte d' Assise di Palermo.

 

L' ex senatore informò il boss mafioso Vittorio Mangano fino a tutto il 1994, delle riforme che il neonato governo guidato dal leader di Forza Italia aveva in cantiere. Alcune delle quali gradite ai mafiosi.

 

PALERMO 19 LUGLIO 1992 - STRAGE IN VIA D'AMELIO

Non importa che queste fossero frutto di un semplice e legittimo spirito garantista della nuova maggioranza, e non dettate dal ricatto mafioso; l' importante è che tramite Dell' Utri l' avvertimento sia arrivato a Palazzo Chigi, e questo per i giudici è dimostrato.

 

«Si ha definitiva conferma - scrivono nelle oltre 5.200 pagine della sentenza - che il destinatario finale della "pressione" o dei "tentativi di pressione", cioè Berlusconi nel momento in cui riceveva la carica di presidente del Consiglio venne a conoscenza della minaccia in essi insita, e del conseguente pericolo di reazioni stragiste».

 

dell'utri

Che Dell' Utri non coltivasse banali «conversazioni da salotto» con un «quisque de populo», bensì veri e propri «rapporti con l' associazione mafiosa Cosa nostra mediati da Mangano», Berlusconi lo sapeva bene.

 

Un fatto «incontestabilmente dimostrato dall' esborso da parte di società facenti capo al Berlusconi medesimo, di ingenti somme di denaro effettivamente versate a Cosa nostra» fino a tutto il 1994, quando l' imprenditore divenne anche premier: un versamento di 250 milioni di lire, riferito da un pentito, che la corte sostiene di aver «accertato per la prima volta in questo processo».

 

PAOLO BORSELLINO - LA STRAGE DI VIA D AMELIO

È il motivo per cui è stata giudicata inutile la testimonianza del leader di Forza Italia, giacché «non potrebbe mai assumere la veste di testimone "puro" per la natura autoindiziante che inevitabilmente avrebbero le sue dichiarazioni».

 

Oltre a Dell' Utri, la corte ha condannato i tre ex carabinieri imputati dello stesso reato che tra il 1992 e il '93, prima che Berlusconi diventasse presidente del Consiglio, si è «consumato mediante la ricezione, da parte di esponenti del governo, del messaggio ricattatorio originato dalla esortazione e istigazione di cui anche De Donno, insieme a Mori e Subranni, è stato autore».

 

MARIO MORI

Sul motivo per cui la trattativa fu avviata, i giudici tornano all' ipotesi che ad avviarla sia stato l' ex ministro democristiano Calogero Mannino (assolto in primo grado nel giudizio abbreviato, ora è in corso l' appello), il quale temeva, dopo l' omicidio di Salvo Lima del 12 marzo 1992, di essere la vittima successiva della vendetta mafiosa.

 

La prova non c' è, dice la corte, ma «la valutazione logica dei fatti» induce a ritenere che «anche le preoccupazioni di Mannino non siano state estranee nella maturazione degli eventi definiti trattativa Stato-mafia».

 

Don Vito e Massimo Ciancimino

La sentenza certifica la «complessiva inattendibilità» di Massimo Ciancimino, condannato per calunnia nei confronti dell' ex capo della polizia Gianni De Gennaro, mentre l' assoluzione dell' ex ministro Nicola Mancino per il reato di falsa testimonianza porta con sé la valutazione sulle famose telefonate tra l' ex ministro e il Quirinale nel 2012, al tempo dell' indagine.

 

«Iniziativa inammissibile» e «al di fuori di ciò che l' ordinamento consente», scrivono i giudici; una «anomalia certamente colta sia dagli uffici della presidenza della Repubblica, che dalla Procura generale della Cassazione e dalla Procura nazionale antimafia», dove tutti «sono stati attenti a non travalicare i limiti delle proprie competenze».

Ultimi Dagoreport

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER? 

wang

DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI COL FAZZOLETTO ROSSO AL COLLO E ISCRITTA ALL’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI - YUJA WANG, LA STELLA PIU' LUMINOSA DEL PIANISMO CLASSICO, ENTRA IN SCENA STRIZZATA IN UN VESTITINO DI PAILLETTES CHE SCOPRE LE COSCE FINO ALL'INGUINE, TACCHI “ASSASSINI” E LA SCHIENA NUDA FINO ALL’OSSO SACRO. MA NON STIAMO ASSISTENDO ALLE SCIOCCHEZZE DA DISCOTECA DI CERTE “ZOCCOLETTE” DEL POP IN PREDA A SFOGHI DI TETTE, SCARICHI DI SEDERONI, SCONCEZZE DA VESPASIANO; NO, SIAMO NEL MONDO AUSTERO E SEVERO DEI CONCERTI DI “CLASSICA”: RACHMANINOFF, PROKOFIEV, MOZART, CHOPIN, CAJKOVSKIJ. MA ALLA WANG BASTA UN MINUTO PER FAR “SUONARE” LE COSCE DESNUDE METTENDOLE AL SERVIZIO DELLE EMOZIONI E DELL’INTERPRETAZIONE MUSICALE, CONFERMANDO IN PIENO LE PAROLE DI LUDWIG VON BEETHOVEN: “LA MUSICA È LA MEDIATRICE TRA LA VITA SPIRITUALE E LA VITA SENSUALE” - VIDEO