Estratto dell'articolo di Gian Antonio Stella per www.corriere.it
[…] la megalomane ciclovia del più celebre lago d’Italia. Era partita nel 2016, ricorda l’allora ministro Graziano Delrio, come «una cosa bella e buona destinata a chi ama un turismo sereno e sostenibile». Sì, ciao. Meno sostenibili si rivelarono subito i costi: 64 milioni di euro per 161 chilometri: 397 mila al chilometro, il doppio d’una ciclabile normale.
A febbraio 2021 il Progetto Fattibilità Tecnico-Economica saliva già a 292 milioni, a novembre 2022 si impennava a 344 ma «in base ai provvedimenti esecutivi e definitivi finora adottati che dimostrano un costo medio di 8,5 milioni di euro al chilometro», accusa il Coordinamento che unisce tutti gli ambientalisti da Italia Nostra al Wwf a Legambiente che si ritrovano oggi per una manifestazione a Riva del Garda, «la proiezione dei costi medi su tutto l’anello comporta una stima prudenziale al ribasso di un miliardo e 222 milioni». Diciannove volte più del previsto.
Un delirio, conferma Paolo Pileri, docente di progettazione al Politecnico di Milano e teorico della mobilità lenta: «Se in media i costi sono 9 volte più alti del normale, sul tratto trentino aggrappato alla parete sono stratosferici e per di più incalcolabili a causa dei problemi di messa in sicurezza e successiva manutenzione. Ero nella commissione tecnica e mi rifiutai di firmare il progetto: “Siete matti”, dissi, “il professore di geologia ci portava in visita esattamente lì, sulla costa sopra Limone, per spiegarci quanto fossero situazioni vulnerabili e praticamente insanabili”.
Fare una ciclovia lì è un rischio gigantesco. Vengono giù le frane, lì. Da sempre. Anche recentemente. Per non dire dell’offesa al paesaggio. Quelle falesie a picco sull’acqua blu sono tra le immagini iconiche delle bellezze d’Italia. E il tratto già fatto della ciclovia a Limone le ha rigate come un chiodo riga un’opera d’arte».
Parole simili nella stroncatura di Rinaldi, durissimo contro le orrende «passerelle metalliche» e la «massiccia manomissione di un elemento paesaggistico di grande valore riconosciuto dalla tutela oggi vigente e nel passato dai visitatori (anche illustri) di tutta Europa».
[…]
Guai a toccarlo, il turismo. Nel 2023, scrive il Corriere di Brescia, «sommando i dati della sponda bresciana, veronese e trentina, sono state raggiunte le 25 milioni di presenze». Delle quali 7 milioni su quella lombarda, 4 sulla trentina, 14 sui 57 chilometri di sponda veronese: 244 presenze a metro lineare. Un sovraccarico che rischia, col progressivo esodo degli abitanti che cedono case e terreni per spostarsi nell’entroterra, di stravolgere l’anima dei luoghi. Il boom immobiliare è tale che il Comune di Costermano, a tre chilometri dal lago, ha votato per cambiar nome: Costermano sul Garda. Per vendere, c’est plus facile.
Ma vale la pena d’insistere sulla mega-ciclovia a costo di storpiare i vigneti e asfaltare viottoli col «conglomerato bituminoso albino» e segare cipressi secolari e scavalcare stradine di campagna con cavalcavia ciclistici e progettare piazzole stradali per ciclo-grill? E tutto senza che certe scelte raccapriccianti siano state vagliate dalla Valutazione d’Impatto Ambientale perché questa fu pensata per centrali nucleari e raffinerie, elettrodotti e interporti e mai per le «ciclabili» data l’idea che fossero ovviamente «leggere»?
Alla faccia della leggerezza! Via via che l’ambizione d’una ciclabile spettacolare da piazzare sul mercato dello show-tourism s’è impossessata degli amministratori, ogni senso della misura è sparito. E così ogni cautela. Col risultato, per dire, che il presidente della provincia di Trento Maurizio Fugatti e i suoi sodali, così terrorizzati dagli orsi rei d’aver ucciso un runner nell’ultimo secolo da impuntarsi sugli abbattimenti per «non correre il minimo rischio» sono tranquillizzanti su una ciclabile appigliata alle pareti a strapiombo di un’area ad alto rischio idrogeologico a causa di frane, frane, frane. Basterà piazzare sulla testa dei ciclisti dei ciclopici para-massi sorretti da mastodontici supporti conficcati nelle friabili falesie rinforzate con robuste siringate di cemento armato. Evviva la natura... E la poesia.
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