Giuseppe Sarcina per il "Corriere della Sera"
Per Pfizer serve una terza dose per contrastare la variante Delta. Ma le autorità sanitarie americane ed europee non sono d'accordo. Giovedì 8 luglio la società americana e la partner tedesca BioNTech hanno diffuso una nota che ha messo in agitazione le istituzioni politiche e la comunità scientifica. Ecco il passaggio chiave: «La protezione contro le forme più gravi della malattia resta alta nei primi sei mesi dopo la vaccinazione.
Dopo questo periodo dobbiamo aspettarci un calo dell'efficacia contro i sintomi, considerando l'emergere di continue varianti». Il testo, naturalmente, si riferisce solo al vaccino Pfizer e cita uno studio condotto dal ministero della Sanità in Israele da cui emerge come «l'effetto del siero si riduca dopo sei mesi».
Le due aziende, quindi, concludono così: «Riteniamo che sia utile procedere a una terza somministrazione entro i 6-12 mesi dalla seconda dose, in modo da mantenere alto il livello di protezione». I dirigenti di Pfizer hanno già preparato le carte per chiedere l'autorizzazione alla Fda, la Food and Drug Administration e all'Ema, l'autorità europea. Ma la risposta è arrivata solo cinque ore dopo, con un inusuale comunicato congiunto firmato da Fda, Cdc, l'autorità federale che raccomanda le misure da adottare nelle emergenze sanitarie e dalla National Institutes of Health (Nih), l'istituto di ricerca guidato da Anthony Fauci per la parte delle malattie infettive.
È una bocciatura su tutta la linea: «Gli americani che hanno completato il ciclo di vaccinazione non hanno bisogno di una terza dose in questo momento. Noi continuiamo a seguire una rigorosa procedura scientifica per considerare se e quando potrebbe essere necessaria una terza somministrazione». Per il momento, dunque, i dati non consigliano altri interventi. Anche l'Ema è su questa linea: troppo presto per decidere la prossima mossa; per quanto riguarda Pfizer, al momento sono sufficienti le due dosi previste.
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