michael giffoni 1

UNA VITA ROVINATA DALLA MALAGIUSTIZIA - LA DRAMMATICA STORIA DELL’EX AMBASCIATORE MICHAEL GIFFONI, ASSOLTO DOPO 7 ANNI E MEZZO DI GOGNA: FU ESPULSO DAL CORPO DIPLOMATICO DOPO ESSERE STATO ACCUSATO DI TRAFFICI IN KOSOVO E FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA. ORA CHI LO RISARCIRÀ? - DOPO LA SENTENZA È SCOPPIATO A PIANGERE: “LA MIA VITA È STATA DISTRUTTA. HO AVUTO DUE INFARTI, UN ICTUS, UN TUMORE, IL MIO MATRIMONIO È FINITO E SON DOVUTO TORNARE IN CASA DA MIA MAMMA. E QUESTO PER COSE CHE NON SOLO NON AVEVO MAI FATTO, MA NEANCHE MAI PENSATO DI FARE. ERA TUTTO INFONDATO"

Francesco Battistini per il "Corriere della Sera"

 

MICHAEL GIFFONI

«È stato come essere condannati a morte...». Nell'aula bunker di Rebibbia, quando all'una e mezza i giudici dell'ottava sezione penale l'assolvono con formula strapiena, Giffoni scoppia a piangere.

 

Si strofina gli occhi e si scusa, perché da una vita il suo mestiere è quello di nascondere le emozioni e adesso non gli riesce: «Mi spiace, sono in pieno choc emotivo Ma dovete capire: quel che m' hanno inflitto in questi sette anni e mezzo, per un ambasciatore equivale alla pena capitale.

 

MICHAEL GIFFONI 6

Sì, non lo dico io, lo dice una legge del 1953: la radiazione d'un diplomatico è equiparata alla fucilazione per alto tradimento in tempo di guerra E loro m' hanno fucilato, senza alcun diritto di farlo. La mia vita è stata distrutta. Una prova durissima di resistenza fisica, morale e materiale.

 

M' hanno espulso dal corpo diplomatico, ho avuto due infarti, un ictus, un tumore, il mio matrimonio è finito, m' è rimasto vicino solo mio figlio di 12 anni e son dovuto tornare in casa da mia mamma, a sopravvivere con la sua pensione E questo perché? Per cose che non solo non avevo mai fatto, ma neanche mai pensato di fare. Era tutto infondato».

 

Assolto perché il fatto non sussiste: non si sognò mai di formare un'associazione a delinquere. Assolto perché il fatto non costituisce reato: men che meno, si mise mai in testa di favorire l'immigrazione clandestina.

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Nella mostruosa galleria dei Kafka italiani, ecco il caso della fucilazione senza processo inflitta sette anni e mezzo fa all'ormai ex ambasciatore Michael Giffoni, 56 anni, newyorkese di nascita e italianissimo per spirito di servizio, incarichi dalla Bosnia alla task force del «ministro» europeo Javier Solana, che nella storia sarà ricordato perché fu il primo ad aprire una nostra ambasciata a Pristina, subito dopo l'indipendenza del Kosovo.

 

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E il primo, anzi l'unico, a essere cacciato con disonore: «Senza che nemmeno fosse cominciato il processo, il ministero degli Esteri mi tolse tutto: rango, incarichi, stipendio. Feci due volte ricorso al Tar, che per due volte mi reintegrò. Ma per due volte la Farnesina ribadì la mia destituzione: una a firma dell'allora ministra Federica Mogherini; la seconda, del segretario generale Elisabetta Belloni. Ero accusato di dolo e colpa grave, senza uno straccio di sentenza penale contro di me».

 

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La sentenza ora è arrivata, «dopo 4 anni di processo, di tanta gente che t' abbandona, di soldi che non ci sono, d'un telefono che passa da cento chiamate al giorno a sette-otto all'anno». E ha appurato come l'ambasciatore Giffoni non c'entrasse proprio nulla con quel suo collaboratore locale - peraltro figlio di Ibrahim Rugova, il «Gandhi del Kosovo» - che fra il 2008 e il 2013 trafficava in visti e permessi di soggiorno. Chi l'ha conosciuto nei suoi 23 anni da diplomatico sul campo, uno che è stato a Sarajevo sotto le granate e ha visto gli orrori di Srebrenica, non ha mai dubitato un attimo di Giffoni.

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Ma alla Farnesina si son fatti un altro film: «Non so se in Kosovo io abbia mai toccato interessi o suscettibilità. Non me la sento neanche di dare colpe. Credo che il mio caso sia stato più che altro un impazzimento. Un accanimento feroce e disumano. Di chi conosceva il mio profondo attaccamento al Paese e ai valori dell'Ue». E ora? «Non è finita, lo so. In uno stato di diritto la mia riabilitazione dovrebbe essere automatica: non in Italia. Per me, fare l'ambasciatore era una missione e questo è il peggio: m' hanno destituito non solo dal mio lavoro, ma dalla mia vita e dalla mia anima».

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