1. IL “CORRIERONE” METTE LA LAPIDE SUL QUEL MAXXI-BLUFF CHIAMATO GIOVANNA MELANDRI 2. SULLO STIPENDIO CHE SI E’ AUTOCONFERITO DOPO AVER STROMBAZZATO CHE NON PRENDEVA UN EURO (DAGO-SCOOP), STELLA SI DOMANDA: “È GIUSTO CHE CHI GUIDA UN GRANDE MUSEO LO FACCIA GRATIS? DIPENDE. SE FOSSE UNA PRESIDENZA PURAMENTE ONORIFICA, OVVIAMENTE SÌ. SE SI TRATTA DI UN PROFESSIONISTA FAMOSO ALLORA NO” 3. “QUESTO TIPO DI PROFESSIONISTI, PERÒ, SI VANNO A CERCARE SUL MERCATO. NON SI SCELGONO, TRA COMPAGNI DI PARTITO O AMABILI FREQUENTATORI DELLE TERRAZZE ROMANE” 4. E POI: SE IL MAXXI È “UN ENTE DI RICERCA”, A CARICO DELLO STATO, PERCHÈ LA BIBLIOTECA È CHIUSA E L'ACCESSO AGLI ARCHIVI BLOCCATO? RICERCA DE CHE? DELLO STIPENDIO!

Gian Antonio Stella per Corriere della Sera

«Totalmente gratuitamente». Per chiudere le polemiche sul suo trasloco dal seggio di deputata alla poltrona di presidente del Maxxi, Giovanna Melandri buttò sul tavolo due avverbi marmorei: ci andava «totalmente gratuitamente». Mercoledì ha convocato il cda: «Ordine del giorno: compenso del presidente». Cesello finale a una precisazione: la promessa valeva un anno. E va a scadere come uno yogurt.

Sgomberiamo subito il terreno: è giusto che chi guida un grande museo lo faccia gratis? Dipende. Se fosse una presidenza puramente onorifica, concessa a un miliardario noto per il mecenatismo o a un vecchio genio della pittura perché ci mettano il nome e vadano a qualche inaugurazione con cocktail, ovviamente sì. Se si tratta di un professionista famoso e magari strappato alla concorrenza perché venga a lavorare una dozzina di ore al giorno con l'obiettivo di far di quel museo una straordinaria vetrina nel pianeta, allora no, non deve lavorare gratis. Deve essere pagato e pagato bene.

Questo tipo di professionisti, però, proprio come i grandi chirurghi e i grandi fisici nucleari e i grandi architetti, si vanno a cercare sul mercato. Possibilmente (e già qui l'Italia è zoppa) il mercato internazionale. Non si scelgono, quei professionisti, tra amici, colleghi, compagni di partito o amabili frequentatori delle terrazze romane.

Ed è su questo punto che la nomina di Giovanna Melandri, l'anno scorso, sollevò un putiferio. Perché la deputata del Pd, che sedeva in Parlamento da 5 legislature, era appunto una parlamentare in carica con un netto profilo politico. Era indecoroso averlo? Per niente. Un grande direttore potrebbe essere destrorso o sinistrorso senza essere intaccato nella sua statura. Ma se facesse il senatore, la sua nomina alla guida di una grande istituzione statale, bianco, rosso o verde che fosse, sarebbe comunque inopportuna.

E fu lì che in Parlamento la destra scatenò l'inferno. Francesco Giro accusò la collega di essersi fatta «riciclare dopo la mancata ricandidatura per la regola vigente Pd di non presentare chi abbia superato il limite dei 15 anni in Parlamento». Maurizio Gasparri parlò di «selvaggia lottizzazione». Fabrizio Cicchitto disse che la nomina era «incredibile». Stefano de Lillo sbottò: «Ora aspettiamoci Massimo D'Alema per il Teatro alla Scala».
Lei, Giovanna Melandri, parlò di «maccartismo».

Ma mentre l'udc Gian Luca Galletti ribadiva che si trattava di una cosa così inopportuna che «non dovremmo neanche spiegarne le ragioni», le perplessità dilagarono a sinistra. E se la dipietrista Giulia Rodano contestava «l'errore compiuto dal ministro nell'opacità del metodo scelto», Matteo Renzi sbuffò: «Facciamoci del male! Com'è possibile dopo il Parlamento avere subito lo scivolo del Maxxi?».

Nichi Vendola storse la bocca: «La sua nomina è stilisticamente complicata da digerire». E Stefano Fassina chiuse il cerchio: «Giovanna è una figura di primissima qualità, ma mi pare inopportuno transitare dalla poltrona di deputata a quella di un istituzione come il Maxxi, che non è di responsabilità politica».

Fu in questo contesto che la parlamentare pd spiegò che non solo si sarebbe dimessa da deputata «anche se la legge non prevede nessuna incompatibilità» ma sarebbe andata a svolgere quel ruolo gratuitamente, per amore dell'arte e dell'Italia. E il ministro Lorenzo Ornaghi, che l'aveva scelta, emise un comunicato: era proprio «il decreto numero 78 del 2010 ad imporre che presidente e componenti di cda delle fondazioni culturali non debbano percepire alcun compenso».

Dopo di che lei stessa sostenne di essere stata «scelta da un tecnico come tecnica» e dettò un comunicato che ironizzava sulle «illazioni»: al massimo avrebbe preso «30 euro come gettone di presenza per le sedute del cda». Insomma: «È tutto molto chiaro, la mia indennità al Maxxi è zero. Mi auguro che la nota del Mibac chiuda definitivamente il caso misterioso».

Non bastasse, il giorno dopo spiegò a Maria Latella a SkyTg24 (vedi YouTube) che secondo lei quella legge sulla gratuità era sbagliata ma pazienza: «So benissimo che la proposta di Ornaghi mi è arrivata in questo contesto e come ho detto più volte ho accettato "pro bono", cioè gratuitamente. La mia indennità è: zero».

Quindi, ricordando di sentirsi «un po' la mamma del Maxxi», insistette: «Non c'è il passaggio da una poltrona a una poltrona perché come ho detto vado a svolgere questo incarico gratuitamente». Anzi, come dicevamo, «totalmente gratuitamente». Uffa, le polemiche!

Già sei mesi dopo, però, usciva un'altra Ansa. Con una versione postuma di cui non c'è traccia negli archivi: «Giovanna Melandri manterrà la promessa di "regalare un anno di lavoro per il rilancio del Maxxi": a sottolinearlo è la stessa presidente della Fondazione Maxxi, in una nota in cui spiega che la trasformazione del Museo nazionale delle arti del XXI secolo in ente di ricerca è stata avviata dal precedente cda». Conseguenza: lo stipendio ora era possibile.

«Lo prenderò da settembre-ottobre», ha spiegato a Panorama , «nell'ottobre 2012, quando ho accettato l'incarico, sapevo che il Maxxi era una fondazione e che in base alla legge Tremonti avrei prestato la mia opera gratuitamente. Legge sbagliatissima, me lo si lasci dire, perché la cultura ha bisogno di grandi manager, e questi vanno pagati. Sapevo anche che era in corso una procedura, avviata dai precedenti amministratori e conclusa ad aprile, per il riconoscimento del Maxxi come ente di ricerca. Ho detto all'allora ministro dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi: "Comunque vada, per un anno regalo il mio tempo prezioso". Ho sbagliato: dovevo dire che non appena avrei potuto prendere uno stipendio me lo sarei preso, eccome. Scherzo, ovviamente. Ma sarà uno stipendio sobrio, pari a quello di altri dirigenti». Di qui l'ordine del giorno.

Congratulazioni. Sarebbe bello, ora, se la post-deputata e neo-manager dedicasse un po' del suo tempo prezioso alla lettera pubblica di un gruppetto di ricercatori che chiede i motivi, se il Maxxi è «un ente di ricerca», della sorpresa di fine giugno: «la Biblioteca chiusa, l'accesso agli archivi bloccato e nessuna assicurazione sui tempi e sulle modalità della riapertura. Per l'accesso alla biblioteca abbiamo pagato una tessera annuale e proprio nel periodo degli esami e di preparazione delle tesi di laurea e di dottorato il servizio pubblico è sospeso. Se un Museo pubblico, che vive con soldi dello Stato, è un ente di ricerca perché sospende proprio queste attività? Che ente di ricerca è?».

 

 

MAXXI - VEAUTE - MELANDRI - TRUSSARDIMAXXI YOGA AL MAXXI Giugno fronte fan71 giov melandri gian minolifan28 giov melandri gian minolimelandri piovani n2000melandri piovani CHIMARCO MORIELLO GIOVANNA MELANDRI SALVATORE NASTASIGIOVANNA MELANDRI GIULIA MINOLI E SALVO NASTASI

Ultimi Dagoreport

salvini rixi meloni bignami gavio

DAGOREPORT - I FRATELLINI D’ITALIA CI SONO O CI FANNO? SULLA QUESTIONE PEDAGGI, CI FANNO: FINGONO DI CASCARE DAL PERO DI FRONTE ALL’EMENDAMENTO LEGHISTA CHE AUMENTA IL COSTO DELLE AUTOSTRADE, MA SAPEVANO TUTTO DALL’INIZIO. QUELLO DEL CARROCCIO È STATO UN BALLON D’ESSAI PER VEDERE COSA SAREBBE SUCCESSO. MA DI FRONTE ALL’INDIGNAZIONE DI CONSUMATORI E OPPOSIZIONE LA MELONI HA ORDINATO LA RETROMARCIA – ORA IL CETRIOLONE PASSA AI CONCESSIONARI: CHE DIRANNO I VARI TOTO, BLACKSTONE, MACQUARIE E GAVIO DI FRONTE AL FORTE DIMAGRIMENTO DEI LORO DIVIDENDI? – I PIANI ECONOMICI FINANZIARI BLOCCATI E I MOLTI INCROCI DI GAVIO CON IL GOVERNO: HA APPENA VENDUTO 250MILA AZIONI DI MEDIOBANCA, FACENDO UN FAVORE, INDIRETTO A “CALTA” E ALLA SCALATA AL POTERE FINANZIARIO MILANESE PROPIZIATA DALLA FIAMMA MAGICA…

trump zelensky meloni putin

DAGOREPORT - DONALD TRUMP È STATO CHIARO CON ZELENSKY: SE CEDE LE QUATTRO REGIONI OCCUPATE DAI RUSSI, OLTRE LA CRIMEA, A PUTIN, USERÀ IL SUO SÌ PER MINACCIARE MOSCA. SE “MAD VLAD” NON ACCETTA DI CHIUDERE SUBITO IL CONFLITTO, ARMERÀ FINO AI DENTI KIEV – IL TYCOON PUTINIZZATO FINGE DISTANZA DALLO ZAR DEL CREMLINO: "VUOLE ANDARE FINO IN FONDO, CONTINUARE A UCCIDERE, NON VA BENE...". MA È SCHIACCIATO SULLE PRETESE DI MOSCA: HA PROMESSO A PUTIN CHE L’UCRAINA INDIRÀ ELEZIONI UN ATTIMO DOPO IL CESSATE IL FUOCO – LA RISATA DA VACCARO DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO DI FRONTE ALLA CONFERENZA PER LA RICOSTRUZIONE BY GIORGIA MELONI: MA COSA VUOI RICOSTRUIRE SE C’È ANCORA LA GUERRA?

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA?