COSSIGA DALLA A ALLA Z – ECCOLO QUA IL VOCABOLARIO DEL GATTOSARDO A DUE ANNI ESATTI DALLA SUA SCOMPARSA - IL LIBRO SCANDISCE VENTUNO CAPITOLI PER RICHIAMARE ALLA MEMORIA ALCUNE DELLE PIÙ IMPORTANTI PICCONATE DELL’EX CAPO DELLO STATO – AH, SE FOSSE ANCORA TRA NOI CHISSÀ COME AVREBBE COMMENTATO L’ATTACCO A NAPOLITANO (LA SINISTRA ALL’EPOCA CHIESE IL SUO DEFENESTRAMENTO)…

1- IL PICCONE DI COSSIGA RIVIVE NEL SUO HOTEL
Cossiga dalla A alla Z. Eccolo qua il vocabolario del sardo che viveva per la politica, il libro del giornalista dell'Unione Sarda, Anthony Muroni, dedicato a Francesco Cossiga,
presentato ieri all'hotel Sa Muvara di Aritzo (Nuoro), dove l'ex presidente della Repubblica era solito trascorrere parte delle sue vacanze sarde.

L'incontro è stata l'occasione per rievocare la figura del grande politico sardo a
due anni esatti dalla sua scomparsa. Il vocabolario scandisce ventuno capitoli per richiamare alla memoria alcune delle più importanti prese di posizione pubbliche dell'ex capo dello Stato.


2- LA LEZIONE DI COSSIGA SULLA GRANDE RIFORMA - DA PRESIDENTE SPRONAVA IL PALAZZO A QUEL RINNOVAMENTO CHE URGE ANCHE OGGI
Mario Benedetto per "il Giornale"

«La richiesta di riforme istituzionali non è solo politica o di ingegneria costituzionale, ma civile, morale e sociale, di governo, di libertà, di ordine, di progresso da parte della gente comune ». Queste le parole che credo riassumano al meglio il senso del messaggio di Francesco Cossiga sulla Grande Riforma inviato alle Camere il 26 giugno del 1991.

È da qui che partirei per parlare non solo del politico, ma dell'uomo e dei suoi messaggi di libertà. Messaggi che si sono tradotti in scosse al sistema (o almeno tentativi), con un'azione politica che può essere più o meno condivisibile. Uscire da una visione ideologica, però, ci consente di parlare di una figura le cui parole trovano un'ottima eco in momento storico come l'attuale.

Una Grande Riforma presuppone un grande coraggio, da parte di tutti. Coraggio al quale, tanto per negligenza quanto per un clima che ci ricorda il legame tra «uomo e paura » teorizzato da Hobbes, attualmente si fa fatica a ricorrere. Dall'alto e dal basso. Dai veterani, dai giovani. Ed è per questo che, a ridosso proprio della ricorrenza della sua scomparsa, credo che Cossiga sia una figura da ricordare.

Ai veterani, ai giovani. Ai veterani perché abbiano presente che si possono scuotere gli animi anche dall'alto (dove, una volta arrivati, si tende ad assumere una posizione di comodo). Ai giovani perché possano convincersi che si devono scuotere gli animi dal basso. O meglio, dalla loro posizione. Il cui punto di vista purtroppo viene troppo spesso associato al «basso», dove tendono a relegarli in primis un ascensore sociale privo di manutenzione ed un atteggiamento (per «necessità» o per errore) poco coraggioso.

Cossiga è stato il più giovane a ricoprire tra i più importanti incarichi istituzionali (Presidente della Repubblica, del Senato e Sottosegretario alla Difesa, a soli 29 anni). Altri tempi. Ma anche altra passione. Forse la stessa che lo ha portato, giovane «baronetto»,a non allinearsi e sfidare l'allora dominus della Dc sassarese Antonio Segni alle elezioni di un direttivo provinciale. E vincere, inaspettatamente. Dunque un «sempre giovane» al quale non sembra essere mai mancato il coraggio di prendere o esternare posizioni non sempre comode e necessariamente condivisibili che portano ad «unire e (poco democristianamente) dividere».

È anche questa credo una delle manifestazioni della sua leadership carismatica, percettibile a livello interpersonale ma anche di massa. Da quella gente di cui, come detto in apertura, sottolineava il bisogno di cambiamento. Che tuttora, però, attende di essere soddisfatto. Gente che, dopo anni ed anni di politica, Cossiga diceva di poter riconoscere dalla faccia (a ben guardare, come dargli torto) in occasione di una storica intervista televisiva in cui mostrava il suo spirito di «galante dissacratore».

Va riconosciuto, infatti, il suo carattere dicotomico. Come lui stesso diceva, di «omino bianco e nero», il primo che costruiva rincorso dal secondo intento invece a distruggere. Atteggiamento proprio di chi sia determinato, ma pronto a mettersi in discussione. Un democristiano rivoluzionario, uomo di Stato indipendentista, serio e formale ma imprevedibile ed ironico. Da Presidente della Repubblica, a «brigadiere dei Carabinieri» e «DJ K», come si faceva chiamare intervenendo in una trasmissione radiofonica.

Una qualità, l'ironia, che, insieme ai suoi richiami alla libertà, prima tra tutte ricorderei. In un momento in cui, a margine dell'«ingegneria costituzionale », è utile (ri)scoprire l'abitudine a mettersi in discussione, a non prendersi troppo sul serio. Ricordando che ad essere determinante, oltre alla bontà ed adeguatezza di ogni azione o provvedimento, è l'atteggiamento «culturale» con cui li si approccia. Con un riformismo che prima di divenire «di palazzo » tenga (seriamente) conto delle dimensioni «civile, morale, sociale ». E di libertà.

 

 

francesco cossiga FRANCESCO COSSIGAFRANCESCO COSSIGAFRANCESCO COSSIGAFrancesco Cossiga - Copyright Pizzicossiga francesco 005

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…