IOR, INCENSO E MIRRA: IL PAPA DEVE TRASFORMARE LA “BANCA DI DIO” PRIMA CHE LO FACCIANO I MAGISTRATI

Massimo Franco per il "Corriere della Sera"

Papa Francesco sembra deciso a intervenire sullo Ior prima dell'estate. Probabilmente entro il 31 luglio, quando l'Istituto finirà l'indagine interna sui conti dei suoi clienti. Ormai il problema non è il «se» ma solo il «quando». E nel momento in cui si intensificano le voci di un provvedimento della magistratura italiana nei confronti della direzione della «banca del Vaticano», i tempi potrebbero subire una brusca accelerazione. Alcuni fatti sono assodati.

Il primo è che Jeff Lena, l'avvocato californiano diventato in questi anni l'uomo-chiave e l'eminenza grigia della riforma dell'Istituto, ha rotto da circa due mesi con Ernst Von Freyberg, presidente dello Ior e alleato del direttore, Paolo Cipriani. Gira voce che negli ultimi tempi Lena, che nella lotta per silurare Ettore Gotti Tedeschi si era mosso in tandem con il board dello Ior e con lo stesso Cipriani, quasi rimpianga gli scontri col banchiere piacentino sloggiato in malo modo dal vertice poco più di un anno fa.

Allora si disse che le accuse di Gotti Tedeschi contro il tentativo della Segreteria di Stato e della struttura dell'Istituto di annacquare le norme sul riciclaggio erano infondate; e che il banchiere col pallino della demografia era stato mandato via perché non conosceva lo Ior e non lo difendeva: critiche diffuse e in parte magari condivise, ma anche strumentali.

Adesso, si parla di un Jorge Mario Bergoglio convintosi ancora di più nei tre mesi di pontificato che così com'è, lo Ior toglie alla Chiesa molto più di quanto non le dia: in termini di immagine, di credibilità internazionale, di sospetti sul modo di operare dell'unico istituto immediatamente riferibile al Vaticano. Da settimane la questione rimbalza fra Segreteria di Stato, Governatorato della Città del Vaticano e Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa): i gangli del potere economico curiale.

L'ipotesi di un accorpamento di tutte le attività finanziarie è stata proposta e accantonata più di una volta. Da quanto è dato capire, il problema è se sia opportuno sostituire i vertici dello Ior o con un sacerdote fedelissimo del pontefice o con un manager esterno di peso, senza prima cambiare il governo vaticano; e senza essere certi che un commissariamento di fatto dell'Istituto provochi per reazione una nuova ondata di rivelazioni velenose, magari a sfondo finanziario.

L'impressione è che la gestione di Von Freyberg sia sotto osservazione, se non in bilico, dopo appena cento giorni; e che anche intorno all'Aif (l'Autorità di informazione finanziaria vaticana) guidata da Renè Bruelhart stia crescendo lo scetticismo. Fino all'inizio di giugno non risulta che Francesco abbia ancora ricevuto il capo dello Ior: un particolare che non può non fare pensare alla volontà di non offrire una legittimazione prima di avere deciso che fare della «banca».

«Questa storia è finita», racconta una delle personalità più addentro alle questioni dell'Istituto per le opere di religione. «Il Papa interverrà, e presto. Lo Ior rischia di apparire un marchio scaduto. E siccome rappresenta il crocevia dei rapporti fra Vaticano e Stato italiano, e fra Chiesa e comunità finanziaria internazionale, diventa un problema da risolvere. E rapidamente».

Gli accenni continui di Bergoglio a una Chiesa cattolica che deve diventare povera, ancora martedì scorso con il riferimento a San Pietro che «non aveva un conto in banca», fanno rizzare antenne d'allarme nel torrione dello Ior. I maligni fanno notare che è rarissimo vedere von Freyberg all'ora di pranzo alla mensa del convento di Santa Marta. E non solo perché, come confida agli amici Bruelhart, il capo dell'Aif, si mangerebbe in modo un po' troppo semplice.

Il problema è la distanza fra la strategia di Bergoglio e quella dei vertici dell'Istituto per le Opere di Religione. Pesa il dettaglio non da poco che von Freyberg sia stato nominato da Benedetto XVI e da Bertone quando Josef Ratzinger era già dimissionario, senza aspettare l'esito del Conclave: una decisione interpretata come la conferma di una «strategia del fatto compiuto» che non poteva non suonare indigesta a Bergoglio e ai suoi grandi elettori degli episcopati mondiali.

Anche perché la decisione fu ratificata dopo un vuoto gestionale durato oltre nove mesi, senza che prima fosse stata sentita l'urgenza di sostituire Gotti Tedeschi. Formalmente, il processo che portò alla scelta fu ineccepibile: una quarantina di candidati esaminati da una società di «cacciatori di teste» di Francoforte; e poi un avvocato-banchiere tedesco e blasonato, ricco, organizzatore di pellegrinaggi a Lourdes, indicato come l'uomo giusto.

Ma dopo il Conclave quegli equilibri si sono sbriciolati. L'immagine del Papato viene riplasmata quotidianamente con gesti che mettono in mora la pompa della corte pontificia e i suoi riti; e che fanno apparire le ultime mosse vaticane come vecchissime. Bergoglio non ha l'aria di essere affascinato dalla nobiltà dinastica; né di assecondare a scatola chiusa nomine fatte da altri: soprattutto se suonano come un tentativo di sopravvivenza di un «partito della Curia» umiliato in Conclave.

Non bastasse, ha seminato perplessità il riferimento del presidente dello Ior e poi dell'Aif ai sette casi sospetti di riciclaggio segnalati da gennaio di quest'anno alla fine di maggio. Parole che volevano trasmettere l'idea di un'operazione di pulizia sono state percepite come un autogoal. E sullo sfondo rimane un versante giudiziario aperto e minaccioso.

I rapporti fra autorità vaticane e italiane negli ultimi mesi sono stati intensi: anche attraverso la diplomazia discreta dell'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, Francesco Greco. Si è tentato di non aumentare i motivi di conflitto fin da quando alcuni mesi fa fu fermato all'aeroporto di Ciampino un monsignore della Segreteria di Stato, con l'avvocato Michele Briamonte, uno dei legali più influenti dello Ior, il quale oppose ai finanzieri un passaporto diplomatico vaticano per evitare la perquisizione.

L'episodio irritò anche la Santa Sede, pronta a dichiarare con padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa, che Briamonte, poi indagato, non aveva titolo per possederlo. Ma rimane la storia del sequestro di 23 milioni di euro nel 2010 per una procedura di trasferimento dai contorni non chiari: un'inchiesta che potrebbe riservare sorprese a giorni.

Non si chiude ancora il buco nero dell'Idi, l'Istituto dermatologico italiano, un centro di eccellenza mandato in malora dalle presunte ruberie di alcuni esponenti di una congregazione religiosa, ora commissariato dal Vaticano. E non si chiarisce il mistero torbido della truffa multimilionaria che coinvolge i Salesiani, per la quale è stato interrogato lo stesso Bertone.

E se anche la magistratura italiana probabilmente dovrà prendere atto del muro di segretezza alzato di fronte alle indagini da uno Stato estero quale il Vaticano è, l'attenzione sull'operato di alcuni personaggi dello Ior rimane altissima. La novità è che stavolta si ha la sensazione di avere dall'altra parte del Tevere un Papa deciso a fare radicalmente pulizia: perché ne è convinto, e perché il mandato ricevuto dal Conclave è questo.

In una Curia inquieta in attesa delle sue decisioni, si parla di un pontefice impaziente di agire; soprattutto quando percepisce la volontà di far finta di niente e di non cambiare nulla dei vecchi metodi. Bisognerà capire a quale prezzo, e con quali conseguenze. Ma non sembra che Francesco sia spaventato da quanto potrebbe succedere. Anzi, vuole che accada. E, se è possibile, quanto prima.

 

 

PAPA FRANCESCO BERGOGLIO BASTIONE NICCOLO' V - SEDE DELLO IORSEDE DELLO IOR - ISTITUTO OPERE DI RELIGIONEIOR istituto per le opere di religioneRATZINGER PAPA BENEDETTO XVI CARDINALE TARCISIO BERTONE ERNEST VON FREYBERGRENE BRUELHART

Ultimi Dagoreport

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...