marco minniti

MINNITI E TOPOLINI – PIETRO SENALDI E L’ADDIO DELL’EX MINISTRO AL PARLAMENTO: “AL PD DI BUONO GLIENE ERA RIMASTO UNO SOLO. MA SICCOME SI È STUFATO DI RIMANERE IN PANCHINA A GUARDARE MEZZE CALZETTE CHE SI LITIGANO LA PALLA, SE NE È ANDATO ANCHE LUI” – “DI FATTO L'EX LOTHAR DI D'ALEMA SARÀ IL VERO MINISTRO DEGLI ESTERI ITALIANO E RICOPRIRÀ UN RUOLO MOLTO PIÙ POLITICO DI QUELLO CHE HA AVUTO NEGLI ULTIMI DUE ANNI. ZINGARETTI E AFFINI PERÒ NON POSSONO CHE BATTERSI IL PETTO E FARE MEA CULPA...”

Pietro Senaldi per “Libero Quotidiano”

 

marco minniti nicola zingaretti

Di buono ormai gliene era rimasto uno solo. Ma siccome si è stufato di rimanere in panchina a guardare mezze calzette che si litigano la palla, se ne è andato anche lui. Addio Parlamento e ciao Pd.

 

Domenico Marco Minniti, deputato dem da vent' anni, portato ancora prima al governo da Massimo D'Alema come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ed iscritto al Pci dal 1974, lascia la Camera, o almeno ci sta provando, perché le sue dimissioni non sono ancora state accettate.

MINNITI CON I CAPELLI

 

L'interessato si sta impegnando, provando a convincere gli ex colleghi che andrà a fare qualcosa in conflitto d'interessi con l'attività da onorevole, ma ha a che fare con teste dure e resilienti. Nell'era in cui i tecnici scendono in politica, il politico per elevarsi sale.

 

marco minniti (2)

Ed è raggiante, pare essersi tolto un peso dal cuore. Il suo telefonino è tempestato di messaggini di felicitazioni dai compagni di partito che da due anni lo snobbano. Forse sono sollevati per essersi liberati di uno più bravo di loro; di certo lo rimpiangeranno, come probabilmente hanno passato gli ultimi mesi a rammaricarsi del ritiro dell'ex ministro dell'Interno dalla corsa alla segreteria, due anni fa, in favore dell'attuale leader Nicola Zingaretti.

DALEMA VELARDI MINNITI

 

Ci fosse Minniti alla guida, oggi il Pd non sarebbe in balia delle correnti come un barcone di profughi, non avrebbe smarrito l'identità e si sarebbe dato da un pezzo un obiettivo politico. L'ex deputato reggino è un cervello in fuga dalla sinistra, alla quale non ne restano molti.

 

MARCO MINNITI E MATTEO RENZI

Per i dem è una perdita enorme. Zingaretti e affini però non possono che battersi il petto e fare mea culpa per non aver utilizzato l'asso che avevano nella manica. Sono arrivati perfino a sbarrargli la strada quando l'Europa lo propose come commissario straordinario per la Libia.

 

L'ex ministro fu bloccato dalle invidie interne e da quanti ritenevano che aver contenuto l'immigrazione clandestina ed essersi accordato con Tripoli gli aveva sporcato il curriculum. per la sicurezza Minniti andrà a presiedere una Fondazione, Med-Or, che Leonardo, ex Finmeccanica, la grande azienda a partecipazione pubblica che opera nei settori della difesa, della sicurezza e dell'aerospazio ha costituito apposta per lui. Missione: implementare la sicurezza sanitaria, formare le classi dirigenti, promuovere le relazioni internazionali e lo sviluppo economico e culturale.

MINNITI CON I CAPI TRIBU DELLA LIBIA

 

Teatro d'azione: tutto il Mediterraneo e il Primo Oriente, che significa fino all'India. Autonomia consentita: massima. A voler essere pungenti si potrebbe dire che va all'estero per aiutare gli immigrati a restare a casa loro.

 

Di fatto l'ex Lothar di D'Alema sarà il vero ministro degli Esteri italiano e ricoprirà un ruolo molto più politico di quello che ha avuto negli ultimi due anni. La sua fondazione sarà una sorta di piattaforma grazie alla quale il nostro Paese farà politica estera al di fuori dei tradizionali canali diplomatici, come fanno i grandi gruppi industriali americani, francesi o tedeschi nel mondo.

 

IL TWEET DI NICOLA ZINGARETTI A DIFESA DI BARBARA DURSO

Quello dell'ex ministro dell'Interno al Parlamento è un addio senza possibilità di ritorno. Il nuovo ruolo istituzionale gli impone di non essere polemico, ma chi lo conosce sa della sua perplessità per la direzione che sta prendendo il Pd. D'accordo che la politica è un pendolo, ed è nelle cose che a una leadership forte ne segua una debole. A Veltroni successe Bersani.

 

marco minniti

A Renzi quindi non poteva subentrare Minniti, ma Zingaretti è davvero troppo poco. Il segretario che non voleva il Conte due, ha schiantato poi il partito su Conte, arrivando a subire Draghi anziché intestarselo. Risultato, con SuperMario oggi come con Giuseppe ieri, i dem entrano al governo mesti anziché festanti, senza un programma che vada oltre la gestione del potere da parte dei tre capi corrente ministri.

 

Draghi è destinato a durare e, dopo di lui, nessun partito sarà più lo stesso. Il Pd però è quello messo peggio nel riprogrammarsi, non ha una leadership e ormai neppure un'identità; per questo per uno come l'ex titolare del Viminale, che ama la politica e vuole farla, l'unica possibilità era andarsene. L'uomo ama i colpi di teatro, ha il gusto di stupire e ha lasciato tutti di sasso.

 

I compagni di partito sono così distanti dalla realtà che non hanno intuito nulla, non hanno visto la mucca nel loro corridoio, direbbe Bersani, e la cosa è emblematica della distonia dei dem rispetto alla realtà e della loro incapacità di trovare un punto di collegamento con la realtà italiana, perfino con il loro mondo d'appartenenza.

 

COMPAGNI LITIGIOSI

orlando zingaretti

Via anche Minniti, al Pd resta una classe dirigente ipnotizzata dalla brama di governo, con capetti che sacrificano l'interesse del partito a quello personale e in balia di correnti che gli impediscono di gestire operazioni politiche, per le quali bisogna muoversi compatti e rapidi.

 

Tra i progressisti è la stagione della spartizione di poltrone senza visione di Paese, degli inchini alla d'Urso per una passarella in tv e della rincorsa ai grillini per vincere qualche città e avere un seggio in più alle prossime elezioni. Meglio allora dirigersi altrove, specie se non si va a cercare fortuna ma a mettere a disposizione del Paese le proprie competenze che chi insegue Toninelli, Giarrusso o la Taverna non è più in grado di apprezzare. riproduzione riservata.

gad lerner vs marco minniti a piazzapulita 1MARCO MINNITI ROMANO PRODI

 

gianni letta marco minniti

 

marco minniti saluta francesco verderamiMEME SUL SOSTEGNO DI NICOLA ZINGARETTI A BARBARA DURSOMEME SUL SOSTEGNO DI NICOLA ZINGARETTI A BARBARA DURSOmarco minniti saluta renato schifani

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…