NON TUTTI I DUDU’ VENGONO PER NUOCERE – I 90 ANNI DI LA CAPRIA, IN ARTE DUDÙ: ‘TRA ME E JEP GAMBARDELLA NON ESISTONO AFFINITÀ ELETTIVE’ – ‘È DA UNA VITA CHE MI GIUSTIFICO DI ESSERE NAPOLETANO. MA QUALCUNO RINFACCIA AD ARBASINO LA SUA PROVENIENZA LOMBARDA? – ‘NON HO PAURA DELLA MORTE MA DELL’ETERNITÀ’

Fabrizio Corallo e Malcom Pagani per ‘Il Fatto Quotidiano'

Superati i novant'anni e l'implicito funerale che ogni celebrazione collettiva maschera con un applauso, Raffaele La Capria aggira le trappole del quotidiano come ha sempre fatto. Placa le ansie letterarie della portiera del palazzo in cui abita da mezzo secolo rimandando a un indefinito domani dubbi, domande e soluzioni: "Dottore, mi hanno portato questo libro scritto a mano, di cosa si tratta?", "Poi lo vediamo con calma, signora". Agita un tesserino verde, ma nell'urgenza non dimentica i doveri dell'ospite: "Devo andare a prelevare denaro al Bancomat di Piazza Venezia, mentre aspettate posso offrirvi ristoro al bar?".

Osserva PiazzaGrazioli, gli studenti che fumano all'esterno della biblioteca che confina con il palazzo in cui abita, carabinieri che assopiscono di fronte al sacrario romano di Silvio Berlusconi con la consapevolezza che non tutti i Dudù vengono per nuocere: "A Napoli chiunque ha un soprannome e io non faccio eccezione. Con la sua fantasia, mia madre passò da Raffaele a Dudù, una personcina francese che lei adorava, per puro vezzo. E siccome mia madre, invece di assolvere al ruolo, considerava i suoi bambini giocattoli, io per lei ero specie di balocco e Dudù il nome che aveva scelto in sorte per dilettarcisi".

Raffaele La Capria è un uomo minuto che ha inseguito la vetta della parola senza mai precipitare nel crepaccio di chi inciampa prendendosi sul serio. L'ironia è uno stato dell'essere e sofferenza, ricerca, disperazione o dolore - dice - se sventolati trasmutano immediatamente in parodia wertheriana: "Lo chiamo lo stile dell'anatra. Quando la osservi a pelo d'acqua, nel suo armonico nuotare, dell'incessante lavorìo sottotraccia che le permette di stare a galla non intuisci nulla. Il dovere dello scrittore è lo stesso. Giungere alla semplicità senza mostrare nulla della fatica necessaria per sfiorarla. La zampetta non si deve vedere".

Il resto del segreto, fa capire La Capria mentre il sole filtra dalle finestre accarezzando due pingui gatti indisposti a spostarsi e pronti a graffiare al primo avviso di pericolo, è nella pagina. L'unica deputata a parlare, in più di venti libri ora nuovamente raccolti e in imminente uscita primaverile, in un Meridiano.

Il secondo dedicato a La Capria, curato come il precedente da Silvio Perrella. Evento raro e ripetizione anomala di un omaggio già concesso in occasione dei suoi ottant'anni. All'epoca La Capria aveva tirato fuori dal cilindro la formula esatta e la giusta distanza per commentare: "Mi vogliono ammazzare".

Un decennio dopo, mentre una parete di coste blu e dorate Mondadori incombe sulla sinistra: "Li vede questi libri? Sono stati scritti da gente che non c'è più. Sono tutti morti. Quando mi hanno detto che avrebbero fatto un Meridiano anche per me ho pensato che senza saperlo, magari, fossi morto anch'io", La Capria rifiuta i bilanci perché ogni tempo ha la sua melodia.

Anche se gli amici sono andati via, la musica non è finita: "Dopo aver compiuto 80 anni ho messo in piedi un'attività frenetica. Più avanzavo nell'età, più volevo che qualcuno si ricordasse che ero esistito". Così ha animato cinque libri: "In cui si racconta un'esperienza letteraria, intellettuale, critica e avventurosa" e anteposto come sempre il cuore alla cerebralità: "In un'epoca in cui si preferiscono le ideologie ai sentimenti, ho sempre saputo da che parte stare".

Scelse subito?
Secondo me la letteratura è trasmettere con le parole un'emozione. A quindici anni, mentre camminavo nella villa comunale di Napoli, con mia grande sorpresa, mi si posò sulla spalle un canarino. Tornai a casa e nel provare a raccontarlo a mia madre, mi resi conto che i termini che avevo scelto non bastavano a descrivere il batticuore e il turbamento di quell'istante. Il rimuginìo di ogni scrittore. Come faccio a commuovere chi mi legge? Come comunico davvero ciò che sento?

È stata questione di mero esercizio?
Di ricerca, attesa, riflessione. Le parole sono importanti, tutto sta a come vengono trattate, usate, collocate nella mente di chi si affida a te per trovare una chiave o la salvezza. L'esteriorità fine a se stessa, l'ho sempre avversata e criticata. Quando nel mio romanzo Ferito a morte parlo della "bella giornata", non parlo di 'O sole mio. Dietro la cartolina c'è altro. Quando parlo di me stesso, parlo di me stesso parlando d'altro e parlo d'altro per parlare anche di me stesso.

Cosa c'è dietro la cartolina?
L'attesa di una felicità che Napoli promette e che poi non mantiene quasi mai perché nella vita dei napoletani accade esattamente quel che accade in tutte le esistenze. Aspettiamo una felicità che è sempre attraversata dalle ombre, dall'ambiguità che la bellezza trascina sempre con sé.

Napoli, il luogo in cui sono nato, è una città bifronte. Come Giano ha un volto limpido e un'altra faccia che turba. Da un lato, brillano la grande simpatia degli abitanti e l'accoglienza disinteressata. Dall'altro c'è chi ti vuole fregare, c'è la camorra, ci sono le nefandezze. Mali che ammorbano tutte le grandi città, ma che a Napoli, dove le differenze di genere sono molto nette, fanno più impressione. La faccia buona è molto buona e quella cattiva, molto cattiva.

Quando Napoli va in cronaca, il suo telefono inizia a squillare.
Qualunque scusa è buona. La terra dei fuochi, lo scippo, la mozzarella alterata. È tutta una vita che mi giustifico di essere napoletano. È vero che la distanza dall'oggetto, come accade ai pittori, mi permette di leggere senza emotività le dinamiche del luogo d'origine, ma mi chiedo come mai nessuno rinfacci ad Arbasino la sua provenienza lombarda.

Le casalinghe di Voghera difettano di strumenti per leggere il presente?
Credo sia solo questione di pigrizia. Simile all'inerzia che mi voleva per forza identificare con il Jep Gambardella di Sorrentino e Servillo. Ma a parte l'insuperabile gap dell'altezza, sono molte altre cose a distanziarci. Tra me e quel personaggio non esistono affinità elettive. Se l'avessi incontrato non l'avrei riconosciuto come mio simile. Con Jep avremmo fatto una chiacchierata e nulla più.

Nel suo libro appena uscito su Roma, il cappello bianco di Jep Gambardella, lo sfondo rosso e la parola bellezza però brillano in copertina.
Ho scritto un libro sugli anni '60 e sulla città in cui vivo da decenni intitolandolo "Roma" senza mai pensare a "La grande bellezza" Nel periodo in cui le bozze sono in mano all'editore accade l'imponderabile. Il film ottiene il successo che conosciamo e una bella mattina mi vedo consegnare il libro con un cappellino e la parola bellezza stampati a caratteri cubitali. Mi sono opposto con tutte le mie forze in nome della letteratura. Non volevo che il libro venisse considerato la ruota di scorta di un'altra opera. Ho detto: "Ma scusate, non basta Raffaele La Capria?" e in risposta ho visto facce tristi: "Fai come vuoi, ma così perdi un'occasione".

Alla fine ha vinto l'editore. Il libro in classifica vola.
Di fronte a certi obblighi mi sono sempre ritratto. Con il mio secondo libro, Ferito a morte, vinsi il Premio Strega ed ebbi una certa notorietà, ma rifiutai di sfruttarla. Mi dissi "aspetto" e persuaso che il percorso di uno scrittore non possa coincidere con la fortuna stagionale, mi fermai per dieci anni. Ma il tempo corre, non è più il 1961 e questa volta mi sono fatto convincere.

Gli editori hanno avuto ragione e alla fine mi sono arreso infilandomi nella scia del trionfo dei miei amici. Perché poi, Sorrentino e Servillo sono amici. Paolo ha un particolare genio, dà una chiara impronta alle sue creazioni, un film di Sorrentino lo riconosci subito. Non c'è bisogno di trama, di struttura, di un dialogo che spieghi. Ci sono le immagini. Il punto di vista. Le atmosfere. L'aria che tira in una città, la palude di una società immobile.

È vero che Sorrentino avrebbe voluto portare al cinema "Ferito a morte"?
Per ragioni di impalcatura letteraria e di sistema narrativo, era l'unico che avrebbe potuto farlo riuscendo a essere credibile. Non c'è una trama nel mio libro, così come non c'è una vera trama nel suo ultimo film. Ci incontrammo, osservammo una sceneggiatura deludente e rinunciammo con dispiacere assoluto perché entrambi eravamo convinti che nel copione i personaggi fossero troppo caratterizzati. Diventavano macchiette. La cosa interessante di Ferito a morte è che nell'incessante parlare e incontrarsi dei miei protagonisti si sente una ferita. Se a Ferito a morte togli il dolore, non rimane che un libretto.

Nel ciondolare di "Ferito a morte" e nei suoi salti temporali lei raccontava l'immaturità di una generazione che si era messa volontariamente fuori alla storia. Non accade lo stesso anche alle figure di Sorrentino?
Certamente, ma non si può non tener conto che Ferito a morte è stato scritto più di cinquanta anni fa e la distanza tra passato e presente a volte mostra incolmabili burroni. La mia Roma di quegli anni ad esempio non ha niente a che vedere con l'enclave depressa che descrive Sorrentino e che io osservo tutti i giorni. C'erano i divi hollywodiani, i registi famosi ai tavolini del bar, gli intellettuali.

Oggi cosa c'è? Ma siete andati a Via Veneto? Ai miei tempi scorreva un fiume scintillante di gente che conversava, oggi è più tranquilla di un cimitero. È molto strano come anche una strada possa decadere perché anche le strade, non so se siete d'accordo, hanno la loro storia.

Hanno stinto progressivamente anche gli epìgoni della Dolce Vita.
Anche se nel raccontarla c'è stata un po' di mitologia, tra passato e presente c'è un abisso. Flaiano se n'era accorto già alla fine degli anni '60 al bar Rosati. Si rivolse a un amico mentre guardava non senza commiserazione un gruppo di persone intente a darsi un tono: "Li vedi quelli? Credono di essere noi".

Le mancano i suoi amici?
Con certe persone, Peppino Patroni Griffi, Francesco Rosi, Giorgio Napolitano o Antonio Ghirelli, l'amicizia è durata o dura da settant'anni. È un tempo infinito. Raro. Dilatato. Alcuni mi mancano, di altri ho ricordi nitidissimi che mi aiutano nell'assenza .

La chiamavano Dudù anche loro.
A me Dudù piace. Se gli altri nicchiano, io lo impongo. Ho ancora questa autorità. Poi bisogna saper distinguere. Certe volte gli amici ti chiamano Dudù per affetto, altre volte, ma più raramente, per sfottere. I lazzi raggiunsero l'acme all'epoca dello Strega. Flaiano diceva "Dudù non sei più dù" e Gadda raccontava a tutti che era stato in un albergo dalle pareti molto sottili e mentre dormiva era stato svegliato da due amanti scatenati. Facevano l'amore e lei incitava in inglese "do, do, do". Dù-dù-dù.

Gadda era davvero pieno di contraddizioni?
Era come un potente elefante in grado di imbizzirsi per una pulce e di farsi magari passare un treno addosso. Era un sornione tremendo, capace di classificarti con uno sguardo e acerrimo nemico di tutto quanto gli appariva troppo moderno. Persino l'automobile non lo convinceva poi tanto. Era all'antica e custodiva sacralmente il rispetto di certi comportamenti da cittadino modello. Negli anni che passammo insieme come impiegati in Rai - lui era già il celebrato autore del Pasticciaccio - erano sufficienti pochi minuti di ritardo nel timbrare il cartellino per provocargli panico e tremori. Goffredo Parise che amava gli scherzi e conosceva le sue debolezze, lo tormentava.

Racconti.
Gadda era molto sospettoso, ai limiti della paranoia e Parise che sapeva a memoria il tragitto che faceva per andare a casa, iniziò a disegnare con il gesso frecce bianche in perfetta coincidenza con il percorso dell'ingegnere. Gadda osservò le frecce sul marciapiede e preoccupatissimo andò da Parise: "Ci sarà mica qualcuno che mi segue? Secondo te devo avvertire la Polizia?".

Lei ha scritto molto per il cinema.
Incontrando persone meravigliose. Lina Wertmuller, pur recitando il ruolo da invasata su qualunque suo set, è un gran donna di straordinario talento. L'unica a ridicolizzare con equilibrio in Pasqualino Settebellezze la tragedia nazista. Luigi Comencini, un uomo buono, un poeta. Francesco Rosi, con cui condividendo la stessa educazione e le stesse letture inventammo da zero Le mani sulla città perché avevamo voglia di dare la nostra lettura sulla spaventosa speculazione edilizia della Napoli di inizio anni '60. La sceneggiatura è un affare complicato, molto diverso dalla letteratura. Devi trovare la tua armonia con gli altri, limare l'egoismo, accettare qualche compromesso.

Pasolini non la amava. Cosa le rimproverava esattamente?
Poverino, non aveva nessuna colpa. Era borghese, non voleva esserlo e vedeva in me, nelle mie giacchette e nei miei spacchetti, un borghese ben riuscito. Non gli piacevo e nutriva un'indomabile diffidenza nei miei confronti nonostante i suoi amici, da Moravia in giù, erano borghesi a tutti gli effetti.

Per lei e Ilaria Occhini, insieme da decenni, l'amore ha significato monogamìa.
Incontrai Ilaria quando da regina degli sceneggiati televisivi e del teatro, era la diva italiana più amata, bella e desiderata. Ho avuto l'avventura di essere accolto da questa piccola divinità, mi sono sforzato di non crederci per non dovermi svegliare e ho camminato con lei fino ai novantun'anni. Mi ricordo che quando eravamo sulla Spider fianco a fianco la mia domanda era sempre la stessa: "Ma perché questa ha scelto proprio me?". L'amore è una questione complessa. Ha i suoi lati belli, il suo umorismo, le sue tragedie, le sue gelosie.

Non esiste senza sofferenza?
Niente esiste senza sofferenza.

Con Ilaria andavate a Capri.
Poi un giorno, le scale necessarie a raggiungere il nostro paradiso sono diventate troppe. Così ora quando ci passo e osservo la casa che abbiamo lasciato, osservo un mondo lontano e mi rianimo con la memoria di quella meraviglia.

Ha mai paura?
È un sentimento ancestrale, fa parte di tutti noi, non diversamente dalla fatica di vivere.

Lei paura non l'ha avuta.
L'ho avuta anch'io, ma per timore, non ci ho mai riflettuto troppo. Quando mi hanno operato aprendomi a metà e mi hanno messo tre by-pass ho attraversato il calvario con una naturalezza sconvolgente.

Ho avuto rapporti bellissimi con infermiere e medici, un mondo di gente umile che lavora al ritmo di Stakanov pulendo la merda senza immalinconirsi mai. Guardandomi indietro, in un mio libro ne ho parlato direttamente con il cuore. Eravamo stupiti. Insieme abbiamo ritmato più di un miliardo di battiti. Siamo durati più di novant'anni. Qualsiasi manufatto umano, dopo sessant'anni è un catorcio da buttare. C'è da essere contenti. Sta ancora battendo, il cuore mio.

E alla morte pensa mai?
Come no? Siamo diventati amici e ci penso senza nessun orrore. Devo dire proprio quello che penso?

Certo.
È una liberazione dal dolore della vita. Io non ho paura della fine di tutto. Ho paura dell'eternità. Guai se ci fosse un'altra vita. Somiglierebbe al fine pena mai, una cosa da spararsi. Muori, saluti e finalmente è finita. Io questa la chiamo perfezione.

 

9fr57 alberto arbasino raffaele lacapria c fendidb31 raffaele lacapriaqu26 enzo mimma golino raffaele lacapriaqu23 raffaele lacapriaPASOLINI Ilaria Occhini e figlia Alexandra La Capria Giuseppe Patroni Griffi GADDALa grande bellezza Toni Servillo SERVILLO NE "LA GRANDE BELLEZZA"ENNIO FLAIANO

Ultimi Dagoreport

2025mellone

CAFONAL! - DIMENTICATE I GRANDI MATTATORI, ANGELO MELLONE È CAPACE DI SPETALARE FIORELLO IN 15 SECONDI - ATTORE, CANTANTE, SCRITTORE, POETA, SHOWMAN MA SOPRATTUTTO GRAN CAPO DELL'INTRATTENIMENTO DAYTIME DELLA RAI, IL BEL TENEBROSO DI TELE-MELONI, IN ATTESA DI VOLARE A SAN VITO LO CAPO (TRAPANI), PRESIDENTE DI GIURIA DELL'IRRINUNCIABILE CAMPIONATO DEL MONDO DI COUS COUS, ANZICHÉ SBATTERSI COME UN MOULINEX PER METTER SU TRASMISSIONI DECENTI PER RICONQUISTARE LA SUPREMAZIA DELLA RAI SU MEDIASET, LO RITROVIAMO COL SUO OUTFIT DA CHANSONNIER MAUDIT, ESIBIRE IL SUO STRAZIANTE RECITAR CANTANDO AL “JAZZ&IMAGE LIVE COLOSSEO FESTIVAL 2025” AL PARCO DEL CELIO, ACCOLTO DA UN FOLTO PARTERRE DI INVITATI CON L’APPLAUSO INCORPORATO (MATANO, CERNO, DESARIO, RONCONE, STRABIOLI, GINO CASTALDO, DARIO SALVATORI E TANTE RAI-GIRLS CAPITANATE DALLE PANTERONE-MILF, ANNA FALCHI ED ELEONORA DANIELE) - DEL RESTO, DITEMI VOI COME SI FA A FREGARSENE DELL’INVITO DEL DIRIGENTE RESPONSABILE DI UNA PLETORA DI PROGRAMMI, RISPONDENDO AL TARANTOLATO TARANTINO: “GRAZIE, MA NEMMENO SOTTO ANESTESIA”? - VIDEO

gaza giorgia meloni donald trumpm benjamin netanyahu

QUANTO A LUNGO PUÒ ANDARE AVANTI IL TRASFORMISMO CHIAGNE E FOTTI DI GIORGIA MELONI DECLINATO IN SALSA ISRAELO-PALESTINESE? - L’ITALIA HA DATO IL SUO VOTO FAVOREVOLE AL RICONOSCIMENTO DI "DUE POPOLI, DUE STATI" ALL'ASSEMBLEA DELL'ONU DEL 22 SETTEMBRE - MA, FRA UNA SETTIMANA, SU INIZIATIVA DI FRANCIA E ARABIA SAUDITA, IL CONSIGLIO DELL'ONU E' CHIAMATO A VOTARE IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE: CHE FARA' LA "GIORGIA DEI DUE MONDI"? - FRANCIA, AUSTRALIA, BELGIO, CANADA, FINLANDIA, MALTA, PORTOGALLO E REGNO UNITO ENTRERANNO A FAR PARTE DEI 147 STATI DEI 193 MEMBRI DELL’ONU CHE RICONOSCONO LA PALESTINA - DIMENTICANDO PER UN MOMENTO LE STRAGI DI GAZA, LA PREMIER VOTERA' CONTRO O SI ASTERRA' PER COMPIACERE TRUMP E L’AMICO NETANYAHU? TROVERA' IL CORAGGIO DI UNIRSI AL RESTO DEL MONDO, VATICANO COMPRESO? AH, SAPERLO...

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO